- Capitolo Diciannove -

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Non dovettero camminare molto nella direzione indicata da Devjm per trovare un laghetto – anche se forse sarebbe stato più accurato il termine pozzanghera

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Non dovettero camminare molto nella direzione indicata da Devjm per trovare un laghetto – anche se forse sarebbe stato più accurato il termine pozzanghera.

La ragazza ringraziò ancora una volta il giovane Ladro, e riempì entrambe le loro borracce, dopo che lui le garantì che l'acqua era potabile.

Il semplice gesto di accovacciarsi, anche solo per un momento, risvegliò in lei sensazioni di dolore e torpore egualmente insistenti.

Combatté contro il desiderio di sdraiarsi sull'erba fresca e chiudere gli occhi, ma riuscì a resistere, ricordando quelle che erano state le sue stesse parole. Aveva detto che si sarebbero fermati all'alba, e non aveva intenzione di far credere a Devjm di non essere abbastanza forte per mantenere quella sua promessa.

Doveva fare di tutto per far sentire Devjm inferiore a lei, o lui avrebbe tentato di approfittare della situazione e prendere il controllo. Nonostante le sue parole, nonostante quell'abbraccio, in Aera ancora albergava il dubbio che quella risoluzione fosse soltanto una bugia più grande.

«Vuoi riposare?» le chiese Devjm, già disteso sul prato, gli occhi socchiusi.

Quando Aera si voltò verso di lui, lo vide così candido e innocente che rischiò di commettere lo stesso errore e sottovalutarlo di nuovo. Il suo viso era rivolto al cielo, verso le stelle e la luna, e il ragazzo era ancora avvolto nel suo mantello bianco, come fosse una coperta.

«No» rispose la ragazza, irremovibile. «Ho detto che ci fermeremo all'alba» ribadì, alzandosi in piedi.

Devjm farfugliò qualche parola e si voltò sul fianco, dando le spalle ad Aera.

La ragazza sospirò, incrociando le braccia e appoggiandosi a un albero di Wass, impaziente.

Si concesse solo qualche secondo per guardarlo con attenzione. Cercò di non vedere un ragazzo. Andò alla ricerca dell'assassino che sapeva essere nascosto lì sotto.

Devjm aveva detto di non aver mai ucciso nessuno – Aera non gli credeva. Se anche non aveva tolto la vita a nessuno, era chiaro che in lui albergasse un immenso senso di colpa. Se anche le sue mani non erano sporche di sangue, la sua coscienza non era pulita. Devjm non era innocente. Il confine tra assassini e omicidi era labile – Aera aveva ormai elaborato quel concetto.

Lei era stata un'assassina per molto più tempo di quello che era passato da quando aveva ucciso i tre Ideev che stavano viaggiando con lei e Reyns.

Aera era diventata un'assassina nel momento in cui aveva accolto l'Omicidio nella sua mente, e quel momento era giunto in quella notte inondata di lacrime, che aveva passato a tremare al freddo in una grotta poco distante da dove si trovava ora.

Aera era diventata un'assassina nel momento in cui aveva perso tutto, ed era diventata un'omicida nel momento in cui aveva tolto ogni cosa a Reyns.

Ora se ne pentiva. E ora i suoi occhi erano identici a quelli di Devjm. Era chiaro, era logico che anche lui nascondesse dentro di sé delle gravi colpe. Solo che forse, a differenza di Aera, Devjm le nascondeva anche a se stesso.

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