- Capitolo Sessantuno -

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«Non è possibile!» commentò Devjm, quando ebbe finito

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«Non è possibile!» commentò Devjm, quando ebbe finito. «Ci ha presi in giro, dall'inizio alla fine!» si rese conto il Ladro.

Erano gli stessi pensieri che avevano attraversato la mente di Reyns, e che ora minacciavano di farlo esplodere. La risata di Lord Vyde era ancora viva, dentro di lui, nonostante il nobile fosse morto, e lo faceva bruciare di rabbia, un'ira che gli urlava di fare a pezzi quel dannato messaggio per il quale aveva rischiato la vita.

Le parole scelte da Vyde sembravano sminuire la sua sete di potere, ciò che lo aveva portato a distruggere la Valle Verde. Reyns non poteva sopportare il pensiero che dietro a tutto ciò che Vyde aveva fatto, il motivo di tutta quella sofferenza, fosse stata semplicemente la sua voglia di divertirsi. Erano le sue parole, ma erano parole che gli procuravano un dolore troppo grande. E ora, dall'alto di quelle nuvole che lui stesso menzionava, Vyde si stava prendendo gioco di lui? Si stava divertendo, ora. Ora che era troppo tardi.

Kired era morto per proteggere un segreto che non sarebbe mai stato svelato, perché semplicemente non era mai stato custodito da nessuno. I tre minatori sul monte Ymif erano morti per impedire che un ordine che non era mai stato formulato venisse eseguito. Vyde scriveva di aver fallito, ma a quanto pareva non voleva essere solo.

Reyns si alzò, lasciando a terra il messaggio, nel disperato tentativo di calmarsi.

«Insomma, quale sarebbe il problema?» chiese Brenta, tutt'a un tratto.

Le sue parole ebbero l'effetto di scatenare l'ira che Reyns stava faticosamente tentando in tutti i modi di tenere a bada. «Quale sarebbe il problema?» ripeté, alzando la voce, «E hai anche il coraggio di fare una domanda simile? Di' un po', Devjm come ti ha descritto la Valle Verde? Come un paese incantato in cui regna la pace e tutti si amano a vicenda? È questo che ti ha detto? Oppure ti ha parlato di un esercito di assassini che da quindici anni ha avuto il compito di distruggere ogni cosa, di uccidere chiunque trasgredisse gli ordini del pazzo che era il loro comandante, il pazzo che ha scritto questa lettera?» Aera gli venne più vicino, ma Reyns parve non notarla, accecato dalla rabbia, «E spiegami, ora, come posso accettare che dietro la morte di ogni persona a me cara ci fosse soltanto la sua follia e il suo bisogno di farsi quattro risate?»

Aera assistette senza dire una parola, mentre Devjm tentò invano di convincere Reyns a contenersi. Il ragazzo non lo ascoltò, rimanendo concentrato sullo sguardo di Brenta, calmo. Brenta rimase in silenzio, e lasciò che il ragazzo si sfogasse, mantenendo un'espressione neutra.

«Adesso capisci dov'è il problema?» terminò Reyns, a voce più bassa, ormai con le lacrime agli occhi, ma senza smettere di sostenere il suo sguardo.

«Mi dispiace davvero, per ciò che hai dovuto passare,» iniziò a dire.

Reyns la guardò con odio. Frasi fatte. Bugiarda.

«Non sto dicendo che Vyde fosse nel giusto, ma la perdita delle persone a te care non è un problema.»

Dopo quelle parole, Devjm pregò Reyns con lo sguardo, perché non ricominciasse a prendersela con Brenta. La ragazza non se la cavava, a quanto pareva, con le parole, e il Ladro sperava che l'amico l'avrebbe perdonata, ma dentro di sé sapeva che Reyns e il perdono non erano in buoni rapporti. Chiunque gli facesse un torto veniva immediatamente escluso dalla ristretta cerchia di persone di cui il ragazzo si fidava, che ora contava tre soli membri: Aera, Devjm, e chi tra gli Dei lo aveva tenuto in vita.

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