Uova, bacon, muffin al cioccolato, biscotti, una caraffa di succo, un bicchiere enorme di latte e uno più piccolo di acqua fresca. Alzai lo sguardo sulla ragazza che stava seduta al tavolo, davanti a me, e mi sorrideva entusiasta.
«Sicura che non sia morto?» chiesi, mentre il profumo di tutto quel cibo si insinuava tra le mie narici, facendomi brontolare lo stomaco.
«No, non sei morto anche se ci sei andato veramente vicino. Mangia ora»
Presi la forchetta davanti a me. Guardai il cibo e poi di nuovo lei. Non so perché esitassi tanto. Forse perché eravamo nel Tartaro e mi aspettavo che la ragazza si trasformasse in un mostro da un momento all'altro, oppure perché avevo paura che tutto quello fosse solo un'allucinazione.
Sospirai e misi in bocca un pezzo di uovo. Sapeva di uovo. La mia gola bruciò mentre ingoiavo il boccone di cibo.
Non mangiavo da veramente tanto tempo.
Senza tanti complimenti, finii tutto e bevvi due lunghi sorsi di latte. Era fresco.
Quando posai la forchetta e mi appoggiai alla sedia, sospirando per la pancia piena, la ragazza fece un ampio sorriso e i suoi occhi brillarono di felicità.
«Bene! Vuoi qualcos'altro?» si alzò e iniziò a sparecchiare. Scossi la testa, poi un dubbio mi lampeggiò nella mente. «Come ti chiami?»
Ero sveglio da una mezz'oretta ma quella domanda non mi aveva mai sfiorato. Non gli avevo chiesto niente a parte se fossi nel campo degli Elisi.
Era tutto troppo surreale.
Mi ero svegliato su un comodo materasso, sotto una morbida coperta e quando mi ero alzato lei era comparsa con una bottiglia di nettare sulla soglia della camera da letto. Dopo avermi medicato la ferita sul collo lasciata dalle unghie avvelenate dell'empusa mi aveva accompagnato nella stanza adiacente per la colazione.
Eravamo in una caverna scavata all'interno della roccia, ma la luce sembrava quella naturale del sole e gli arredamenti erano moderni. Una cucina con il ripiano di marmo, fornelli, un frigo (magico addirittura. Potevi chiedergli qualunque cosa e lui ti accontentava), un mobile di legno che conteneva di tutto. Da ogni tipo di argenteria a armi di tutti i materiali e di tutte le grandezze.
«Mi chiamo Aliissa» disse.
«Io sono..»
«Nico di Angelo, lo so»
Rimasi sbalordito. Non mi pareva di essermi presentato. Lei mi fece un sorriso di scuse.
«Mentre riposavi ho fatto un po' di ricerche su di te»
Dovevo avere una faccia veramente stupita perché lei arrossì e abbassò lo sguardo sulle sue mani.
«Si.. ehm.. ho questa specialità di riuscire a entrare nella mente delle persone e..» fece un respiro tremante «posso vederne i ricordi passati, scoprire tutto su di loro e a volte.. riesco anche a controllare le loro menti» guardava dappertutto tranne che me.
«Hai visto i miei...» Arrossii. Più per la rabbia che per la vergogna. Come aveva osato? Mi guardò e nei suoi occhi si leggeva che era veramente dispiaciuta.
«Ho dovuto. Io.. dovevo sapere se eri..» tornò a guardarsi le mani scuotendo la testa, lasciando in sospeso la frase. «Allora?» sbottai.
«Vieni. Ti faccio vedere una cosa» mi sorrise un po' forzatamente e mi prese per mano, portandomi fuori dalla caverna.
Ero consapevole di quel contatto fisico, il mio stomaco si stava annodando, ma non lo evitai. Era come uno scoglio in mezzo a un mare in tempesta. Qualcosa di veramente umano a cui potevo finalmente aggrapparmi in quell'inferno così turbolento.
Quando uscii mi sentii soffocare. L'aria era pesante e piena di zolfo e altri acidi. Iniziavano già ad inumidirsi gli occhi.
Alzai lo sguardo e vidi oltre una coltre molto spessa di nebbia, sopra una collina, una foresta di alberi morti.
«Ho innalzato un muro di Foschia così nessuno può vedere la caverna e desiderare di entrarci» mi spiegò Aliissa.
«Ma io l'ho vista prima di cadere» replicai.
Lei annuì e continuò a vagare con lo sguardo oltre i confini della foresta.
«Non so come tu abbia fatto ma sei riuscito a vedermi. E sei riuscito a passare il mio campo di forza come se non esistesse. E..» abbassò lo sguardo sulle mani. Solo in quel momento mi accorsi che aveva delle manette con le catene spezzate intorno ai polsi, seminascosti dalle maniche del vestito.
«Ho spezzato le catene quando ti sono atterrato addosso» dissi comprendendo solo in quel momento il rumore che avevo sentito poco prima di svenire. «Perché avevi delle manette?»
Si incamminò verso il prato di ciottoli fino a fermarsi vicino a una lastra di pietra rossa stesa sul terreno. Ai suoi lati c'erano degli anelli con ancora delle lunghe catene ancorate.
Il mio cuore sprofondò.
Chi era così crudele da fare una cosa del genere? E soprattutto, perché?
«I miei padroni» disse Aliissa fissando il terreno. «Hanno paura che scappi quando loro sono via. Così mi incantenano qui e mi obbligano a fare la guardia alla loro casa fino a quando non tornano.»
«Ma il cibo e l'acqua? E se devi andare in bagno?» la fissai sbalordito. Lei mi guardò e nei suoi occhi verdi lampeggiò una scintilla di dolore. «Oh.. lascia stare.» tossicchiai cercando di scrollarmi di dosso il disagio. «Allora.. chi sono i tuoi padroni?»
Lei si chinò su lastra di pietra e iniziò a passarci un panno bagnato, comparso dal nulla.
Stette in silenzio fino a quando la lastra non divenne completamente bianca. Impallidii vedendo il panno sporco di rosso. Sangue.
«Ho provato tutti i modi possibili per rompere le catene. Ho usato tutti i miei poteri. Ma non ci sono mai riuscita. Poi sei piombato tu giù dal cielo e le hai rotte. Come? » mi guardò studiandomi con curiosità, evitando la mia domanda.
Non sapevo cosa rispondere, così decisi di ripagarla con la stessa moneta. «Quel sangue è tuo?» indicai col mento il panno macchiato di rosso cercando di essere più coraggioso di quanto non lo fossi veramente.
«Sì.»
Lo guardò per qualche secondo, poi prese fuoco dal nulla e si disintegrò fino a diventare cenere.
«Come hai..? Chi sei?»
Avevo dato per scontato che fosse una semidea ma ora non ne ero più così convinto.
Alzò lo sguardo su di me e per un attimo ebbi paura di finire come quel panno. Coperto di sangue e poi bruciato.
Invece disse solo «Lo vuoi davvero sapere?»Rigiravo il bicchiere di coca cola tra le mani, cercando di calmare i nervi. Eravamo seduti al tavolo di pietra e Aliissa aveva finito da poco di parlare.
Quello che mi aveva raccontato era stato tremendo. La sua vita non era stata affatto semplice. Un po' la comprendevo perché anche io ero passato da un girone dell'inferno a un altro, ma le mie esperienze non erano niente in confronto alle sue.
Alla fine mi decisi a guardarla. Stava giocherellando con il suo ciondolo nervosamente. Alla vista della collana il mio cuore si strinse. Se tutto quello che mi aveva raccontato era vero allora dovevo proteggerla.
Ma cosa stavo dicendo? Come potevo proteggere una ragazza molto più forte di me?
«Perché me l'hai raccontato?» chiesi cercando di non sembrare così agitato.
«Io so tutto di te. Era giusto che ricambiassi.» mi guardò cercando di capire a cosa stessi pensando, ma evidentemente non ci riuscì.
Fece un sospiro tremante e si alzò dal tavolo. «Non mi aspetto che tu diventi il mio principe azzurro e che mi salvi. Ok? Te l'ho detto perché non parlavo con un qualcuno di umano da veramente tanto tempo e avevo bisogno di sfogarmi» aprì uno sportello del mobile e iniziò a rovistarci dentro.
«Principe azzurro?» la guardai cercando di reprimere una risata. «Fidati non sono un granché con i cavalli. Nemmeno quelli bianchi»
Lei si voltò verso di me cercando di nascondere un sorriso. «Lascia stare.» Tornò stranamente seria e posò sul tavolo uno zaino che iniziò a riempire con tavolette di ambrosia, acqua fresca, nettare e qualche pacchetto di biscotti.
«È uno zaino magico» mi spiegò. «Anche se viene spiaccicato, gettato via per sbaglio, percosso, il suo contenuto non si altera e torna sempre dal suo proprietario» me lo passò e mi guardò.
«Ehm.. va bene. Ma cosa ci dovremmo fare?»
«Semmai cosa tu ci devi fare. Non andare alle Porte Della Morte, è solo un suicidio. Conosco un passaggio che ti porta dal Tartaro direttamente agli inferi senza che tu possa essere attaccato. Ti dirò dove si trova e tornerai in superficie dai tuoi amici. Da tua sorella.»
Cercò di restare neutra ma si sentiva che le tremava la voce.
Sentii una stretta poco familiare allo stomaco. «E tu?»
Lei guardò fuori dalla caverna e i suoi occhi si fecero immensamente tristi. «Io ho un destino diverso.»
«Non ti lascio da sola in questo posto con i tuoi...padroni» obbiettai avvicinandomi a lei.
«Non posso venire nel mondo mortale. È un territorio completamente sconosciuto per me» continuava ostinatamente a non guardarmi.
«Ci sarò io. Ti aiuterò. E poi magari potrai tornare a casa» le strinsi un braccio. Non so perché ma non volevo perderla. Se l'avessi lasciata lì non me lo sarei mai perdonato.
«Non ho più nessuna casa Nico. Nessuna famiglia, nessuno che mi sta aspettando lassù. Tu si. Anche se non lo vuoi ammettere»
Si voltò verso di me e notai che aveva una guancia solcata da una lacrima. «Ora vattene prima che tornino i miei padroni»
Sentii qualcosa dentro di me andare a pezzi. Non potevo lasciarla, ma aveva ragione. Lassù io avrei trovato mia sorella, Frank, forse anche Percy, che mi aspettavano.
Lei non avrebbe trovato nessuno e sapevo che la mia compagnia non avrebbe fatto la differenza.
«Allora è un addio?»
Si sforzò di sorridere e mi accarezzò il viso.
Poi si irrigidì e si voltò verso l'uscio della caverna. Due figure enormi si stavano avvicinando al banco di Foschia.
Sguainai la spada e mi misi davanti ad Aliissa per proteggerla, ma lei mi prese per un gomito, mi tirò indietro e mi strappò di dosso lo zaino nascondendolo dentro un cassetto del mobile. I suoi occhi erano dilatati dalla paura.
«Che sta succedendo?» chiesi allarmato mentre lei si acconciava i capelli in una crocchia disordinata. Si avvicinò a uno specchio e il suo abito cambiò diventando un vestito di quello grechi antichi senza maniche. Rimasi senza fiato. Le sua braccia erano piene di graffi e cicatrici. Alcune erano bianche, altre rosse, come se si fossero riaperte da poco tempo.
«Aliissa?» mi tremava la voce e avevo il cuore in gola.
Lei si voltò verso di me e mi sentii mancare. I suoi occhi, di solito verdi come l'erba, erano diventati così scuri che non si vedeva la differenza tra iride e pupilla.
Quando parlò, la sua voce fu un sussurro. «Sono tornati i padroni. I giganti Oto e Efialte».
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La Figlia Dell' Olimpo- La Rinnegata [Percy Jackson]
Fanfiction"L'ultima Nata dalla Terra comparirà tra i mortali quando il mondo starà per cadere, l'angelo senza ali la sua anima metterà a tacere quando riuscirà a spezzare le sue catene. Ma ella per il mostro più selvaggio andrà a dare l'ultimo fiato per un...