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JACQUELINE

"Direi che le lezioni stanno andando bene", mi chiede Matt dopo che Fletcher mi ha salutato con un tenero bacio sulla guancia. Da lontano, avevo anche visto Lucas fulminarci con lo sguardo, ma ho fatto finta di non notarlo. Tutto questo è accaduto tre giorni fa. È da due giorni che Lucas non è presente a scuola. Tutti e due giorni avremmo dovuto avere delle ore di lezione con lui che sono state supplite da un professore di Geografia.
Effettivamente, l'ultimo giorno che abbiamo avuto lezione, avevamo avuto due ore di Matematica nelle prime ore della giornata e non sembrava stare benissimo. Era piuttosto serio. Non era entrato con il suo solito sorriso e non aveva neanche iniziato a dire "ragazzi, iniziate a prendere posto" due minuti dopo il suono della prima campana, tanto che tutti i ragazzi hanno iniziato a sedersi bisbigliando frasi del tipo: perché non parla oggi?, perché non ci ha chiesto di sederci?, non trovi sia strano?.
Si era semplicemente seduto alla cattedra, con le spalle poggiate allo schienale della sedia e l'osso sacro vicino al bordo. Più che un professore sembrava tornato studente. Aveva lo sguardo vuoto e fissato sul muro di fronte a lui, senza davvero vederlo. Non ha detto niente di particolare. Si era alzato semplicemente dalla cattedra quando la classe era piombata nel silenzio più totale e angosciante, aveva scritto sulla lavagna degli esercizi da fare e si era riseduto senza dire una parola. Ha riassunto la stessa posizione di prima e l'ha mantenuta fino a quando non è suonata la campana; ha raccolto la sua giacca, la borsa in cuoio ed è uscito con estrema lentezza dall'aula, senza salutare.
Spero stia bene.

"A che pensi?", Fletcher mi da di gomito mentre si siede vicino a me e Matt durante la prima pausa. È sorridente, come sempre. I suoi occhi verdi come messi in risalto dalla maglietta rossa che gli fascia il busto. Le gambe toniche e massicce sono strette in aderenti blue jeans.
"Hei, ma niente di che. Stavo ragionando sulle interrogazioni", bugia. Ho detto la prima cose che mi è venuta in mente.
"Le interrogazioni? Non avevi detto che eri già avanti con quelle?", merda, come fa a ricordarselo?
"Oh, ehm, si infatti. Me ne mancano solo alcune. Stavo pensando a quelle", provo a giustificarmi sperando mi creda. Annuisce soltanto. È andata.
Ci lascia dopo un paio di minuti, dicendo che aveva un compito in classe e doveva concentrarsi. Mi saluta con un timido bacio sulla guancia e batte il pugno a Matt, e poi sparisce alla nostra visuale.
"Non stavi pensando alle interrogazioni, vero?", mi chiede Matt, che si è sistemato di fronte a me. 
"Certo che pensavo alle interrogazioni", affermo sicura di me.
"Mh, fammi indovinare: una delle interrogazioni è alto circa 1,90 m, ha gli occhi azzurri e fa Roberts di cognome?", colpita e affondata.
"E va bene, hai vinto", sbuffo spalmandomi sulla panchina del cortile.
"Cosa ti preoccupa?"
"È da due giorni che non si fa vedere a scuola. L'ultima volta che ha fatto la lezione, sembrava un alieno", dico ricordando quel giorno.
"Sì, era molto strano", mi da ragione Matt. Rimaniamo in silenzio per tutta la pausa.

Chissà dov'è, adesso? Sta bene? Che sta facendo?

Il resto della giornata procede con una lentezza snervante. Tra l'altro, non è stato per niente facile togliersi dalla mente l'ultima immagine degli occhi azzurri spenti, triste.
Mi ritrovo a pensarlo nel corso della giornata. All'improvviso, mi viene un lampo di genio.
Prendo il telefono. Tu-tu-tu... chiamata in corso.
"Pronto?", dall'altro lato del telefono mi risponde una voce nasale, roca e profonda.
"Lucas, sono Jacqueline..."
Silenzio dall'altra parte...

Tra i banchi di scuola - Althea PataniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora