- Capitolo Quarantasette -

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Una volta raggiunte le camerate, Reyns si lanciò sul letto indicatogli da Thom

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Una volta raggiunte le camerate, Reyns si lanciò sul letto indicatogli da Thom. L'altro salì la scaletta a pioli e raggiunse la sua branda, che cigolò appena sotto il suo peso.

«Certo che sei davvero forte!» commentò il Sakrum, «Non pensavo che si potesse sopravvivere, dopo aver subito un colpo del genere.»

Reyns sorrise, vedendo sfilare, nella sua mente, tutti i ricordi, udendo tutte le voci che gli avevano riservato quelle stesse parole, tutte le diverse occasioni in cui aveva ricevuto quello stesso commento. «Ebbene, la forza di volontà è in grado di farci compiere molte imprese che credevamo impossibili.» rispose, quindi.

«Non lo metto in dubbio.» convenne Thom, per poi porgli una domanda che lo colse alla sprovvista. «Allora, come ti è sembrata, questa giornata?»

«Che cosa intendi dire? È stata faticosa.» scherzò Reyns, senza comprendere il significato delle parole del soldato.

«Certo, ma... Sei soddisfatto di te stesso? Sei fiero di ciò che hai fatto oggi? C'è qualcosa di cui ti penti, o a cui vorresti rimediare? Io me lo chiedo ogni notte, prima di andare a dormire, e fortunatamente riesco sempre a rispondermi di essere felice di ciò che sto facendo della mia vita. Ogni tanto, come oggi, mi pento di non essere riuscito a mantenere il passo durante l'addestramento serale,» rise come ridono i bambini, «Ma mi farebbe piacere sentire anche il parere di un'altra persona.»

«Capisco,» rispose Reyns. Si sforzò di non giudicare subito Thom negativamente, ma non riuscì a non pensare che il motivo per cui non avesse nessuno con cui parlare fosse proprio questo suo comportamento – ingenuo e generoso tanto da diventare infantile e insopportabile.

Poi, però, il ragazzo rifletté davvero sulla sua domanda. Se avesse detto la verità, ossia di non essere affatto soddisfatto di ciò che era diventato durante la sua vita, si sarebbe sentito fiero di sé per essere passato a tutti gli effetti dalla parte del giusto, per aver scelto l'onestà; se invece avesse mentito, continuando ad aggiungere particolari alla sua identità fittizia, sarebbe stato costretto ad ammettere poi a se stesso di aver gettato via una delle tante occasioni che gli si erano presentate per essere sincero.

Era più importante apparire come un buon soldato felice e contento agli occhi di Thom, oppure essere in pace con se stesso?

Decise ancora una volta di essere egoista. «No, io odio me stesso.» rivelò, «Tengo chiusi in me dolori e colpe marciti dagli anni, radicati nel profondo del mio cuore, di questo cuore che ora sanguina e che per molto tempo ho creduto di aver perso o addirittura di non avere mai avuto.» pensava che Thom avrebbe apprezzato la sua sincerità, e che non l'avrebbe giudicato per aver lasciato parlare il suo cuore, nel modo in cui esso si esprimeva.

Il Reyns di un tempo non avrebbe mai osato pronunciare parole tanto soavi e romantiche, se non per ingannare qualcuno. Esprimersi in quel modo lo avrebbe fatto apparire debole. «Ma poi ho conosciuto una persona che ha trovato ciò che era rimasto del mio piccolo cuore, sepolto da qualche parte, e che inconsapevolmente è stata in grado di farlo ricominciare a battere.» continuò, «E questa è la prima persona che io abbia mai realmente amato, l'unica che mai amerò, la sola che abbia ricambiato questi sentimenti. Quindi, se mi ponessi ogni notte queste domande, sarei costretto a rispondere in modo negativo, perché il mio passato mi condanna ad una vita di rimpianti per ciò che sarebbe potuto essere e che non sarà mai.»

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