22- Nico

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Credevo che quella giornata non potesse andare peggio.
Ovviamente, mi sbagliavo.

Durante il tragitto di ritorno alla nave, dopo l'incontro con Cupido, adocchiavo ogni ombra della città desiderando di poterci viaggiare attraverso e tornarmene nel palazzo di mio padre. Avevo sempre odiato quel posto, con mio padre che non faceva altro che paragonarmi a Bianca e la mia matrigna che si divertiva tutti i giorni a trasformarmi in un bouquet di fiori. Ma quel giorno era talmente a disagio che avrei dato di tutto per sparire dalla faccia della terra. Avevo esposto il mio più grande segreto a Jason, che non ne sembrava turbato, ma ora mi sentivo come se stessi camminando nudo in mezzo alla città. E lo scettro, legato alla mia cintura, mi sembrava più pesante che mai.
Il figlio di Giove non fiatò per tutto il ritorno e ne fui grato. L'ultima cosa che volevo fare era parlare con lui.

Quando salimmo sulla nave e salpammo, in riunione ci limitammo a raccontare che avevamo trovato lo scettro vicino alla dimora di Diocleziano.
«Niente trappole, niente mostri, ne dèi irritanti » assicurò Jason. E gli altri sembrarono crederci. Anche perché avevano tutti un'aria molto distratta. Lanciavano occhiate ad Aliissa che giocava nervosamente con un bottone della sua camicia. Sentii il cuore sobbalzare al ricordo di quella mattina. Quando ero entrato nella cabina e l'avevo vista mi era sembrata diversa. Più bella e attraente. Ero persino arrivato a desiderare di baciarla. Mi ero pure avvicinato a lei. Dèi, che stupido! Io non potevo sognare queste cose. Non con lei. E me ne ero accorto in tempo. Sapevo che lei provava qualcosa per me, ma io non potevo permetterlo. Non doveva struggersi per me. Io non ero assolutamente quello adatto a lei. Ero solo un figlio di Ade e lei, beh, la Figlia dell'Olimpo.

«Nico»
Un paio di dita schioccarono davanti ai miei occhi. «Argo 2 chiama Di Angelo»
Aliissa mi stava scuotendo la mano davanti agli occhi. Mi accigliai e la guardai. «Che c'è?»
«Ti parlo e tu manco mi ascolti. Almeno fai finta, sarebbe più educato» cercava di avere un'espressione alterata ma si vedeva l'accenno del suo sorriso divertito.
«Scusa, stavo pensando. Cosa dicevi?»
Mi fissò dritto negli occhi e vidi qualcosa passarle in quelle iridi turchesi, che riflettevano i colori del mare. Una scintilla di dolore e preoccupazione.
«Ho incontrato Cupido.»
Mi si strozzò il fiato in gola.
«E poi Zefiro è venuto a trovarmi»
Boom. Colpito e affondato. Cosa le avevano detto?
«Cosa ti hanno detto?» accorse Jason in mio aiuto, visto che io non ero più capace di formulare una frase articolata.
«Cupido.. mi ha fatto una domanda. Mi ha detto ''Fino dove arriveresti in nome dell'amore?'' Poi non mi ha dato il tempo di rispondere perché è dovuto andare via. Ma ha detto che ci saremo rincontrati»
Lanciai uno sguardo veloce a Jason e lui fece lo stesso. Dopo aver parlato con lei era venuto da noi.
«E quale sarebbe stata la tua risposta?» domandai sospettandola.
Lei mi guardò seccata e incrociò le braccia sotto il petto. «Che razza di domanda è?»
«È una domanda di curiosità » risposi in mia difesa.
«E tu dove arriveresti in nome dell'amore, eh?»
I suoi occhi brillarono di sfida ed i mi ammutolii. La fissai come a dire "non aggiungere altro" e lei scrollò le spalle. «Certe domande non vanno fatte. Specialmente se stai parlando con una persona che dovresti conoscere bene» sputò marcando ogni parola, come se fossi un bambino che non capiva.
«Eppure un dio te l'ha posta » ribadii. Vidi i ragazzi spostare lo sguardo da me a lei. Perché quando eravamo con gli altri litigavamo sempre?
«Quel dio non mi conosce bene. E non ho mai detto che ha fatto bene a pormela»
«È Cupido. Conosce il tuo cuore come le sue tasche»
Mi salirono i conati di vomito a ripensare alla mia esperienza di quella mattina ma nascosi il fastidio.
A quel punto Aliissa abbassò gli occhi e si morse un labbro, come per impedirsi di parlare. Ma sentii i suoi pensieri forti e chiari come se fossero i miei. "Come è possibile che qualcuno conosca i tuoi sentimenti quando neanche tu li conosci?"
"È un dio, lui sa tutto. E poi, nessuno conosce veramente a fondo tutte le emozioni che attraversano il proprio cuore" risposi. Lei alzò lo sguardo su di me. "Oppure si conoscono ma non si ammettono"
Strinsi i pugni e sentii il mio cuore iniziare a galoppare insieme all'impellente bisogno di cambiare discorso.
«Non la mia vita» dissi infine.
Tutti si voltarono verso di me e Aliissa aggrottò la fronte. «Cosa?»
«Non darei mai la mia vita per amore. Non sono un pazzo suicida. La morte non è la risposta giusta per me»
Aliissa trasalì e guardò Hazel. Le fissai incuriosito. Cosa avevo detto di male?
«È la stessa cosa che ha detto Zefiro ad Aliissa» disse mia sorella scrutandomi.
«Ha usato le tue stesse parole. "La morte non è la risposta giusta. Spero che tu lo comprenda in tempo"» continuò Aliissa.
Ora toccava a me trasalire. «"Spero che tu lo comprenda in tempo"?» lanciai un'occhiata di fuoco ad Aliissa. «Cosa significa?»
«Non lo so» balbettò lei, evitando di guardarmi. «Non so nemmeno a quale risposta si riferisse Zefiro. Credo.. che non stesse parlando della domanda si Cupido, però. Troppo facile. Gli dèi non dicono mai cose chiare»
«Ha ragione. Troppo semplice.» disse Frank. «Hai in mente altre domande che ti hanno posto in passato e che c'entrano con tutto questo?»
Aliissa scosse la testa. «Potrebbe essere anche la risposta a una domanda futura. Dopotutto Cupido dovrebbe tornare a trovarmi »
Feci una smorfia di disgusto. Non ero proprio in estasi nel sapere che avrei rivisto quell'irritante dio.
«Aspetta.» un pensiero mi balenò in testa «se Cupido compare di persona a qualcuno significa che.. »
«Sì, lo so. Speriamo in bene » Aliissa fece un triste sforzo di sorridere.
E a quel punto la giornata peggiorò.

