“Se l’inverno dicesse: ‘Ho nel cuore la primavera’, chi gli crederebbe?”
- Khalil GibranLEVI
Il ben noto odore dell’ospedale mi colpì le narici appena varcai le porte scorrevoli. Salutai l’infermiere alla reception e mi diressi verso l’ormai troppo nota destinazione. Attraversai la soglia della sua camera e mi ascoltai il familiare silenzio della stanza, interrotto periodicamente da un singolo beep.
Mi sedetti sulla sedia accanto al letto, facendo una piccola smorfia di dolore per la fitta che l’azione mi procurò. Forse avevo una costola incrinata… probabilmente rotta, ci era andato pesante ieri sera.
“Ciao, mamma”
Beep.
Aprii la mia borsa: “Guarda. Questo l’ho fatto ieri sera”, dissi, estraendo il disegno dei denti di leone della sera prima. “Sì, ho usato i colori… di nuovo…”, ammisi. “Mi piacerebbe raccontarti il perché”.
Beep.
“Sai… ho incontrato una persona”, alzai lo sguardo sul suo volto pallido, sorridendo al pensiero di Eren. “Lui è… è magnifico, mamma. È sempre così gentile… e divertente. Ed è un maledetto disastro in matematica” ridacchiai al pensiero di come si disperava ogni volta che non capiva qualcosa anche dopo che glielo avevo ripetuto più volte. Ma non mi importava, gli avrei detto e ridetto le stesse cose anche cento volte se avesse voluto dire vedere ancora quell’adorabile broncio. “Questo disegno gli è piaciuto, è sempre allegro e… mi fa stare bene. Mi rende felice, come nessun altro prima d’ora”.
Beep.
“I suoi capelli sono perennemente spettinati, ma sono così belli e penso sempre a quale consistenza avrebbero se li toccassi. Forse… forse potrei farlo, sai. L’idea non mi è così estranea, adesso. Oh, e i suoi occhi… mamma, dovresti vederli: è il colore più bello che io abbia mai visto… sembra quello dell’acqua limpida dell’oceano, verde e azzurro contemporaneamente…” sospirai, appoggiando una mano sulla sua. “Non pensavo che qualcuno potesse cambiare così la mia vita, ma Eren ci riesce. Mi spaventa, ma so anche che le sensazioni che provo quando sono con lui non le ho mai provate per nessun altro… e che non userebbe mai questo per farmi del male. All’inizio pensavo che non ne valesse la pena, ma mi sbagliavo. Lui mi fa vedere la vita in modo diverso” osservai i fiori gialli sul foglio che avevo nelle mie mani, “non può impedirgli di farmi del male, ma può aiutarmi, in modi in cui i miei amici non sono mai riusciti”. Osservai le bende ai polsi… forse… con lui avrei potuto riuscirci?
“Mi ha baciato. Ed è stato bellissimo… vorrei poterlo fare ancora, ma lui non ne ha più parlato… Io ho… avuto un attacco di panico in quell’occasione. Non perché mi aveva baciato, ma perché la sua mano ha sfiorato il mio collo… e per un momento ho temuto che– “. Non riuscii a continuare, il pensiero di quel momento e del ricordo che ancora mi dava gli incubi la notte ancora mi paralizzava. Era stato l’unico momento in cui avevo avuto davvero paura di lui. Ero completamente inerme e quell’impotenza mi terrorizzava. Ricacciai indietro quel ricordo, deciso a godermi la visita.
“Mi ha detto che sono sexy… riesci a crederci, mamma? Sexy, cavolo.” Sorrisi, ricordando quella sera.
Rimasi lì per ore, raccontandole di Eren, dell’università e dei miei amici. Prima di andarmene le lasciai il mio disegno: i denti di leone erano i suoi fiori preferiti, li raccoglievo sempre se li trovavo nei prati fra casa e l’ospedale, ma non avendone trovati oggi, sperai che la mia riproduzione su carta fosse abbastanza.
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EREN
Ieri sera Levi mi era sembrato strano: mi aveva chiamato e mi aveva chiesto di parlare con lui. Sembrava stare male per qualche motivo, ma, ovviamente, non mi aveva detto niente. Volevo cercare di capirlo, di farlo aprire con me, ma lui non voleva e questo mi faceva sentire… un po’ inutile, a dirla tutta. Capivo che Levi era una persona introversa e chiusa, molto chiusa, ma speravo che col tempo mi avrebbe detto qualcosa, qualsiasi cosa, per aiutarmi a comprenderlo.
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Winter White
Fanfiction"Si dice che in un paese lontano il freddo sia così intenso che le parole si congelano non appena vengono pronunciate, e dopo qualche tempo si sgelano e diventano udibili, come se le parole pronunciate in inverno rimanessero inascoltate fino all'est...