Conobbi Lauro ad una festa. Io e la mia migliore amica avevamo appena iniziato l'università: lei in chimica, io in lettere antiche. Aveva conosciuto Edoardo durante una manifestazione ai tempi del liceo e da allora non si erano più separati. Aveva 10 anni in più di noi, ma sembrava che l'età per loro davvero non significasse niente. Era un produttore molto famoso e più passavano gli anni, più acquistava fama. Spesso, non si vedevano per mesi, ma resistevano forti. Era un bravo ragazzo, semplice e simpatico, tant'è che io e lui eravamo diventati molto amici.
Alla festa, come era solita fare Lucia, venivo scaricata per Edoardo. Bevevano e fumavano tutta la sera, oltre che ballare e lanciare nuove sfide alle quali tutti, ubriachi e compiaciuti, partecipavano. Io stavo seduta sul divano, guardavo le vite degli altri mentre sentivo la mia che passava lenta, che mi scivolava fin sotto ai piedi, fin sotto terra: pensavo ai volti spensierati delle persone, mi chiedevo come facessero ad essere così sereni, a vivere la loro vita tranquillamente. Durante una di queste feste, tre anni prima, avevo conosciuto Giacomo: eravamo stati sei mesi insieme, poi mi aveva spezzato il cuore per un'altra: non credo di essermi più ripresa. Da allora, ho messo il cuore dentro ad una cassaforte, mi son chiusa, mi son gelata e non ho più permesso a nessuno di entrare nella mia vita, farmi affezionare e poi buttarmi così, come una bambola di pezza. Sospiro, ripensando a tutte le storie vuote dopo di lui: l'amore è una trappola, un gioco a cui non ho mai imparato a giocare. E mentre vedo proprio lui con la sua nuova ragazza, un ragazzo si siede accanto a me. È alto, ha i capelli neri in un ciuffo tutto rivolto da un lato, è magrissimo e ha le mani, così come parte del viso, coperte di tatuaggi. In una delle mani, tiene un bicchiere, nell'altra una sigaretta ormai finita. Distolgo lo sguardo da lui e afferro il telefono dalla tasca: le due meno dieci. Strabuzzo gli occhi sbalordita: domani mi devo alzare alle 8 per studiare. Sbuffo, cercando con lo sguardo i capelli della mia amica, ma non la vedo da nessuna parte. Tento di chiamarla, ma nulla. Ormai sconsolata, ma anche di fretta e preoccupata per le mie ore di sonno, decido di prendere la macchina, della quale mi ha lasciato le chiavi per guidare, e avvisarla. <Problemi?> mi dice il ragazzo. Lo guardo dubbiosa, poi rispondo con un "no" secco e veloce. Digito un messaggio a Lucia, poi esco dalla casa diretta al parcheggio. Il ragazzo mi segue. <Hai bisogno di un passaggio?> continua a chiedere. <No grazie, ho la macchina!> dico, correndo. Appena salgo, metto la chiave nel quadro, girandola e mettendo in moto. La spia della benzina inizia a lampeggiare di rosso, mentre io impreco facendo manovra per uscire dal parcheggio. Ma appena riesco ad uscire, la macchina si spegne, facendo lampeggiare ancora e ancora la spia rossa della benzina. Il ragazzo di prima sale sulla macchina: <Ti riaccompagno io> dice perentorio. Deglutisco. <Hai bevuto?> domando. <Se vuoi guida tu> risponde, facendo spallucce e mettendomi in mano le sue chiavi della macchina. Scendiamo da quella di Lucia, avviandoci verso la sua, non poco distante. Metto in moto, esco dal parcheggio e faccio la strada per tornare a casa. Arriviamo in meno di 5 minuti, dato che sto correndo come una pazza e a quest'ora non c'è nessuno in giro. Parcheggio sotto il mio palazzo, scendendo dalla macchina e ringraziando il mio accompagnatore, anche lui ormai fuori dall'auto per sistemarsi al posto del guidatore. Quando sto per chiudere il portone, sento la sua voce: <Mi chiamo Lauro, comunque>.
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Ti rinnamorerai a marzo./ Achille Lauro.
FanfictionChe ne sai, non ti hanno mai detto di no.