Lucia sta ininterrottamente parlato della festa della sera prima a casa di Edoardo, quando ad un tratto si interrompe e mi guarda: <E tu?> chiede, inquisitoria. Io continuo a camminare. <Nessuna novità> borbotto, percorrendo il solito viale del parco, oggi più affollato degli altri giorni poiché sabato. <Cara non me la racconti giusta. Come sono i colleghi quindi? È da un po' che esci con loro, ormai> continua. <Persone normali, simpatici. Ho legato con due o tre in particolare, ma normalmente ecco, non ci sono in mezzo sentimenti> rispondo, forse anche troppo sicura. Proprio in quel momento, il telefono vibra e si illumina e sul display compare il nome del mio collega:
Oggi gruppo studio da Giulia alle 16, sei dei nostri? Poi cena insieme.
Dice. Lucia inizia a darmi gomitate, mentre digito un veloce "okay", semplice e freddo. La mia amica sbuffa:<Sei proprio antipatica> borbotta, mentre usciamo dal parco. Le faccio il verso, mentre rinizia a parlare.
<Ah mi son dimenticata di dirti> urla, appena ci fermiamo ad un semaforo rosso. <Lauro sta chiedendo sempre di te, si chiede perché non esca più con noi, perché tu non venga alle feste> continua, ammiccando. <Tu che gli hai detto?> chiedo, guardando il semaforo che scatta e passa al verde. Attraversiamo. <Mah nulla, che provi a farti dei nuovi amici all'università, che preferisci stare tranquilla, le tue solite cose insomma. E sai cosa mi ha risposto? Che per lui non c'è assolutamente problema, che qualche sabato o venerdì anche noi possiamo uscire a fare le passeggiate ed andare in ristorante. Edoardo lo ha guardato scioccato, sembrava avesse visto un fantasma: ha detto che in tanti anni che lo conosce, non ha mai detto nulla di tutto ciò> dice a macchinetta. Io annuisco, ascoltandola poco. <E quindi?> chiedo, appena arriviamo davanti al portone di casa mia. Solleva le spalle, poi rotea gli occhi e sbuffa: <Mi fai proprio incazzare quando fai la finta tonta>. Mi bacia la guancia e se ne va.
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Suono al campanello della casa della mia collega, ma viene ad aprire la porta Antonio. <Buon pomeriggio cara, prego, entra pure> dice, facendo un mezzo inchino, ridendo e chiudendo poi la porta. Sorrido e faccio un saluto generale, prendendo poi posto e tirando fuori un quaderno. Iniziamo a parlare di linguistica, di gutturali, velari, dittonghi e accenti, fino a che non si fanno le 19 e decidiamo di ordinare la cena: optiamo per una semplicissima pizza, che facciamo arrivare per le 21. Nel frattempo, alcuni di noi continuano a studiare, altri si danno a Netflix: io faccio parte del primo gruppi e finché non scattano le 20.30 sto incollata ai libri, poi sento la stanchezza e il bisogno di mangiare che mi scivola dentro, allora decido di sbarazzare tutto e farlo sparire nel mio Eastpack nero, che accoglie tutto quel materiale. Io e i pochi superstiti ci lanciamo nel divano libero, parlando di film e serie TV, interrompendo solo per spostarci a tavola e mangiare. Ridiamo e scherziamo su tutto, e mi passa la stanchezza, mi dimentico della tristezza dell'ultimo periodo e mi godo la loro compagnia: in particolare, oltre che con Antonio e Giulia, inizio a parlare con una ragazza che c'è sempre stata, ma che ho iniziato a notare solo in quel momento, Flavia, che ha tanti interessi comuni ai miei. Parliamo praticamente tutta la sera, interrotti da Antonio e la sua ironia. Verso le 22, squilla il cellulare: è Lucia. Rispondo senza esitare, allontanandomi per evitare il chiasso a cui, due secondi prima, stavo partecipando anche io: <Hai la macchina?> dice, appena apro la chiamata. <Sì> rispondo sicura, notando il suo fiatone. Sento una voce maschile che la chiama insistentemente e preoccupato, poi riprende a parlare: <Vieni al parco>.
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Ti rinnamorerai a marzo./ Achille Lauro.
FanfictionChe ne sai, non ti hanno mai detto di no.