- Capitolo Sette -

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Aera si svegliò di soprassalto

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Aera si svegliò di soprassalto. Sudata, tremante, e ancora impaurita.

Gli incubi erano più vividi del solito. Immaginava che, da quella notte in poi, lo sarebbero sempre stati.

Era solita sforzarsi di ricordare che cosa avesse sognato, fosse soltanto per raccontarlo a Zalcen o ad Aniène, o prendere ispirazione per una nuova storia da raccontare ai bambini prima di metterli a dormire.

In quel momento, invece, non c'era nulla al mondo che desiderasse di più che dimenticare ciò che la sua mente era arrivata a creare durante la notte.

Ancora le sembrava di sentire il respiro di Kired sulla sua pelle. Le sembrava di sentire persino il suo odore, come se fosse quello dell'intera foresta.

Anche in quell'incubo si trovava in un bosco, ed era come se quel gruppo di alberi fosse il mondo intero. Ovunque si voltasse per lasciarsi il Predatore alle spalle, se lo ritrovava davanti.

Alla fine, il suo campo visivo si stringeva, si stringeva, si stringeva ancora, e tutto ciò che riusciva a vedere era la figura di Kired, il suo mantello verde, il cappuccio calato sulla sua fronte. Un ciuffo di capelli biondi faceva capolino, insieme a un ghigno grottesco.

Se provava a distogliere lo sguardo, trovava solo l'oscurità. Se provava a muoversi, una corda si stringeva attorno ai suoi polsi. Se provava a parlare, si stringeva attorno al suo collo.

Sognare quei momenti era come riviverli. Era anche peggio. Oltre a ciò che era accaduto, si aggiungeva ciò che sarebbe potuto succedere, se Kired avesse avuto più tempo, o se Aera avesse smesso per un solo secondo di combattere.

Nel suo incubo, non riusciva a combattere. Nel suo incubo, Kired era capace di farle ancora più male.

Quando si rese conto di essere tornata nel mondo reale, Aera cercò di ricordare a se stessa quale fosse la sua situazione, per tranquillizzarsi. Stava viaggiando con Reyns e gli altri tre Ideev, e presto avrebbero raggiunto la fortezza di Vyde.

No.

Quando si guardò intorno e notò Devjm seduto accanto a lei ebbe un colpo al cuore; fu come se le fosse stato appena detto che Reyns era morto. E la realtà faceva male, senza di lui.

«Buongiorno» la salutò Devjm, con un tenue sorriso.

Aera capì che avrebbe dovuto cercare di non dare a vedere quanto fosse ancora in pena per la morte di Reyns. Anche se Devjm le aveva assicurato che gliene poteva parlare, era chiaro che fossero solo parole nate dalla sua gentilezza, o da qualche secondo fine legato alla fame di informazioni.

Aera ricambiò il saluto, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo, e fece per alzarsi, aiutandosi con le braccia. Il dolore al sinistro fu tale che fu costretta a sedersi di nuovo e usare solamente l'altro.

Si sentiva a pezzi, ma non sapeva se attribuire tutta la colpa al cavallo. Di certo una giornata in sella non l'avrebbe aiutata a stare meglio, ma sarebbe stato molto più faticoso se avesse dovuto camminare. E poi, dovevano fare in fretta.

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