- Capitolo Dieci -

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Ai due ragazzi venne permesso di alloggiare nella camera migliore della modesta locanda, senza che pagassero una moneta di più del dovuto

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Ai due ragazzi venne permesso di alloggiare nella camera migliore della modesta locanda, senza che pagassero una moneta di più del dovuto. Era una stanza più grande delle altre, e di gran lunga migliore del duro pavimento in legno nel sottotetto dove Devjm si era preparato a dover stendere la sua coperta.

L'aria non era viziata, anche grazie alla finestrella le cui imposte il locandiere si affrettò a richiudere per non far entrare il freddo della sera.

Le lenzuola erano bianche e il copriletto di un giallo dorato sembrava tenere molto caldo.

Tuttavia, vi era un unico letto a due piazze.

Aera camuffò al meglio il suo disagio, e sperò che anche Devjm fosse un bravo attore, quando ringraziò calorosamente il proprietario della locanda per avergli offerto quel privilegio.

C'era aria di festa, a Reekir, anche prima dell'arrivo di Aera e Devjm, e questo rendeva tutti più propensi alla generosità. I due vennero informati della festa di Centranno che cadeva il giorno del solstizio estivo; la gente si scambiava doni per festeggiare la prima metà dell'anno passato e sperare in un avvenire fruttuoso per la seconda.

«Quindi è come se fosse già festa, dato che è domani» spiegò il proprietario della locanda. «Ed è una buona occasione per tutti di trovare un compagno o una compagna. Tutti i giovanotti di Reekir andranno a caccia, domani, e le signorine metteranno in mostra la loro mercanzia. Ah, ci sarà da divertirsi! Succede tutti gli anni.»

Immerso nei ricordi della sua giovinezza, il vecchio uomo scese le scale, dopo aver augurato la buonanotte alla principessa Orientale e al suo compagno di viaggio.

«Sono già stanca di questo titolo» sbuffò Aera, sdraiandosi sul lato sinistro del letto.

«Credo che invece sarebbe meglio che ne approfittassi, e usassi il potere che ti conferisce il tuo titolo a tuo vantaggio» le consigliò Devjm, voltato di spalle, mentre si toglieva la camicia.

«Ma non sarebbe la Aera che voglio essere» rispose lei, alludendo a ciò di cui avevano parlato prima, a tavola, tirandosi di nuovo a sedere e cominciando ad armeggiare con i lacci e le fibbie dei suoi nuovi stivali.

«Be', è una scelta tua.» Il ragazzo si sdraiò.

Calò il silenzio, per qualche breve secondo, ma Aera lo ruppe poco dopo, lasciando cadere gli stivali a lato del letto, e ponendo una domanda che aveva in gola da quando erano partiti. «Devjm, credi che ce la faremo?»

«Ma certo!» rispose lui, positivo. «Anche i messaggeri dormono. Non preoccuparti.»

«Non intendevo questo» disse lei, slacciando il corsetto. «Ma, quando saremo arrivati a Lanth, come fermeremo il messaggio? Dovremmo distruggerlo? E come faremo a prenderlo? Non possiamo certo ingannare il messaggero offrendoci di consegnarlo al posto suo.»

«Posso rubarlo» propose Devjm. «In fondo, sono o non sono un Ladro?»

«Già.» Aera si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, e tolti i pantaloni si infilò sotto le coperte. Tenne la camicia, forse per pudore. A una domanda di Devjm avrebbe risposto di avere freddo.

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