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La voce di Carl Brave rimbomba nei miei auricolari, mentre oltrepasso la soglia affollata della facoltà di lettere classiche: oggi dovrei essere sola, dato che devo seguire la lezione di greco. Appena vedo che la professoressa prende posto, iniziando a maneggiare il computer, interrompo "nuvole", a mio malgrado, ed inizio a prendere appunti, pensando ripetutamente a quanto mi faccia paura questo esame, che sembrava uno tra i più semplici. La ragazza accanto a me deve aver notato il mio sguardo terrorizzato perché mi si avvicina durante la pausa e sussurra: <Non sei l'unica a sentirti così. Piacere comunque, Giada> si presenta, porgendo mi la mano. Sorrido timidamente, porgendole la mia: <Clorinda>. Giada fa una faccia sorpresa: <È un nome fighissimo! Chi lo ha scelto?> chiede. Arrossisce per poi correggersi: <Non voglio sembrare indiscreta, scusa, ma uno dei miei personaggi preferiti della letteratura...>inizia, mentre io concludo la frase al suo posto. <Si chiama Clorinda, lo so. In realtà missà mia nonna perché anche lei ha studiato lettere classiche, ma non vorrei sbagliarmi, ed anche lei amava questo nome, la sua storia e il suo carattere> rispondo senza problemi. La professoressa riprende a spiegare quindi ci zittiamo.
Appena usciamo, mi chiede subito il numero: <Sai così magari studiamo insieme qualche volta, magari sarà più leggero> spera, mentre digita con dita veloci i numeri che so a memoria. Dall'altra parte della strada, Lauro vestito di nero e con il cappuccio calato in testa mi aspetta. Lo guardo dubbiosa, mentre lui sorride timido. <Ci sentiamo e vediamo! È stato un piacere> dice, sparendo tra la folla. Raggiungo il ragazzo dall'altra parte, salutandolo con due baci sulla guancia.
<Che ci fai qui?> chiedo sorpresa. <Oh emh Lucia ed Edoardo mi hanno incaricata di portarti da loro perché hanno una notizia da fare a tutti, hanno detto>. Ridacchio: <Sì vabbè mo' ci manca solo che aspettino un figlio> mormoro ironica. Il ragazzo si schiarisce la gola accanto a me, proseguendo la sua camminata a testa bassa e mani in tasca. Il portonicino di Edoardo ci mangia non appena suoniamo al citofono e dopo la palazzina, veniamo digeriti dal suo interno. Seduti intorno ad un tavolo, le loro famiglie, qualche altro nostro amico e poi ci aggiungiamo io e Lauro. Il ragazzo mi stringe la mano, stavolta facendo incrociare le nostre dita e stringendola forte. <Io...è da qualche settimana che mi sento strana> inizia a parlare la mia amica. So già cosa dirà perché per noi è sempre stato così: con uno sguardo tra noi, già si capiva tutto, già si era detto tutto. Mi alzo e la abbraccio, anche se mi verrebbe da tirarle i capelli perché ci siamo sempre ripromesse di averlo insieme, ma alla fine la vita raramente va come la programmi tu. Lei scoppia a piangere tra le mie braccia, mentre tutti i presenti ci guardano perplessi, segno che non hanno capito. Mi stacco, parafrasando il messaggio della coppia: <Lucia ed Edoardo stanno per diventare genitori>. I genitori di lei si incazzano, urlandole che ha sprecato tutta la sua vita, mentre la mia amica risponde che continuerà a studiare come sta facendo e che ciò che cambierà sarà che si trasferirà con Edoardo, i cui genitori sono invece felicissimi, dato che ha ormai 30 anni e una sua stabilità. I nostri amici gli danno abbracci e pacche sulla spalla, mentre io e Lucia usciamo per passeggiare.
<Da quanto lo sai?> le chiedo, mentre a braccetto, facciamo le vasche sul marciapiede davanti a casa sua. <Quasi un mese. Non sapevo come dirlo, ma allo stesso tempo tutto ciò mi logorava, soprattutto per te: ci siamo sempre dette tutto> mormora. Le stringo il braccio più forte: <Ci son sempre e lo sai>.
Alle 21 risaliamo per la cena, poi Lauro decide di fermarsi lì per la notte. Dopo aver convinto anche me, mi decido ad avvisare i miei. <C'è un problema: uno dei due dorme sul divano> asserisce Edoardo. <A me va bene> rispondiamo in coro io e Lauro, scoppiando poi a ridere. <Davvero, stai tu nella camera, tanto domani alle 6 son già fuori per andare a casa a lavarmi per essere puntuale a lezione> insisto, mentre Lucia porta coperta e cuscino per il fortunato che passerà la notte lì. <Appunto perché hai lezione, dormi tu nella camera ed io qua> dice lui. Scuoto la testa, finché Edoardo decide che il primo che si addormenta sul divano, ha il diritto di dormire lì tutta la notte. Parte una gara del sonno, nella quale risulto vincitrice: dopo neanche mezz'ora, sono crollata nel dormiveglia. Qualcuno mi rimbocca le coperte, standomi un bacio sulla fronte, poi definitivamente sprofondo nel sonno.

Ti rinnamorerai a marzo./ Achille Lauro.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora