25- Aliissa

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Una Dea era venuta a farci visita, gelandoci tutti.Ci aveva scaraventato sulle coste dell'Africa, riducendo la nave a una scatoletta di semidei in bronzo ammaccata. Leo era stato catapultato via. Ed io avevo sparato una grandissima cazzata.
Ero la più cogliona dei coglioni. Avevo trovato il momento adatto per potermi dichiarare a Nico. Solo che avevo avuto troppa paura della sua reazione.
«Qualcuno può dire a Jason di rallentare i suoi cavalli?»
Hazel aveva la faccia più verde che avessi mai visto. Stava facendo un enorme sforzo per non vomitare davanti agli altri.
Dopo tre giorni che avevamo attraccato in un porto nelle coste africane, il vento Notus ci aveva detto dove si trovava Leo e ci aveva dato il permesso di poter salpare. Solo che la nostra nave era talmente messa male che per poterci muovere Jason aveva dovuto imbrigliare un paio di cavalli di vento e attaccarli alla nave come una carrozza.
Ed ora eravamo tutti stipati in sala macchine, la parte più bassa della nave, escluso Jason che faceva da cocchiere, per precauzione.

Dopo sei ore di viaggio la nave rallentò e poco dopo Jason ci venne a chiamare. «Leo è davvero qui» si limitò a dire.
E infatti lo trovammo in un bar, in una piazza nella parte alta della città. Strano, aveva visto la nave ma non ci era venuto incontro. Quando alzò lo sguardo su di noi e ci salutò, notai che la solita allegria che lo circondava come un'aura si era affievolita. Il suo solito sorriso sbarazzino era più distaccato e i suoi occhi erano colmi di tristezza. Riconobbi subito cosa gli stava succedendo. Aveva il cuore a pezzi.
Ero curiosa di sapere cosa gli fosse successo, ma mi morsi la lingua, impedendomi di farmi i fatti suoi.
Mentre ancora lo stavo studiando, Nico, Jason e Hazel si voltarono contemporaneamente a guardare l'orizzonte, interrompendo la loro conversazione.
«Brutto segno» disse Jason.
«La Casa di Ade sta facendo gli straordinari» esordì Nico.
Mi voltai anche io ma non vidi nulla. «Ma cosa state dicendo? » disse Frank, non capendo come me cosa vedessero gli altri.
«C'è una striscia nera che oscura il cielo. Voi non potete vederla. È Gea che sta buttando nel mondo mortale più mostri possibile» spiegò Hazel.
Mi voltai verso Jason. «Tu puoi vederla però »
Mi guardò e notai una scintilla di paura, che però nascose abilmente voltando la testa da un'altra parte, senza rispondermi.
«Sarà meglio riparare subito la nave, allora! Cosa stiamo aspettando?» disse Leo alzandosi in piedi, cercando di ritornare se stesso, con risultati scarsi.

Dopo un'ora di viaggio aereo, scorgemmo la nostra meta.
La Casa di Ade era su una collina, dove ai suoi piedi scorreva un fiume nero come la pece. L'Acheronte.
Nico mi sfiorò la mano. Non aveva parlato per tutto il viaggio, dopo l'ultima conversazione nella cabina congelata. Sentivamo che non ne avevamo bisogno ora. Ci bastava solamente stare vicini.
Senza pensarci tanto, gli presi la mano e la strinsi nella mia, senza staccare gli occhi dal fiume.
«Siamo arrivati» sussurrò mentre guardava gli altri calare la scaletta per scendere dalla nave.
«Già»
Feci un grosso respiro, impedendomi di tremare. Non avevo paura di quello che mi aspettava. Ero pronta al suicidio da tempo. Avevo paura dell'addio decisivo.
«Coach Hedge sarà meglio che lei rimanga qui sulla nave. Avremo bisogno di supporto con le baliste se succede qualcosa » disse Frank. Mi voltai in tempo per vedere l'occhiata riconoscente del satiro verso quel ragazzone.
«Rimango anche io» dissi, sforzandomi per mantenere una voce neutra.
«Ma..» Piper aprì la bocca ma Nico scosse la testa. "È tutto inutile" sembrava dire. «Okay» sospirò la Figlia di Afrodite.
«Tranquilli, vi aiuterò. Non ho fatto tutta questa strada per nulla. Solo che prenderò un'altra via» sorrisi per cercare di rassicurarli, ma Nico non ci cascò. Mi strinse così forte la mano che non riuscii a trattenere una smorfia di dolore. A quel punto tutti gli occhi del gruppo scivolarono da me alle nostre mani intrecciate. Avvampai ma non mollai la presa. E mi sentii un po' rincuorata quando nemmeno Nico lo fece.
«Credo.. sia l'ora di andare» disse Hazel guardando prima me poi suo fratello.
«Certo» continuavo ad avere il mio sorriso falso sulle labbra.
«Allora» Leo saltellava agitato sul posto «ci vediamo più tardi» mi salutò e si calò giù. Seguito poi dal resto dei ragazzi. Non smisi di sorridere fino a quando sul ponte non rimanemmo io. il Coach Hedge e Nico.
«È il momento degli addii?» disse Nico, cercando di tenere su la sua maschera di apatia.
«Ah-ah» mi limitati a dire.
Dopo qualche secondo di silenzio, Nico si voltò velocemente e mi attirò a se. Mi prese il viso tra le mani e premette le sue labbra sulle mie. Un bacio casto e veloce, che mi fece sobbalzare lo stomaco e fermare il cuore.
«Sarai sempre la mia pazza suicida preferita. Mi spiace non provare ciò che provi tu. Questo è il massimo che posso fare» disse una volta staccatosi da me. «Addio. E cerca di non deludermi lì sotto»
Senza aspettare nessuna risposta, mi diede le spalle e scese dalla nave.
A quel punto rimasi sola col Coach Hedge. E scoppiai a piangere. Crollai a terra e scoppiai in un pianto disperato.
«Susu» Il satiro mi strinse una spalla. «Sii orgogliosa di te. Stai per affrontare il tuo destino come pochi altri hanno fatto. Tieni la testa alta, sei un pasticcino forte.» «Sono una pazza» singhiozzai rimettendomi in piedi.
«Sei innamorata. È questo quello che ti ha mandato avanti fin'ora. L'amore che provavi per i tuoi genitori morti, per gli Dèi che ti hanno accudito, l'amore per quel ragazzino strampalato. Stai facendo la cosa giusta.»
Annui e lo guardai asciugandomi gli occhi. «Grazie, Coach»
Nel suo sguardo balenò una scintilla di orgoglio. «Forza pasticcino, prendi la tua via con fierezza e stendili tutti, quei mostri. »
«Certo. Ne farò fuori qualcheduno anche per lei» sorrisi.
«Ne sono sicuro.»
Fischiai e Layla spuntò nel cielo pochi secondi dopo. Atterrò sul ponte e mi guardò alterata ma rassegnata. Aveva capito cosa volevo fare. O forse lo aveva sempre saputo. Chi lo sa.
Prima di montare mi voltai di nuovo verso il Coach Hedge. «Dica a Nico che non volevo mentirgli, ma ho dovuto. Lui era l'unico che aveva la possibilità di salvarmi, ma avrebbe dovuto fare qualcosa che andava oltre le sue capacità. Meglio in questo modo, soffrirà di meno. Addio, Coach Hedge»
Salii in groppa a Layla e insieme volammo sopra l'Acheronte.

Quando entrammo nella faglia, dove si gettava il fiume, sentii subito sulla mia pelle che quello non era un luogo dove dovevo stare. Mi trovavo negli Inferi. Nella parte più superficiale.
«Seguiamo il fiume fino a quando non vediamo il castello, poi entriamo nella grotta adiacente ad esso. Ti supplico vai più veloce che puoi.» pregai il mio pegaso senza osare guardarmi attorno. Sapevo che ne Persefone, ne Ade mi avrebbero fermato, ma stavo comunque in ansia.
Passammo accanto a Caronte che ci guardò con sguardo vitreo, volammo sopra Cerbero che abbaiò ma non cercò di fermarci e le Furie mi volavano attorno ridendo istericamente. A Leyla davano noia, ma non potevo cacciarle. Erano sotto ordini di Ade. Dovevano assicurarsi che andassi dritta nel Tartaro.
Quando entrai nella grotta, si limitarono ad appollaiarsi davanti all'entrata e a fissarmi con i loro occhi maligni.
Le guardai male ma non mi soffermai a lungo su di loro.
Layla procedeva al passo, la caverna era troppo stretta per la sua apertura alare. Quando arrivammo al bordo della voragine sbuffò spaventata.
«Andiamo avanti. Il più velocemente possibile » la spronai con la gamba.
Arresa, si alzò sulle gambe posteriori lanciò un profondo nitrito e insieme, ci gettammo in quel pozzo oscuro.

Mentre il vento fischiava nelle mie orecchie e i paesaggi desolati del Tartaro sfrecciavano sotto di me in una macchia sfocata dall'alta velocità, mi sentivo sempre più leggera. Quella era la fine. Era il mio destino. La mia via.
Lo facevo per me, per mia madre, per Apollo, per Nico.
Avrei liberato le Porte della Morte dalla mano di Gea, avrei distrutto tutti i mostri nell'arco di cinquecento chilometri. Avrei aiutato Percy e Annabeth e tutti gli altri ragazzi.
Arrivai nel cuore del Tartaro in tempo per vedere le Porte chiudersi con dentro Annabeth e Percy. Un Titano li stava difendendo, mentre combatteva contro qualcosa di molto più potente di lui. Tartaro in persona. Mi mancò il respiro e mi sentii le gambe di gelatina, ma smontai comunque da cavallo, creando dei cuscinetti d'aria sotto i miei piedi. Guardai fissa Layla. «Torna indietro, non voltarti mai, fino a che non raggiungi la nave» le baciai il muso «Grazie di tutto»
Mi tolsi la collana e mi sentii come sciolta da ogni catena. Ora ero davvero libera. Legai il ciondolo alle redini e feci un passo indietro. «Vai ora. Vola via più veloce che puoi, la collana ti proteggerà»
Layla nitrì sommessamente, mi diede un colpetto col muso sulla guancia poi tornò indietro, senza girarsi mai.

Mi voltai e sentii il fuoco formicolare sotto la mia pelle. Ma quella volta ero pronta. Urlai, e per la prima volta usai i miei poteri senza nessun vincolo.
Avevo rotto le catene, nessuno poteva più fermarmi. Me ne ero andata da lì per amore, e per amore vi ero ritornata.

L'amore è il mostro più selvaggio di tutti. Ti salva e ti uccide nello stesso momento.
L'aveva detto mia madre, l'avevo ripetuto a Nico ed ora, lo dimostravo.

La Figlia Dell' Olimpo- La Rinnegata [Percy Jackson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora