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LUCAS

"Jacqueline, credevo..."
"Il fatto che io sia qui non vuol dire che io ti abbia perdonato", è appena entrata dalla porta con mia grandissima sorpresa. Dopo ieri non mi aspettavo di vederla di nuovo qui. Forse non è ancora tutto perduto. Ha già messo le cose in chiaro: non mi ha perdonato.
"Il tuo amico dottore, mi ha detto che devi camminare", si avvicina rapidamente a me.
"Lo so, l'ha detto anche a me. Primo giorno in cui posso camminare fuori dalla stanza", mi toglie il lenzuolo perfettamente bianco.
"Serve qualcuno che ti vesta. Chiamo l'infermiera, bacerai anche lei se te lo chiedesse?", me lo sentivo che prima o poi mi avrebbe lanciato una frecciatina. E infatti, eccola qua.
"Potrei baciare te, se solo me lo chiedessi", rispondo serio alla sua provazione.
"Tranquillo, non te lo chiederò", colpito e affondato.
Alla fine mi ha vestito un infermiere non tanto giovane, ma neanche tanto in là con l'età. Mi ha messo un pantalone della tuta nero e una maglietta grigio scuro. Ricordo che me li ha portati portati Line, il secondo giorno di visita.
Ho ancora una flebo legata al braccio. Jacqueline è affianco a me, è lei a spingere l'asta con la soluzione che arriva al mio braccio. Non ha detto una parola e abbiamo già fatto quattro volte il corridoio della corsia.
"Jacqueline?", la chiamo. Lei non mi rivolge neanche uno sguardo. Rimane impassibile.
"Che c'è?"
"Possiamo parlarne, per favore? Mi manchi", la imploro. Mi manca davvero. La sento lontana, troppo lontana.
"Non abbiamo niente da dirci. Hai fatto le tue scelte, ne stai pagando le conseguenze"
"Era solo un bacio – si volta con sguardo di fuoco mentre continua ad affiancarmi nella camminata – va bene, ma erano solo dei baci. Te l'ho detto non significano niente per me. perché tutta questa scenata esagerata?", questa volta si ferma. Questo non promette niente di buono.
"Esagerata, io?", alza il tono della voce, quasi ad urlare. Alcuni pazienti presenti nel corridoio si volta verso di noi.
"Sshh, abbassa la voce. Sì, esagerata"
"Devo ricordarti che per un messaggio mi hai quasi dato della troia? Devo ricordartelo o fai da solo?", colpito e affondato, per la seconda volta.
"Mi dispiace okay? Sono stato uno stronzo"
"Esatto e continui a comportarti così", riprende a camminare. "Cammina. Prossima settimana hai il colloquio di lavoro"
"Pensavo non volessi più che lo facessi", non risponde, continua a camminare.

"Per oggi può bastare", Benjamin interrompe la nostra camminata proprio davanti la porta della mia stanza. Non sento più le gambe e le costole fanno malissimo, sono stanchissimo, ma non volevo che finisse. Volevo camminare ancora fianco a fianco a Jacqueline e pensare che, tra noi, sia tutto a posto.
"Fatti aiutare dal tuo amico dottore a tornare in camera, io devo andare", afferra la borsa che aveva appoggiato all'ingresso della mia stanza e se la butta sulla spalla.
"Ciao", dice soltanto e inizia ad allontanarsi.
"Jacqueline! – la richiamo, lei si volta. Ha la faccia seria e la fronte aggrottata – mi baci, per favore?", mi trovo a supplicarla per avere un bacio. Ne ho bisogno in questo momento, molto più dell'aria. Lei torna indietro, si avvicina alle mie labbra.
"No", sussurra ad un millimetro dalla mia bocca. Sospiro sconsolato. Me la farà pagare ancora per un bel po', me lo sento.

