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LUCAS

Cazzo.
Che idiota.
Idiota.
Idiota.
Cosa potrà mai pensare un'alunna se il suo professore le mandasse un messaggio perchè non la vede da un paio di giorni a scuola?
Grrr, che stupido.
E adesso che faccio?
Ormai il danno è fatto Lucas.

Jacqueline: < Ciao. Ma chi sei? >

Chi sei? Dannazione e adesso che le dico?
Lucas ti stai comportando come un bambino.
Dio, fa silenzio.
Sto diventando pazzo.
Tu: < Sono Lucas >
Tu: < Sono Lucas Roberts, il tuo professore di Matematica >
Questa è la mia fine.
Preso dall'agitazione, sobbalzo quando il telefono inizia a squillare e per poco non mi cade dalle mani.
Jacqueline
Il nome della mia alunna lampeggia sullo schermo del mio cellulare. Mi sta chiamando.
Rispondo:
"Pronto?", mi alzo in piedi e inizio a fare camminare su e giù per la stanza.
"Salve professor Roberts - la sua voce metallica mi giunge lo stesso dolce e vellutata - scusi la domanda, come fa ad avere il mio numero?", sento le guance incendiarsi. Mi sorprende che mi abbia chiamato, ma anche che sia decisamente troppo tranquilla.
"Oh, ehm - mi schiarisco la voce - l'ho chiesto al tuo amico Stewart. In realtà, non gli ho proprio chiesto il tuo numero. Gli ho chiesto come potevo contattarti e lui mi ha dato il tuo numero. Scusa se sono stato invadente", perché a parlare con lei mi sento così dannatamente a mio agio?
Sento un piccolo sbuffo, a mo' di risata da parte sua.
"Comunque, sto bene", mi risponde, sempre tranquilla. Di sottofondo sento un leggero fruscio, come se si fosse seduta su qualcosa di vaporoso.
"Va bene. Sai, non ti ho visto per quasi tutta la settimana e mi sono preoccupato", credo di star scavando un fosso a furia di camminare in tondo.
"Sa che sta violando una delle regole più importanti?"
"Quali regole?", di che diavolo sta parlando?
"Alunna-professore", risponde e li capisco che si riferisce a quello che stiamo facendo. Uno strano pensiero mi balena nella testa.
"È per questo che ti accusano?", le chiedo senza riflettere.
Cala il silenzio tra di noi. Sto per scusarmi ma Jacqueline inizia a parlare.
"No, non mi accusano per questo", sospira.
"Ti va di parlarne?", sento ancora il cuore battere forte, ma smetto di camminare e mi siedo sul letto a gambe incrociate con la schiena contro il muro.
"Lui sosteneva lo avessi provocato. Mi ha portato con sé in un'aula e mi ha chiusa dentro con lui. Le è chiaro cosa volesse fare. Io l'ho rifiutato e sono riuscita a scappare. Lui ha sparso la voce che gli avessi fatto delle avance perché pensava l'avessi raccontato in giro. Ci sono andata in mezzo...", smette di parlare. Ha il respiro pesante, la sento tirare su col naso.
"Mi dispiace, io...", mi interrompe.
"Senta, lei è giovane. Non è neanche tanto male come professore"
"Uh, grazie", rispondo sarcastico, fingendomi offeso. La sento ridacchiare.
"Le conviene cancellare il numero - diventa tragicamente seria, la sua voce assume un tono basso - non mi chiami un'altra volta e non mi rivolga la parola. Se si venisse a sapere le rovinerebbero la vita, si fidi".
"Ti stai preoccupando per me?", chiedo con un filo di voce. Ho una voragine nel petto.
"Le sto evitando una sicura carriera distrutta. Si fidi di me. Chiudiamola qua. La ringrazio di aver chiamato, è stato gentile. Ma deve finire qua. Io farò la mia parte, lei faccia la sua. Per favore. - non aspetta che io le risponda. Ha già deciso - arrivederci".
Chiamata terminata.

Tra i banchi di scuola - Althea PataniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora