11. Cioccolato gelato e turchese smarties

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“Lo senti quel pungente profumo di freddo nell'aria, il grigio negli occhi e quei lunghi tramonti? È l'inverno che arriva.”   - Stephen Littleword

ERWIN

Finalmente avevamo qualcosa in mano. Da quando avevo coinvolto Mike avevano ottenuto delle prove sui nostri sospetti: foto e video di persone che salivano su dei furgoni guidati da poliziotti del nostro dipartimento e che, qualche giorno dopo, comparivano in denunce di scomparsa, ma i casi venivano chiusi regolarmente ed etichettati come “sparizioni volontarie”. La cosa iniziava ad essere più che sospetta e il fatto che nessuno l’avesse notato lo era ancora di più. Forse tutta questa storia andava oltre la nostra città e si espandeva a tutto lo stato? Comunque, avevo inviato il tutto ad un mio contatto nell’FBI, Nile Dok, a capo di una delle squadre che si occupavano delle indagini sulla corruzione di polizia ed enti governativi. Lui ne aveva parlato con il suo capo sezione e lui aveva deciso di far intervenire degli agenti. Avrebbero indagato sotto copertura sulle azioni dei nostri colleghi per scoprire cosa c’era dietro a queste sparizioni.

Ero riuscito a coinvolgere l’FBI. C’era voluto tempo, ma ce l’avevo fatta. Con il loro intervento le cose sarebbero andate più velocemente. Se fossimo davvero riusciti a togliere di mezzo tutti questi poliziotti corrotti, saremmo riusciti a condurre delle indagini oneste e a consegnare alla giustizia tutti coloro che, fino ad adesso, l’avevano scampata grazie all’aiuto dei miei superiori, compreso il padre di Levi.

Nel frattempo, infatti, avevo fatto delle ricerche anche su questo, in base a quello che Levi mi aveva detto su tutte le denunce che avevano ignorato. Avevo letto i file riguardanti la lite con la madre e avevo scoperto che, al posto del padre, era stato incolpato il fratello di Kuchel, Kenny. La sua fedina penale non era pulita, si era immischiato in varie situazioni illegali e, da quello che vidi, sembrava che l’avesse fatto per ottenere i soldi sufficienti alla sopravvivenza sua e della sorella, poiché i loro genitori si erano indebitati durante l’adolescenza dei figli ed erano morti entrambi dopo che loro erano diventati maggiorenni. Non era mai stato arrestato, perché la polizia non era mai riuscita a prenderlo quando faceva piccole rapine e, inoltre, non erano interessati a smantellare il giro di spaccio in cui era stato coinvolto successivamente, magari era guidato da uno dei tanti soggetti che proteggevano. Poi, quando Kuchel si era sposata col padre di Levi, sembrava che Kenny si fosse trasferito in un'altra città e che i contatti tra i due fratelli si fossero ridotti fino ad interrompersi e che lui fosse riapparso qui solo il giorno della lite.

Quando parlai a Levi di suo zio, lui mi disse di conoscere il suo nome, ma che non sapeva della loro parentela, perché ricordò che, la mattina dopo il ricovero della madre, un uomo, che suo padre aveva chiamato Kenny, era venuto in casa loro e aveva pestato a sangue suo padre. Levi mi disse che era chiuso in camera sua e che si affacciò dalla porta solo per qualche secondo, per vedere suo padre con la faccia coperta di sangue e dei poliziotti che portavano via un altro uomo. All’epoca Levi era ancora troppo piccolo per capire cosa fosse successo e suo padre gli vietò di avere contatti con quell’uomo. Mi disse che una volta aveva tentato di andare a trovare Kenny in carcere, giusto per sapere qualcosa su di lui e sul perché fosse venuto a casa loro quel giorno, ma suo padre si era incazzato più del solito, ripetendogli che non doveva incontrarlo. Poiché il carcere era troppo lontano da casa sua per far passare quella visita come un ritardo dell’autobus o una lezione in più a scuola, Levi lasciò perdere.

Kenny, dunque, era stato arrestato e incolpato del tentato omicidio della sorella, con prove false create dalla polizia e senza nemmeno interrogare l’unico testimone, ovvero Levi. Ma come era possibile che nessuno si fosse reso conto di cosa faceva la polizia di questa città? Comunque, sommando agli anni della condanna per tentato omicidio quelli derivati dai piccoli crimini per i quali non era mai stato arrestato, era stato condannato a vent’anni. Sembrava che adesso, in carcere, Kenny fosse più che un piccolo criminale arrestato per qualcosa che non aveva fatto. Si era guadagnato il soprannome di ‘Kenny lo squartatore’ ed era rispettato e temuto da tutti.

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