- Capitolo Sessanta -

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Reyns avvertì la luce del sole di mezzogiorno proveniente dalle alte finestre ai lati del corridoio colpirlo dritto negli occhi

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Reyns avvertì la luce del sole di mezzogiorno proveniente dalle alte finestre ai lati del corridoio colpirlo dritto negli occhi. Tentò di aprirli, ma li richiuse un attimo dopo.

Ciò che più lo sorprendeva era il fatto di essere ancora vivo. Era la terza o la quarta volta che gli Dei lo salvavano, e il ragazzo cominciava a chiedersi quanto ancora sarebbe durato questo suo privilegio.

In poco tempo i suoi sensi si risvegliarono, e oltre al calore del sole, il ragazzo avvertì quello di un altro corpo, poi quello del sangue, e infine quello delle lacrime – Aera era accovacciata a terra, accanto a lui, con le mani tentava di limitare la sua emorragia, il viso di lei appoggiato al suo petto, e il suo pianto, silenzioso, che l'aveva accompagnata fino a quel momento, e aveva cullato anche Reyns, durante quel tempo, infinito, in cui era rimasto privo di conoscenza.

Il ragazzo pensò di regalare ad Aera una dolce sorpresa, così, senza dire una parola, le accarezzò una guancia. Al primo contatto, la giovane sussultò, poi si rese conto di ciò a cui stava lentamente smettendo di credere.

«Reyns!» esclamò, ritraendo le mani e assistendo stupita a quel miracolo.

«Aera,» articolò a fatica il suo nome, mettendo a fuoco per un attimo la sua immagine, e poi chiedendo, forse a se stesso, «Perché ogni volta che tento di salvarti riesco soltanto a mettermi nei guai?»

La ragazza sorrise. Il primo pensiero di Reyns, una volta tornato cosciente, era stata quello di lei, e subito dopo il ragazzo si era già dato la colpa per aver fatto tutto ciò che era in suo potere, sostenendo che non fosse abbastanza. Reyns non era mai abbastanza, per se stesso, e questo era un lato di lui che non sarebbe mai cambiato.

«Perché tu mi ami,» rispose la ragazza, «E sembra che non ti stanchi mai di dimostrarmelo.»

Detto ciò, Aera si chinò su di lui, e lasciò che Reyns ricambiasse il suo bacio con tutto l'amore che sentiva, e l'amore era l'unica cosa che fosse certo di sentire in quel preciso istante. Subito dopo anche le labbra di Aera divennero una certezza, e gradualmente il suo viso, le sue mani, e il suo corpo, lei completa, nel momento in cui Reyns fu in grado di reggersi in piedi. Le loro labbra si divisero, ma i due rimasero abbracciati.

Quello fu anche il momento in cui Devjm fece ritorno dal piano inferiore, farfugliando scuse per non essere riuscito a trovare nessuno in grado di prestare soccorso a Reyns.

«Oh, Devjm!» esclamò il ragazzo, arrossendo, rendendosi conto della sua presenza, «Sei qui anche tu.»

«Reyns,» lo salutò il Ladro, sorridendo, «Vedo che sei tornato tra noi.»

«Tutto merito di Aera.» disse lui, voltandosi verso la ragazza che amava.

«Certo, come sempre,» disse Devjm, «Non puoi cavartela così, Reyns.» lo rimproverò, «Dovrai imparare a farti carico anche dei tuoi successi, invece di riversarli sempre su qualcun altro. Guardala, ora l'hai messa in imbarazzo!» scherzò, poi.

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