"L'inverno non dura per sempre, e la primavera non manca mai all'appello" -Hal Borland
EREN
Nelle settimane successive, Levi continuò a disegnare, lo faceva spesso, quasi ogni giorno. A volte i disegni che faceva somigliavano al primo, raffigurando quanto io fossi importante per aiutarlo a ricordare ciò che era prima di quell'uomo, altre, invece, erano molto più cupi e angosciati, completamente in bianco e nero, con tocchi di rosso. Spesso riconoscevo cosa stesse disegnando solo guardandolo, in base alla sua espressione, o al modo in cui muoveva le matite sulla carta. Iniziava a stare meglio, ma la sua salute mentale era ancora precaria, cambiava spesso da un giorno all'altro. C'erano giorni in cui stava bene, parlava, vedevo nei suoi fogli dei tocchi di turchese e quando disegnava lo vedevo più disteso e sereno. Mentre altri giorni capivo immediatamente che c'era qualcosa che non andava, perché era silenzioso, schivo, mentre disegnava sembrava tormentato da qualcosa che io non potevo né vedere, né comprendere appieno. In quei giorni cercavo di aiutarlo, di parlare con lui, ma spesso era inutile, perché si chiudeva in se stesso per ore, senza che io potessi fare niente.
E oggi era uno di quei giorni. Si era svegliato gridando e tremando stanotte e non ero riuscito a convincerlo a tornare a dormire. Non aveva voluto che rimanessi con lui, si era semplicemente raggomitolato nel letto e sapevo che non aveva richiuso occhio. Poi era stato silenzioso tutta la mattina e non avrei voluto lasciarlo da solo per le lezioni, ma alla fine avevo dovuto. A pranzo non aveva mangiato quasi niente, nonostante avessi insistito più del solito. Anche gli altri si erano preoccupati, Isabel aveva cercato di attirare la sua attenzione, ma era stato inutile.
Finite le lezioni del pomeriggio, aveva già iniziato a fare buio, quando tornai nell'appartamento. Armin e Jean chiesero, preoccupati, se stesse male, ma io potei solo rispondergli che era una delle sue brutte giornate... e anche una delle peggiori, a dire la verità. Levi era tornato a casa prima di me, così mi recai in camera, trovandolo raggomitolato sul letto, avvolto in troppi vestiti, vista la stagione, mentre teneva le mani davanti agli occhi, con la testa abbassata il più possibile. Mi avvicinai al suo letto, sedendomi e osservando la sua schiena sobbalzare lievemente a causa del mio movimento.
"Levi?", lo chiamai, ma non rispose, come al solito in queste situazioni. "Che succede? È per via dell'incubo di stanotte, vero? Che cosa hai visto?", cercai di incalzarlo, perché parlasse con me. Allungai una mano sulla sua testa, per carezzargli i capelli, ma lui non si mosse, non un sospiro, o uno scatto, niente. "È tutto ok, amore, parla con me, non ti farò niente". Continuava a starsene in silenzio e fermo, completamente zitto e immobile. "Va tutto bene, tesoro, sono Eren, non ti farò niente, sono io", continuai, cercando di carezzare la sua guancia, ma riuscii a toccarne solo un lato, visto che le sue mani e braccia erano davanti al suo viso. Lo sentii gemere piano, prima che il suo corpo fosse scosso da un tremito. Lo vidi immediatamente raggomitolarsi di più, mugolando qualcosa che sembravano delle scuse. Poi un altro tremito, stavolta accompagnato da quello che identificai come un singhiozzo e un altro gemito, con altre scuse. Mi aveva raccontato, con molta difficolta, che lui voleva che stesse sempre immobile e in silenzio, perciò immaginavo potesse trattarsi di questo.
"No, amore, va tutto bene. Puoi piangere, puoi parlarmi, puoi muoverti, puoi fare tutto quello che vuoi. Non sei più con lui, nessuno ti farà del male", dissi, cercando ancora la sua guancia e stavolta riuscendo a carezzarla visto che la sua mano si era spostata leggermente. A quel gesto, lo vidi aprire leggermente gli occhi, dai quali iniziarono subito a scendere delle lacrime, che lui si affrettò ad asciugare, come se si trattasse di un errore.
"Levi, sono Eren. Sei al sicuro, puoi piangere, adesso, tranquillo", ripetei, continuando a carezzare la sua guancia, come sempre. Stavolta lo vidi voltarsi verso di me, tentando ancora di trattenere le lacrime e fallendo, perché molte gocce scivolarono sulle sue guance. Mi avvicinai, poggiando delicatamente le mani sulle sue braccia, per guidarlo verso di me.

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Winter White
Fanfiction"Si dice che in un paese lontano il freddo sia così intenso che le parole si congelano non appena vengono pronunciate, e dopo qualche tempo si sgelano e diventano udibili, come se le parole pronunciate in inverno rimanessero inascoltate fino all'est...