"Buongiorno", entra allegra Jacqueline nella mia stanza. Si preoccupa quando non riceva nessuna risposta. Sono disteso sul letto, bloccato da una fitta la petto. Mi manca Jacqueline. Mi manca baciarla. Mi manca sentirla vicina. Anche se è accanto a me, lo sento che è lontana chilometri. La cosa peggiore è che non so come farmi perdonare.
"Lucas? Lucas, tutto bene? Dai, alzati. Devi camminare"
"No", rispondo secco. Ho lo sguardo fisso sulla finestra.
"Perché no?", la vedo mentre mette il broncio e posa le mani suoi fianchi.
"Non ho voglia di camminare oggi", mi sento a terra e la distanza tra me e lei non aiuta.
"Oh, questo non è un problema mio. Tirati su che non ho tutto il giorno", mi toglie la coperta, ma io la ritiro su.
"Ti ho detto che non voglio", insisto
"Lucas ti stai comportando come un bambino. Piantala", protesta Line. A interromperci ci pensa una voce femminile.
"Lucas", non fosse mai successo. Due tizzoni incandescenti di rabbia si accendono negli occhi di Jacqueline. Maëlie è proprio lì, sull'uscio.
"Uh, adesso siamo al completo. Allora, quanti baci hai chiesto che Lucas ti ha gentilmente dato?", ho come l'impressione che la prossima guerra mondiale nascerà proprio nella mia stanza di ospedale.
"Io... io non capisco...", finge di non sapere.
"Lucas, hai sentito? Non capisce, puoi spiegarlo tu a lei?"
"Maëlie, Jacqueline sa tutto"
"Ah – lo sguardo di Maëlie cambia, passa da un finto confuso a soddisfatto – pensavo lo avresti lasciato, così lui saprebbe tornato da me", ecco la vendetta.
"Se vuole tornare da te, basta che me lo dice", sposta lo sguardo su di me. Ha uno sguardo truce che dice se sbagli a pronunciare anche una sola parola, sei morto.
"Lucas, tu vuoi stare con me. Lo so. Io me lo ricordo che mentre facevamo l'amore tenevi gli occhi aperti. Per guardarmi mentre diventavo tua. L'ho notato sai"
"Mi aiuti a tirarmi su a sedere? - chiedo a Jacqueline che prontamente mi da una mano per poi rimettersi a distanza, lasciandomi al freddo dell'assenza del suo contatto – io non tenevo gli occhi aperti per te"
"Cosa?", chiede Maëlie, leggermente sconvolta, sottovoce.
"Non chiudevo gli occhi perché nella mia testa c'era sempre e solo lei – punto gli occhi su Jacqueline, che mi scruta attenta, mi analizza come una macchina della verità – se avessi chiuso gli occhi avrei immaginato Jacqueline sotto di me. E io non voleva immaginarla e scopare te. Io volevo avere lei sotto di me. Lei non merita di essere immaginata al posto di qualcun'altra. Lei esige di essere vissuta e amata. Mi dispiace, ma io amo lei", concludo il mio discorso. Guardo Jacqueline: ha la bocca semi aperta e gli occhi che brillano. Si avvicina piano a me. sento il suo profumo di liquirizia pervadere i miei sensi. Siamo persi l'uno negli occhi dell'altra. Siamo nel nostro mondo
"Che cosa?!", sobbalziamo a sentire la voce di Maëlie.
"Mi dispiace Maëlie. È stato bello stare con te, ti ringrazio per tutto l'aiuto che mi hai dato. Io amo Jacqueline. L'ho sempre amato, dalla prima volta in cui l'ho vista, circondata da voci e mormori"
"Vaffanculo Lucas. Vaffanculo. E tu – punta l'indice verso Jacqueline – te la scordi la denuncia"
"Già fatta, tranquilla. Pensi che io sia stupida? Tutta questa sceneggiata l'aveva già capita prima di partire"
"Cosa sapevi tutto e non mi ha detto niente?", protesto.
"Non ne ero sicura. Ne ho avuto la prova quando mi hai detto dei baci. Una ragazza non lascia questo tipo di cose in sospeso"
"E io ero complice", fa ingresso Benjamin nella stanza. Ecco adesso siamo al completo.
"Mi ha aiutato lui a fare la denuncia a Fletcher"
"Perché tutti sapevano tutto tranne me?", protesto ancora indignato.
"Faceva parte del gioco...", viene interrotta da Maëlie.
"Io non resterò un minuto di più. E tu – questa volta indica me – sei licenziato", faccio per aprire bocca ma vengo interrotto.
"Non ha bisogno di fare il cameriere in una caffetteria. Farà il lavoro che ama e che merita: il professore di matematica"

JACQUELINE

"Quindi, tu l'hai sempre saputo?", mi chiede il biondino mentre mi giro tra le dita un suo riccio.
"Sì, e tu come un ingenuo sei caduto nella trappola"
"Quindi non sei arrabbiata con me?"
"Oh, sì che sono arrabbiata con te. Tu l'hai baciata. Ma farò finta di dimenticarmi, così magicamente, di esserlo", mi avvicino e gli stampo un bacio a fior di labbra. Mugugna indispettito quando non continuo a baciarlo.
"Che c'è?", chiedo.
"Devi recuperare tutti quelli che mi hai negato"
"Non te li ho negati, mi avevi fato arrabbiare, ricordi?", gli faccio notare.
"Mi ricordo, ma adesso posso avere un bacio? Voglio un bel bacio",
"Eh, va bene", che posso farci, lo amo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 17, 2021 ⏰

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Tra i banchi di scuola - Althea PataniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora