22. Libellula azzurra

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“Nel profondo dell’inverno, ho finalmente capito che dentro di me c’era un’estate invincibile"
- Albert Camus

LEVI

[due mesi dopo]

Negli ultimi tempi le cose andavano bene. I miei incubi si facevano più rari, non avevo smesso di averli, forse non sarebbe mai successo, ma erano meno violenti ed Eren riusciva a calmarmi più facilmente. Disegnavo spesso e i soggetti erano sempre più felici e meno angosciati. Eren, invece, aveva iniziato a scrivere, sapevo che era sempre stato bravo con le parole, perciò non mi meravigliai quando lessi una delle sue brevi storie, trovandola molto piacevole. Lui era terribilmente imbarazzato da ciò, ma lo convinsi a continuare, era davvero bravo.

Avevo ripreso peso, non ero in forma come anni fa, allora mi allenavo regolarmente, ma adesso avevo smesso, non sentivo più la necessità, visto che mio padre non era più un problema, perciò non dovevo essere forte per affrontarlo. Però, Eren mi aveva spiegato che allenarmi non sarebbe servito solo a diventare più forte, ma anche per migliorare il mio benessere fisico e psicologico. Magari, adesso, avrei potuto fare compagnia ad Eren e allenarmi con lui? Non sembrava un’idea così pessima, in fondo, anche lui me lo aveva suggerito… avrei dovuto pensarci su.

Un brivido di freddo mi riscosse dai miei pensieri e mi fece ricordare che ero in bagno e dovevo vestirmi. Osservai il mio corpo allo specchio. Le cicatrici erano visibili sul petto, la schiena, l’addome e una spalla. Sospirai, ripetendo nella mia testa ciò che avevo detto ad Eren. Quelle ferite non erano la prova che il mio corpo non mi apparteneva, ma che ero sopravvissuto a tutto quello che mi era successo e, anche adesso, combattevo ogni giorno per riprendermi la mia vita.

“Questo sei tu.

“Sei ferito, ma sei la persona più forte che io conosca. Non devi provare vergogna o paura nel mostrare chi sei, perché sei fantastico”.

Fantastico”, ancora stentavo a crederci, ma iniziavo ad essere a mio agio con chi ero. Gli amici di Eren… i miei amici avevano visto i miei disegni e ne erano rimasti molto colpiti. Averli mostrati anche a loro mi aveva aiutato ad aprirmi di più. I primi tempi avevo fatto fatica ad abituarmi a parlare con loro, visto che, anche anni fa, non ci conoscevamo così bene, ma Eren e Isabel mi avevano aiutato ad aprirmi di più e adesso ero sempre partecipe nelle loro conversazioni, mi trattavano come uno di loro, proprio come desideravo. Lo avevo già notato tempo fa e adesso ne ero sempre più convinto. Io ero una persona normale, le mie cicatrici non mi rendevano diverso, in alcun modo. Non dovevo vergognarmi, non dovevo chiudermi in me stesso per paura che qualcuno potesse non apprezzare ciò che ero, non dovevo stare in silenzio per fare piacere a qualcuno.

Osservai la pila di vestiti che avevo appoggiato vicino al lavandino. Presi la maglia, indossandola, ma lasciai la felpa lì. Per tanto tempo avevo provato un freddo terribile, che mi era entrato completamente nelle ossa, e questo mi aveva aiutato a non sentire caldo, nonostante tutti gli indumenti che portavo per sentirmi al sicuro: non mi ero mai sentito abbastanza a mio agio da scoprirmi anche di un solo centimetro. Adesso indossavo comunque una maglia con maniche lunghe e collo alto, che copriva tutto quello che copriva anche quella felpa ed era larga abbastanza da non mettere in risalto le mie forme, ma prima avevo sempre sentito il bisogno di indossare qualcos’altro. Ma non ce n’era necessità. Eren non mi trovava disgustoso, Eren non credeva che il mio corpo fosse brutto, non ero completamente pronto a mostrargli le mie cicatrici, ma sapevo di non aver bisogno di coprirmi per questo motivo, con lui. E anche con chiunque altro. Nessuno mi aveva più guardato come mi guardavano loro, nessuno si interessava a me solo per darmi ordini o punirmi. Le persone non mi guardavano provando pietà per le mie cicatrici o perché mi volevano come quel verme troppo cresciuto. Il mio corpo non aveva niente che non andava, perciò non avevo alcun motivo di nasconderlo. Uscii dal bagno e scaraventai la felpa sulla sedia, mentre Eren mi guardava, sorpreso.

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