La chiglia della nave andò a sbattere contro qualcosa che fece tremare tutto. O meglio, qualcosa aveva sbattuto contro la chiglia della nave facendoci rotolare tutti a terra. Salimmo sul ponte con Leo che imprecava in spagnolo.
Quando alzammo gli occhi sul mostro che aveva bloccato la nave, otto teste ci guardarono di rimando sibilando. Mi sentii mancare. Mancava un'idra a rendere la mia giornata da record tra "le giornate più brutte di Nico Di Angelo".
«Qualcuno si ricorda come si uccide un'idra?» urlò Piper.
«Le idre sanno nuotare?» chiese Aliissa.
La guardai. «Che razza di domanda è?» «Era solo una domanda di curiosità » rispose ripetendo le mie parole.
«Non sei simpatica»
«E tu non sei la prima cosa che mangerei se fossi un'idra. Ma mi sa che questo mostro non la pensi come me» rispose tirando fuori l'arco.
«Cosa?» ebbi appena il tempo di realizzare la cosa, che vidi l'Idra che allungava una delle sue teste verso di me. «Per tutti gli Dèi» urlai e menai un fendente con la spada mozzandole la testa.
Pessimo errore. Ora c'erano due teste di idra che volevano farmi fuori, più furiose che mai.
«Nico! Brucia il suo collo dopo aver tagliato le teste!» mi urlò Aliissa mentre evocava una palla di fuoco dalla mano.
Evitai i denti di una delle teste. «Me lo presti te l'accendino?»
Scoppiò a ridere. E perse la concentrazione. La palla di fuoco si estinse prima che toccasse il collo che aveva attaccato.
Dopo pochi attimi si ritrovò davanti un collo con ben quattro teste, con le bocche aperte, pronte a spruzzare il loro acido. Aliissa rimase pietrificata a fissare il mostro in preda alla paura.
Leo spuntò dietro di me in quel momento. «Potresti tagliargli le teste? Poi ci pensa il super macho Leo!»
Non ci pensai nemmeno. Tagliai di netto il collo delle teste che mi stavano attaccando e corsi da Aliissa, senza curarmi di ciò che faceva Valdez. «Aliissa spostati da lì!» le urlai. Sembrò tornare in se appena in tempo, ma quando una testa sputò acido contro di lei, mutò il suo arco in uno scudo e lo protese davanti a se.
Solo che non andò come aveva sperato.
L'acido iniziò a corrodere lo scudo. Corsi da lei e la strattonai cercando di allontanarla il più possibile da quel mostro. «Vieni! Al resto delle teste ci pensano gli altri!»
Lei non mi rispose ne mi guardò. Fissava lo scudo di Diamanti dello Stige che si corrodeva lentamente.
Cercai di portarla via, ma non fui abbastanza veloce. Una testa dell'idra, una delle due che erano rimaste notai, ci diede una botta e volammo dall'altra parte della nave. Mentre atterravamo dolorosamente, sentii qualcosa sfregare contro le assi di legno. Mi voltai e vidi lo scudo di Alissa che si rimpiccioliva sempre si più sotto l'effetto dell'acido, strisciare sul ponte, per poi superare la ringhiera e cadere in acqua.
Per un secondo tutto tacque. I ragazzi fissarono l'acqua dove era sparito lo scudo e il mostro si fermò anche lui.
Poi un urlo ruppe quella quiete. L'Idra sibilò forte e si ritirò in acqua il più velocemente possibile.
«No..» Aliissa si alzò lentamente senza staccare gli occhi dal punto dove era caduto il suo ciondolo. Mi alzai anche io e le presi il polso, ma lo lasciai subito. Scottava.
«Alissa..» provai a chiamarla, ma i suoi occhi si scurirono all'istante.
«No!» nuvole di tempesta si addensarono sopra di noi e il mare iniziò ad agitarsi.
Un fulmine squarciò il cielo e Aliissa si precipitò alla ringhiera del ponte.
La presi prima che potesse buttarsi. La sua pelle bruciava come carbone ardente, ma in quel momento non me ne curai. Aliissa scalciava, urlava e piangeva in preda alla disperazione. «Lasciami!»
«Calmati Aliissa! Se continui ad agitare il mare così non la ritroveremo mai» le urlai.
A quel punto lei si voltò verso di me, gli occhi più scuri dell'abisso del Tartaro. «Ho meno di quarantacinque minuti di vita. Come posso stare calma? Mi serve quel ciondolo!»
Un altro tuono squarciò il cielo e la pioggia si riversò su di noi. Ma il mare si calmò e diventò piatto come uno specchio, bucato dalle gocce di pioggia.
Solo a quel punto mi accorsi del pericolo. La stavo per perdere. Avevo meno di quarantacinque minuti per poterla salvare. O per poterle dire addio. Una risata rieccheggiò nella mia mente. Un uomo che si divertiva alle spalle della mia disperazione. Cupido.
Tutto il mondo mi crollò addosso. Fissai Alissa. Forse la guardai veramente per la prima volta, lì, sotto una tempesta a luglio, in mezzo a un mare piatto. La guardai e capii. Anzi, accettai.
Le presi il viso tra le mani e poggiai la fronte sulla sua. Cosa imbarazzante, perché lei si dovette piegare. Ma non mi importava. Lei mi fissava con i suoi occhi scuri, ma ora vedevo che non erano più impenetrabili come prima. Ci vedevo la confusione e la paura.
Continuai a guardarla fino a che i suoi occhi non iniziarono a tornare turchesi. A quale punto sorrisi e la avvicinai più a me. Per la prima volta in vita mia, aprii il cuore alle mie emozioni. Per la prima volta le ammisi.
«Non puoi andartene » sussurrai «io ho bisogno di te»

La Figlia Dell' Olimpo- La Rinnegata [Percy Jackson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora