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JACQUELINE

"JJ, aspettami. - sento Matt chiamarmi alle spalle, ma non mi fermo, continuo a camminare innervosita, pestando i piedi - Jacqueline vuoi fermarti per favore", in realtà, data l'ampiezza delle sue falcate direttamente proporzionale alla sua altezza, molto probabilmente mi si è già affiancato.
"Jacqueline... per favore, rallenta almeno. Rischio di avere un infarto", decido di rallentare, anche se di poco.
"Fiù, grazie tante - prende quanto più aria possibile per far scomparire il fiatone - perchè sei scappata in quel modo?", gli lancio un'occhiata di fuoco.
"E me lo chiedi pure?"
"Eh, sì. Te lo sto chiedendo. Non stava facendo niente di male", alza le spalle.
"Anche Brad non faceva niente di male. E guarda in che casino mi ha lasciato", indico con le braccia aperte l'androne della scuola, dove tutti, o quasi, al vedermi passare, ridacchiano.
"Ma non sono tutti come Brad, magari lui era davvero interessato a sapere cosa era successo. Di là", si interrompe solo alla fine per spingermi verso il parcheggio della scuola, dove Matt ha lasciato la sua macchina.
"Ma hai intensione di cambiarla quando avrai solo il cambio e le ruote al posto della macchina?", ha come auto, letteralmente, una caffettiera. L'ha acquistata usata. Sembrava in ottimo stato, ma poi ha iniziato a fare cilecca. Avrà fatto solo un paio di incidenti e neanche tanto disastrosi, ma le condizioni dell'auto sembrano dire tutt'altro: lo sportello del passeggero non si apre con la sicura automatica, qualcuno deve prima sedersi al lato di guida e poi spingere forte lo sportello, mentre l'altro deve tirarlo, in tempi molto coordinati, altrimenti non si apre. I sedili sono così sottili che sembra di star seduti sull'asfalto. Fa un rumore terribile quando si mette in moto. Quando si mette in moto. Inoltre, il rosso vivo della carrozzeria è diventato quasi un rosa sbiadito, mentre in alcune parti è andata completamente via la vernice lasciando lasciando macchie rossastre di ruggine.
"Forse i miei me ne regalato una nuova per il compleanno", mi informa mentre fruga nelle tasche della giacca verde miliare, alla ricerca delle chiavi. Puntualmente, non le trova. La cosa buffa è che sono appese ad un portachiavi a forma di banana dalle dimensioni imbarazzanti.
"Hai fatto gli occhi dolci a mamma?", imito i suoi potenziali occhi dolci, aggiungendo un tenero labbruccio. Ha questo strano potere su sua madre: riesce a convincerla a fare tutto e a dargli ciò che vuole.
"No - mi fa una linguaccia - a papà", ridiamo entrambi. L'apertura del suo sportello è accompagnata, come di norma, dal cigolio fastidioso delle cerniere.
Passiamo il viaggio in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri.
"Allora, hai già scelto cosa mettere per la festa?", mi chiede Matt con appena siamo arrivati sotto casa mia. Slaccio la cintura di sicurezza e metto lo zaino sulle ginocchia.
"Forse", ci guardiamo e entrambi, nello stesso esatto momento, facciamo su e giù con le sopracciglia, scoppiando a ridere subito dopo.
"Ci vediamo domani! Grazie per il passaggio, come sempre", gli lascio un bacio sulla guancia e esco dalla macchina.
Come d'abitudine, Matt aspetta sul vialetto con il finestrino abbassato e il braccio penzoloni, fino a quando non sono al sicuro dentro casa. Trovo le chiavi e finalmente sono dentro. Saluto l'ultima volta con la mano il mio migliore amico e chiudo la porta dietro di me.

"Bentornata, Jacquie!", sento mia mamma urlare dalla cucina.
"Ciao, mamma!", la saluto, togliendomi le scarpe all'entrata.
"Com'è andata oggi a scuola?", fa capolino dalla cucina nell'ampio soggiorno. Solita domanda.
"Tutto bene", solita risposta. "Abbiamo un nuovo professore di matematica"
"Uh, davvero? - annuisco - così, a metà anno? Come mai?"
"Non ne ho idea. Forse, sostituisce momentaneamente la nostra"
"E come ti è sembrato?", ci avviamo insieme verso la cucina. Muoio di fame.
"Un tipo okay. Sembra molto giovane, in realtà. Sarà un paio di anni di più grande di noi"
"È bello?", mi chiede all'improvviso.
"Mamma! Ma che domande sono?", sì, che è bello, mamma. E anche tanto.
"Era così, per chiedere. Stai attenta, Jacquie", diventa seria quando pronuncia l'ultima parte. No, non si sta preoccupando per me, ma per lei. Quando si è diffusa la notizia di me e Brad, lei ha fatto di tutto per proteggere la sua immagine. Andava in giro dicendo che lei mi aveva educata bene e che non sapeva bene cosa fosse successo, e altre merdate del genere. Insomma, non ha creduto alla mia versione. Non è mai stata dalla mia parte. Questa è una cosa che non le perdonerò mai.
"Tranquilla, la tua immagine di mamma perfetta rimarrà intatta. Non preoccuparti", rimane a guardarmi senza respirare. Mi è passata la fame. Salgo al piano di sopra e mi tuffo sul letto. Afferro le auricolari che ho sul comodino, rischiando per un attimo di rotolare per terra, e le infilo nelle orecchie. Mi accorgo che ho dei messaggi e delle notifiche, non ho voglia di leggerli, clicco su cancella e scorrono via, eliminandosi. Decido di ascoltare qualcosa di rilassante, giusto per svuotare la mente. Mi rannicchio su me stessa e chiudo gli occhi. Senza accorgermene piombo in un sonno profondo.

Tra i banchi di scuola - Althea PataniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora