- Capitolo Cinquantatré -

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Perché?, chiese a un certo punto, nei suoi pensieri, forse agli Dei, Perché sta accadendo questo? Perché sto per morire?

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Perché?, chiese a un certo punto, nei suoi pensieri, forse agli Dei, Perché sta accadendo questo? Perché sto per morire?

A tutti noi il cuore urla di avere fede, in situazioni disastrose, e spesso ci affidiamo ad esso, perché ci è stato insegnato che quella è la giustizia.

La realtà non è nemmeno che soltanto pochi tra i più fortunati vengano ripagati della loro fede. La verità è che la fede non conta nulla. Ciò che conta è la fortuna, il caso, il fato. O forse lo si può chiamare il favore incondizionato degli Dei. Di qualsiasi cosa si trattasse, Aera ne ebbe a sufficienza.

Forse il Ciondolo dell'Aquila ha il potere di cambiare anche il destino di chi lo indossa?

Nell'esatto momento in cui questo pensiero attraversò la sua mente, la ragazza sentì il Sakrum lamentarsi per il dolore, poi la sua presa allentarsi, anche se non abbastanza per riuscire a liberarsene. E allora notò il coltello conficcato nel suo braccio sinistro.

«Maledetta!» urlò il soldato, rivolto alla figura incappucciata che stava in piedi sul muro di marmo, e che aveva scagliato l'arma contro di lui. Si trattava di una ragazza – se ne ebbe la certezza quando si voltò di profilo e corse lungo il perimetro del giardino – le cui curve e volto erano a malapena nascosti da ciò che aveva tutto l'aspetto di una tela di sacco; una mantella improvvisata.

Il soldato estrasse il pugnale dalla sua stessa ferita, imprecando di nuovo sottovoce, e commise il suo più grave errore – lasciò andare Aera. E allora, nulla impedì alla giovane di infierire ulteriormente su di lui. Cominciò con un calcio nel retro del ginocchio, che costrinse il soldato a cadere in avanti.

Aera fu sul punto di darsela a gambe, raggiungere la ragazza che la attendeva sul muro e le porgeva una mano per aiutarla a salire, ma poi si rese conto, seppur con rimorso, che non si sarebbe potuta permettere di lasciare un altro testimone, oltre a Fander, che l'avesse vista in volto e l'avrebbe potuta riconoscere se, per qualche malaugurato caso, avesse gettato un occhio all'interno della stanza di ricevimento, la mattina seguente.

Fander non era molto attendibile, era considerato un attaccabrighe tra gli stessi soldati, e un bugiardo, ma il Sakrum che la stava per portare da Orlud era sicuro di sé, aveva stima della propria persona e probabilmente era considerato altrettanto bene dal resto dell'esercito, se non dallo stesso Lord. Probabilmente anche il suo rango era più elevato, pensò, visto che la sua uniforme era diversa da quella che portava Fander, l'armatura più scintillante, l'elsa della spada più arzigogolata.

Anche se inconsapevole, infatti, Aera si era scontrata proprio con il Sergente Jihr.

Da un lato, la ragazza pensava che la collana l'avrebbe protetta qualunque cosa avesse fatto, ma dall'altro si disse che proprio per questo un omicidio non sarebbe dovuto pesare troppo sulla sua coscienza. Inoltre, anche se il Ciondolo dell'Aquila la rendeva intoccabile, lo stesso non valeva per Devjm e Reyns.

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