14-Nico [Revisionato]

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«Sei sicuro?»
« Sì, mi fido di te più di chiunque altro»
«Nico, ho paura. Come posso fare una cosa del genere solo con il potere di far spuntare diamanti maledetti dal terreno?»
Hazel aveva un tono disperato.
Eravamo nella sua cabina, prima di andare sul ponte a fare il nostro turno di guardia.
Le avevo appena finito di raccontare ciò che gli spiriti della Casa di Ade avevano detto a me. Solo mia sorella sarebbe riuscita a sconfiggere la maga che si trovava lì per ostacolarci.
L'abbracciai per rassicurarla. Odiavo i contatti fisici, ma con lei era diverso. Vedevo in lei Bianca e mi sentivo in dovere di trattarla come non avevo potuto fare con mia sorella perduta.
Tremava e aveva paura. La capivo.
Avevo paura anche io solo non potevo dirglielo.
Qualcuno bussò leggermente alla porta della camera. Una testa bionda si affacciò e sorrise a mia sorella.
«Hazel, scusa il disturbo, potresti darmi il cambio?»
«Certo Aliissa, nessun problema. Meglio che vai a riposare.»
Aliissa aveva la maglietta a brandelli come se si fosse data fuoco più volte e nuove cicatrici sul petto e sulla pancia.
Una morsa strana mi strinse lo stomaco.
Quello che non avevo detto ad Hazel era che gli spiriti avevano parlato anche di Aliissa. E ovviamente, non avevano detto nulla di buono.
«Dici a tuo fratello di stare attento. Non vorrei che qualche venticello avverso o qualche mostro lo buttassero di sotto dalla nave» fece il suo sorriso storto godendo della scena che si era figurata.
«Tranquilla. Per farti uno spregio ho intenzione di restare vivo un altro po'» le ringhiai incamminandomi fuori dalla cabina.
Era incredibile come quella ragazza potesse farmi innervosire così facilmente.
Aliissa mi fissò e strinse le labbra. Se ne avesse avuto la possibilità, mi avrebbe fulminato.
Le passai accanto scontrandomi con la sua spalla, dalla quale partì una scarica di elettricità che mi attraversò tutto il braccio.
Feci un salto indietro e mi allontanai da lei.
«Bene» sorrise, trionfante davanti al mio sguardo truce e se ne andò.
Come avevo detto, aveva avuto la possibilità di fulminarmi e l'aveva fatto.
Hazel spostò lo sguardo da lei a me e scosse la testa, ma non disse nulla.
«Siete dei bambini» mi aveva brontolato qualche ora prima riferendosi a me e Aliissa, dal momento che non ci parlavamo da quando l'avevo tirata fuori da quell'orribile pozzo nero.
Non ero un bambino. Hazel non capiva che l'azione di Aliissa mi aveva ferito e mi ero arrabbiato con lei per quello. Nemmeno Aliissa l'aveva capito e si era arrabbiata con me perché l'avevo fermata. Ci eravamo detti cose orribili.
Del tipo "Se Percy e Annabeth muoiono ritieni tua la colpa" oppure "La prossima volta che sei in catene puoi stare tranquilla che non sarò io a salvarti".
Andammo sul ponte ed io mi sistemai sull'albero di trinchetto, pronto ad avvistare qualunque mostro nei paraggi.
Notai tristemente che dopo due giorni eravamo ancora molto vicini a Roma e molto lontani da Epiro.
Gli spiriti della montagna non volevano farci oltrepassare gli Appennini e quindi ci toccava girare in tondo cercando un via di fuga. I figli di Gea a volte erano veramente stressanti. Nessuno escluso.
Ad un certo punto, vidi qualcosa di scuro avvicinarsi ad una velocità impressionante alla nave.
«Tutta a sinistra!» urlai.
Leo girò la nave e la palla di roccia volò a pochi centimetri da mia sorella, che si era affacciata dalla balaustra. In quell'attimo mi mancò un battito cardiaco ma stava bene quindi non dovevo curarmene. Dovevo pensare invece alla palla di roccia che stava venendo verso di me.
Finii trascinato giù dall'albero di trinchetto che si schiantò sul ponte ed io insieme a lui.
Mi si infilarono nel braccio delle schegge ma non mi ero fatto niente di grave.
Mi rialzai in piedi ancora un po' disorientato. Hazel accorse al mio fianco ma la rassicurai.
«Stupide divinità di sassi!» urlò Leo dal timone.
Aveva i vestiti coperti di grasso e ancora più sciupati di Aliissa.
Non dormiva da quando avevamo lasciato Roma. Si sentiva in colpa per quello che era successo lì. Come me. Come tutti.
«È la terza asta che cambio!» sbraitò. «Credete che crescano sugli alberi?»
Lo guardai accigliato. A volte era davvero strano quel ragazzo. «Le aste sono alberi» gli feci notare.
Lui mi guardò e aggrottò la fronte come se ci fosse arrivato solo in quel momento. «Vabbè fa lo stesso» scrollò le spalle e fece qualche commento poco lusinghiero sulle divinità delle montagne.
«Cosa possiamo fare? Dobbiamo raggiungere la Casa di Ade il prima possibile» disse mia sorella. «Non possiamo continuare a girare in tondo»
«Aliissa aveva pensato di creare uno scudo di Foschia che ci nasconderebbe dai figli di Gea cosi possiamo passare tra gli Appennini. Ma temo che non ce la faccia a resistere per tutto quel tempo. Dopotutto deve nascondere persino l'odore di nove semidei, il potere del bronzo celeste e la magia irradiata dalla statua»
«Quella ragazza è una suicida.» sbottai in tono brusco.
«Darebbe la vita per salvarci. È altruista» disse Hazel cercando di essere il più dolce possibile. Sapeva che quell'argomento mi irritava.
«È un'altruista suicida, va bene?» le lanciai un'occhiataccia.
Lei si accigliò ma non commentò il mio tono acido. «Dovremmo trovare un'altra strada» disse infine.
Leo fece apparire una mappa olografica dell'Italia fisica dalla sua nuova sfera di Archimede.
Io ritenevo quella cosa un ordigno pronto a esplodere da un momento all'altro, ma Leo la trattava come se fosse il suo più grande tesoro.
Fissammo gli Appennini che correvano da un capo all'altro del paese. Non c'erano modi di aggirare la catena montuosa.
Iniziò a prendermi lo sconforto.
Come potevo salvare Percy se non sapevamo nemmeno come arrivare a lui?
Rabbrividii ripensando alla promessa che gli avevo fatto. Ero stato uno stupido.
Hazel gridò e si affacciò nuovamente dal ponte.
Seguii il suo sguardo e vidi una cosa marrone che correva tra i campi seguendo la nave.
«Arion» disse con sollievo sprizzando gioia da tutti i pori.
La guardai confuso. «Cosa?»
«Il suo cavallo!» gridò di felicità Leo. «Ti sei perso tutta la storia amico! Non lo vediamo dal Kansas!»
Guardai i loro volti sorridendo e scrollai le spalle decidendo di non chiedere nulla. Almeno non era un altro pericolo.
Hazel decise di scendere a vedere cosa voleva il suo cavallo, anche se ero riluttante all'idea che ci andasse da sola.
Quando fu a terra abbracciò l'animale e gli salì in groppa. Poi partirono al galoppo verso una coltre di nebbia troppo spessa per essere normale ed io la guardai allontanarsi impotente, pregando mio padre che tornasse indietro indenne.

La Figlia Dell' Olimpo- La Rinnegata [Percy Jackson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora