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JACQUELINE

Quando mi accorgo di quello che ho appena fatto mi si ferma il cuore nel petto. Oh, cazzo. Che ho combinato?
Il professor Roberts, dopo un paio di istanti di silenzio e di solo contatto visivo, fa qualcosa che non mi sarei mai immaginata: scoppia in una fragorosa risata. Ride in modo strano. Ogni tanto la sua voce raggiunge un'ottava più alta, come se avesse un po' il singhiozzo, e il naso piccolo e all'insù si arriccia. Solo adesso, da questa distanza ravvicinata, noto che una grande costellazione di piccole e piccolissime lentiggini gli tingono il naso. Inizio a ridacchiare anche io. La sua risata è contagiosa.
Dopo un attimo smette di ridere. Gli rimangono gli occhi lucidi e le fossette sulle guance. Ha la barba incolta, sembra ancora più rossa con la luce del sole.
"Ehm - mi schiarisco la voce - mi scusi per prima", ma quanto sei scema, non farlo JJ.
Lui, inaspettatamente, prende la pallina di carta e me la rilancia, facendola rimbalzare sulla mia spalla, per poi atterrare sul pavimento.
"Adesso siamo pari", ride.
"No, non intendevo per quello - alza le sopracciglia - voglio dire, anche per quello. Principalmente, per stamattina - adesso ha un'espressione dolcemente confusa. Jacqueline smettila adesso - quando le ho consegnato i compiti, non volevo essere sgarbata e così acida", i suoi lineamenti segnati dalle rughe d'espressione confusa, si rilassano e lasciano sole solette le fossette sulle guance.
"Non ti preoccupare, colpa mia. Sono stato invadente. Un professore non dovrebbe essere così, così..." inizia a muovere le mani, come se volesse sostituire la parola mancante con un'altra, che in questo momento non gli sovviene.
"Invadente?", gli suggerisco con nonchalance, alzando un sopracciglio.
"Invadente, sì", alla fine non ha optato per una nuova parola. Ride di nuovo. Jacqueline non farlo!
"Mi accusano di esser andata a letto con un professore". Ecco, l'ho fatto.
La faccia del professor Roberts ha cambiato colore. Adesso è pallido. Le pupille sono più strette, gli occhi più sgranati. Ha la bocca aperta. La faccia di pietra. Sembra che qualcuno lo abbia messo in pausa, con il tasto play/pause del telecomando.
Ingoio a vuoto. Perché l'ho fatto? Che stupida.
Sento le lacrime salire agli occhi. Le guance prendere fuoco.
Mi manca l'aria.
Devo andare via da qui.
Dimenticarmi di tutto questo.
Recupero velocemente le mie cose, gettando un ultimo e fugace sguardo al bellissimo uomo dagli occhi profondi seduto di fronte a me. È ancora congelato.
Mi alzo e mi avvio alla porta. Per la seconda nella giornata di oggi, una grande mano calda mi blocca per il polso.


LUCAS

Mi accusano di essere andata a letto con un professore.
Ero rimasto pietrificato, fino a quando non ho realizzato. Lei sta andando via. Lucas stai lì dove sei seduto.
Mi alzo, e per la seconda volta nella giornata la afferro giusto in tempo dal polso, fermandola. Si gira a guardarmi. Ho paura che l'espressione disgustata di questa mattina possa di nuovo manifestarsi. Ma questo non accade. Si volta e mi guarda. Ha gli occhi lucidi.
Cosa stai per fare, Lucas?
Non ci penso due volte. La attiro a me e la avvolgo in un abbraccio. Dapprima, il suo corpo è rigido. Poggia le mani sul petto e prova a spingermi via, ma quasi subito cede e il suo corpo inizia a venir scosso dai singhiozzi, mentre le sue braccia mi avvolgono il busto, sotto la giacca, e le sue piccole mani stringono la maglietta di cotone in due pugni.

"Quando qualcuno è triste e tu non sai cosa dire, fermati dal fare quello che stai facendo e fagli capire che tu ci sei: abbraccialo."

Adesso, che il suo corpo è premuto contro il mio, mi accorgo che per essere una ragazza non è tanto bassa. La sua testa combacia con il mio mento. Riesco a sentire il suo dolce odore di vaniglia e mischiato a quello speziato della liquirizia.
In questo momento, non mi ricordo che sono un professore. Sono un ragazzo di soli ventiquattro anni che ha tra le braccia una bellissima ragazza dai capelli di rame e gli occhi di smeraldo.
Ritorno in me, quando Jacqueline si muove tra le mie braccia, allontanandosi giusto quel poco per le serve per incatenare i suoi occhi nei miei.
Sembra così piccola e indifesa tra le mie braccia. Lucas riprenditi.
"Ehm - ci schiarisce la voce e tira su col naso - mi scusi, non volevo...", scioglie l'abbraccio.
"È tutto okay, aspetta - vado verso la mia cartella e recupero un fazzoletto di stoffa giallo pallido con un girasole e delle iniziali ricamati in un angolo e glielo porgo - tieni", corruga la fronte e poi alza un sopracciglio.
"Ma chi è che va in giro con i fazzoletti di stoffa, professor Roberts?", mi chiede sarcastica.
"Io, ovviamente!", rispondo con fare fiero, lei ridacchia. Cattura le ultime lacrime con il fazzoletto e me lo porge. Se lo riprende quando nota che ci ha lasciato delle strisce nere di trucco.
"Oh, mi scusi. Glielo lavo e glielo riporto"
"Non preoccuparti. Puoi tenerlo", le sorrido. È più rilassata adesso.
"Grazie...", sussurra a bassa voce.

Tra i banchi di scuola - Althea PataniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora