13- Aliissa [Revisionato]

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Se credevo che quella giornata non potesse andare peggio di così, mi sbagliavo. E di grosso.
La nuova cicatrice sul braccio pulsava come un secondo cuore. Continuavo a sfregarci la mano, illudendomi di poter alleviare il dolore.
Jason mi offrì un po' di ambrosia, ma sapevo che sarebbe stata inutile. Non avrebbe funzionato su quella ferita. E poi, preferivo che la prendesse Nico.
Io non ne avevo bisogno, ma lui sì. E tanto.
Sua sorella Hazel si stava occupando di lui mentre io gli ero seduta accanto, sul ponte della nave.
Di fronte alla forza della sorella, sembrava un bambino piccolo. Doveva essere esausto e la mia magia di prima non lo aveva aiutato.
Si limitava a sussurrare le cose e a fare i minimi movimenti, per permettere all'ambrosia di curarlo più velocemente.
Mi sentivo inutile, non potevo alleviargli il dolore perché sennò avrei rischiato troppo.
Mi limitavo a guardare il profilo di Roma sotto di noi, mentre volavamo a salvare Annabeth.
A volte studiavo il comportamento di quello strano gruppo di semidei. Erano divertenti, usavano l'allegria per mascherare la loro preoccupazione, ma vedevo che tenevano gli uni agli altri, come una vera famiglia.
Mi sarebbe piaciuto avere un rapporto come il loro, con qualcuno.
«Ragazzi, dovete sentire» disse ad un certo punto Hazel, seria.
Si fece da parte e Nico si alzò in piedi aiutato dalla sua spada nera. Mi alzai anch'io, per poterlo aiutare in un eventuale crollo.
«Avevo perso le speranze» disse Nico, guardando il gruppo davanti a sé. Rabbrividii e ripensai a quando l'avevo trovato nel Tartaro. O meglio, quando lui aveva trovato me.
Mi sfiorai i polsi, ricordandomi del rumore assordante delle catene che si spezzavano sotto la forza dell'impatto della caduta di Nico.
Non sarei mai riuscita a ripagarlo per quello che aveva fatto. Se non fosse stato per lui, sarei morta.
«Le Porte della Morte hanno due lati» disse Hazel.
Ero talmente persa nei miei pensieri che non mi ero accorta che era andato avanti. Ma evidentamente era troppo stanco per continuare. O troppo scioccato. E chi poteva biasimarlo?
«Un lato mortale e un lato nell'Oltretomba»
«Dove si trova esattamente il lato mortale?» disse Frank.
«Ad Epiro, in Grecia. L'accesso è sotto terra, nella Casa di Ade. Ma non è il lato mortale il problema» disse Nico. «Il lato nell'Oltretomba si trova nel..» la sua voce si spense al terribile di ricordo.
Sentivo il suo sgomento come se fosse il mio. Socchiusi gli occhi e cercai di scrollarmi di dosso quell'orribile sensazione ma non ci riuscii.
«Tartaro» concluse Percy. «Nel Tartaro. La parte più profonda dell'Oltretomba»
«La prigione di massima sicurezza di Plutone, cioè Ade.» Hazel strinse le labbra. «Dove nascono i mostri e dove vanno quando vengono eliminati. Nessun mortale è mai riuscito a uscire vivo da lì»
I suoi occhi scivolarono sul fratello e su me.
Nessun mortale tranne noi.
Io e Nico ci guardammo, ognuno perso nei propri ricordi di quell'esperienza. «Scommetto che è lì che dovremmo andare» disse Percy scocciato.
«È impossibile» dissi in automatico, prendendo parola per la prima volta in quel discorso.
«Le Porte della Morte sono controllate dalle forze di Gea. Le più potenti. Per chiuderle dovremmo sigillarle da tutti e due i lati» mi sentii un po' strana a usare il "noi".
«E non bastereste nemmeno voi sette per sigillare il lato mortale.» disse Nico.
«E per arrivare al lato dell'Oltretomba si dovrebbe attraversare tutto il Tartaro.» continuai io.
«Il Tartaro ha un potere tutto suo. Vi farebbe diventare pazzi» concluse Nico.
Gli lanciai un'occhiata proprio quando lui la lanciò a me e mi affrettai a distogliere lo sguardo.
Qualcosa si rigirò nel mio stomaco.
«Ci deve essere un modo» disse Jason risoluto.
Mi accorsi solo in quel momento che la nave stava scendendo lentamente, dietro un edificio bianco.
Un brivido freddo percorse la mia schiena e mi si rizzarono i peli sulla pelle. Cos'era stato?
«Quello è l'Altare della Patria?» chiese Percy, con l'impazienza nello sguardo.
«Sì. E quello è il parcheggio di cui ci ha parlato Bacco».
Leo indicò sotto di noi.
Coach Hedge trotterellò alle baliste e mirò il punto che aveva indicato il figlio di Efesto.
«Cosa ci fa Annabeth lì sotto?» chiesi impressionata.
«Seguiva il Marchio di Atena» rispose Percy mentre faceva calare una scaletta di emergenza.
E così zia Atena ci aveva riprovato un'altra volta?
Mi guardai intorno, dove Romani e Greci cooperavano per una missione in comune.
Forse questa volta non aveva sbagliato.
L'esplosione fece tremare tutto intorno a noi e aprì un buco enorme nel cemento.
Mi affacciai dal ponte per vedere meglio ma ero troppo in alto. Notavo solo una grande caverna, ora a cielo aperto, ricoperta di arazzi e ragnatele.
Il solo pensiero di tutti i ragni che ci dovevano essere lì sotto mi diede il voltastomaco.
Nel pavimento potevo vedere degli enormi buchi.
Ne fissai uno e mi formicolò la schiena. C'era qualcosa che non andava, me lo sentivo.
Quei pozzi erano strani.
Venni distratta da Percy che abbracciava una figura che, da dove mi trovavo io, era minuscola. Annabeth. Tirai un sospiro.
Nonostante tutto, ero sollevata che stesse bene.
Notai Nico dietro di loro che li guardava.
Mi si strinse il cuore. Conoscevo i suoi sentimenti, li avevo visti mentre lo curavo.
Mi avvicinai a Layla che sbuffava nervosa, andando in su e giù per il ponte e le accarezzai il collo.
Era stata un regalo di mio padre ed ora, un'offerta di riconciliazione. Salii in groppa e strinsi le redini che non toglieva mai.
Non le davano noia, mi aveva detto un giorno papà.
«Andiamo ad aiutare gli altri, bella»
Layla nitrì e alzò le zampe anteriori, furiosa. Per poco non venni disarcionata. Non voleva muoversi di lì.
«Che c'è?» le dissi cercando di calmarla accarezzandole il collo. «Va tutto bene»
Ma anche mentre lo dicevo, sapevo che non era così. Probabilmente avvertiva, come me, c'era qualcosa che non andava. Ma io dovevo raggiungere gli altri.
Smontai e le sorrisi. «Va bene, stai qui fifona. Ci si vede tra poco».
Mi incamminai verso la scaletta ma lei mi si parò davanti.
«Layla, stai esagerando, basta» aggrottai la fronte cercando di nascondere l'irritazione.
Per tutta risposta lei nitrì alterata.
Sbuffai scocciata, invocai i venti e mi sollevai dal ponte.
«L'hai voluto tu» le dissi.
Certo, litigare con un cavallo non era il massimo della sanità mentale, ma ormai avevo perso la ragione tempo fa.
Mentre scendevo verso terra, vidi Leo e Frank che stavano caricando nella nave un'enorme statua, l'Athena Partenone. Era alta quasi due mettermi e emanava un potere veramente grande.
La guardai per qualche secondo poi delle urla attirarono tutta la mia attenzione.
Nessuno sembrò udirle, poi capii che erano nella mia testa.
Ti supplico, non farlo! Resisti un altro po'!
Erano disperate, ma non sembravano rivolte a me.
Percy, no! Come puoi chiedermi questo? No! No! No! No..
La voce nella mia testa si affievolì. Trasalii riconoscendola.
Era quella di Nico.
Non mi feci domande e volai più velocemente nella sua direzione. Quando gli fui vicino capii le mie strane sensazioni e i brividi.
Quel pavimento fragile come una lastra di ghiaccio in fine inverno, tappezzato di faglie e buchi, c'era un viaggio di sola andata verso il Tartaro.
Mi fermai a fissare quei pozzi neri dai quali soffiava un'aria fredda sul mio viso, in preda al terrore. Poi notai Nico che si sbracciava sul bordo di uno di essi.
Corsi verso di lui e lo tirai indietro per la maglia, prima che potesse cascarci dentro. Lui continuava a fissare la lacerazione del pavimento e qualche istante dopo capii il perché.
Ricollegai la sua voce nella mia testa a ciò che stava facendo.
«Annabeth..Percy..» sussurrai sconvolta.
Prima ancora di poter riflette su ciò che avevo intenzione di fare mi tuffai in quel buco nero.
Nonostante il vento che mi sferzava il viso talmente forte da farmi male alle guance e farmi lacrimare, non volevo a chiudere gli occhi.
Aspettavo il momento in cui quel pozzo oscuro si aprisse e mostrasse l'inferno dove avevo abitato per così tanto tempo e che mi aveva fatto desiderare la morte.
Non vedevo nulla sotto di me, però. Era come essere ciechi. Il buio mi avvolgeva completamente e il vento fischiava nelle mie orecchie.
Poi qualcosa arrestò la mia caduta.
Gemetti per il dolore quando una mano strinse il mio polso.
Alzai lo sguardo ma non vidi nulla. Sentivo solo uno sbatter d'ali costante e poi un nitrito.
«Layla!» urlai, sorpresa.
La stretta sul mio polso aumentò. «Chiunque tu sia lasciami!» brontolai divincolandomi.
La cavalla sbuffò e iniziò a risalire velocemente.
La persona che la cavalcava mi issò sulla sua groppa senza liberare il mio polso.
«Ti ho detto lasciami! Percy e Annabeth..» urlai agitandomi, facendomi ancora più male.
«Sta zitta» ringhiò Nico.
In pochi secondi fummo di nuovo alla luce del giorno e Layla atterrò elegantemente sul ponte dell'Argo II che ora si stava muovendo, allontanandosi da Roma.
Mi guardai intorno e vidi i ragazzi che mi fissavano sbalorditi e un po' intimoriti.
Quando Nico smontò e si voltò verso di me capii perché sembravano tutti così agitato.
Il suo sguardo era tagliente come una lama, accecato da una rabbia folle. Persino Layla fece qualche passo indietro.
Sfoderò la sua spada nera e me la puntò davanti al naso ad una velocità impressionante.
«Cosa pensavi di fare?»

La Figlia Dell' Olimpo- La Rinnegata [Percy Jackson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora