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JACQUELINE

Sono sulle scale per il secondo piano.

"Vieni qua piccola troietta"
"Mi lasci andare, per favore", lacrime di panico scorrono sul mio viso.
"Tu. Tu mi hai provocato, adesso mi soddisferai", Mr Brad è fuori di sé.
"Non capisco di cosa sta parlando", mi allontano retrocedendo fino alla porta chiusa, con l'idea di fuggire.
Mr Brad è più veloce. Mi raggiunge. Mi afferra i capelli e mi incolla la guancia destra contro il muro di fianco la porta.
"Allora ascoltami. Ascoltami bene - serra il pugno con i miei capelli,  facendomi gemere per il dolore - oh, piccola. Facciamo un patto, tu mi soddisfi e io terrò la bocca chiusa", il suo fiato mi procura la nausea, sa di tabacco e qualcosa di liquoroso. Non capisco come una persona così squallida possa essere un professore.

"Signorina Jenkins? - una voce densa e profonda mi arriva alle orecchie ovattata - signorina Jenkins?", mi riprendo dal mio stato di trans e mi accorgo che sono arrivata davanti l'aula dei professori, e che il professor Roberts è proprio lì, davanti a me, con sguardo corrucciato e incuriosito allo stesso tempo.
"Buongiorno professore", cerco di far finta di niente, ma lui non è della stessa idea. Sembra che riesca a leggermi dentro.
"Tutto bene, Jacqueline?", si avvicina a me, e abbassa la voce quando pronuncia il mio nome. Non so per quale assurdo motivo, ma mi ispira fiducia. Vorrei raccontagli tutto quello che mi è successo; che le voci su di me non dicono la verità.
"Sì, Mr Roberts. Sto bene. Sono solo stanca per tutti gli esercizi che ho fatto", mi accorgo che ho la voce un po' tremante, quindi opto per assumere un'espressione severa per contrasto.
Che poi, la mia risposta non era poi così sbagliata. Ho fatto tutto il giorno la dozzina di esercizi in più che mi aveva fatto avere con Matt. Ho dovuto anche ripassare Letteratura perché sarei mancata per una settimana da scuola e devo portarmi avanti alcune interrogazioni.
"Sei sicura?", sta iniziando a scocciarmi questo qua, ma chi si crede di essere. Voi professori siete tutti uguali.
"Sì, le ho detto. Tenga i compiti che mi ha chiesto. Devo andare a lezione", gli porgo i fogli scritti con scrittura ordinata e giro i tacchi, ma qualcosa mi impedisce di continuare a camminare verso la mia aula.
Una grande mano calda, morbida ma leggermente callosa mi tiene per il polso. Ha una presa salda, ma non mi fa male. Una scossa elettrica mi colpisce a partire dal nostro punto di contatto.
Puttana.
Mi libero della sua presa sulla mia mano.
"Non mi tocchi!", la mia voce è stridula. La mia faccia schifata deve aver ferito i suoi sentimenti, ovviamente innocenti. Gli angoli delle sue labbra puntano leggermente verso il basso. Gli occhi si aprono un po' di più. Ha un bellissimo viso. I suoi occhioni azzurri sono diventati più scuri. Le sue guance si sono colorate di un bel rosso acceso.
La sua mano resta a mezz'aria per un paio di secondi per poi precipitare fino al suo fianco.
"Scusa - balbetta per l'imbarazzo. Non ho mai visto un professore così emotivo - scusa Jacqueline non volevo...", lo guardo ancora più schifata e scappo verso la mia aula, mentre la frase del professore si perde nell'aria.

La giornata è andata di merda.
Ho fatto due interrogazioni con la testa da un'altra parte.
Quei grandi occhi azzurri feriti e tristi mi comparivano davanti agli occhi come un'istantanea. Mi sento in colpa per come l'ho trattato. Era evidente che non avesse cattive intenzioni, ma volevo evitare spiacevoli equivoci. Sono stanca delle chiacchiere false su di me, non voglio alimentarle. Potrebbe essere peggio per lui. Verrebbe licenziato ed è così giovane, non voglio rovinargli la vita.

All'uscita di scuola, i nostri sguardi si erano incrociati per un istante. Sono stata io la prima a distogliere lo sguardo. Tutto questo deve finire. Adesso.
"Matt!", il mio migliore amico mi aspetta davanti al cancello della scuola, con la sua macchina nuova di zecca, comprata dal padre per il suo compleanno. Oggi non era venuto a scuola. Non so niente di letteratura, domani sto a casa, così recitava il suo messaggio delle 23:32 del giorno prima. Mi aveva però promesso che mi avrebbe dato un passaggio fino a casa, come fa sempre da quando aveva, prima, un bruttissimo motorino giallo scrostato, poi la bellissima caffettiera e adesso con una bellissima berlina blu scuro metallizzato.

"Signorina Jenkins!", oh cazzo. No, non di nuovo. Mi volto solo per un instante giusto per assicurarmi che fosse proprio lui a urlare il mio nome. Mr Roberts mi stava chiamando, mentre con ampie falcate mi ha quasi raggiunta. Accelero. Non voglio parlargli. Lui non deve parlarmi.
"Matt, sbrigati", raggiungendo a passato svelto la portiera. Con altrettanta velocità mi tuffa sul sedile del passeggero.
"Ma che succede?", lo interrompo bruscamente, non c'era tempo per le spiegazioni.
"Parti, dannazione!", ingrana la marcia e parte. Dietro di noi solo lo stridio delle ruote che sovrastano il mio nome urlato dal giovane professore.

Tra i banchi di scuola - Althea PataniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora