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JACQUELINE

Oggi si ritorna a scuola. Lucas aveva continuato, per tutto il giorno di ieri e per tutta la notte, a mandarmi numerosi messaggi che io ho continuato ad ignorare. Era stato sveglio tutta la notte, mandando una ventina di messaggi all'ora. Incredibile, come ha fatto?!
Faccio ingresso nell'androne della scuola, da lontano vedo una testa riccia sbracciarsi per attirare la mia attenzione. Sorrido a Fletcher, iniziando a camminare per raggiungerlo. Nello stesso momento, sento due grandi occhi azzurri puntarmi. Spostando lo sguardo leggermente sulla destra, trovo Lucas fissarmi, e passare, poi, lo sguardo da me al ragazzo riccio, ignaro di tutto.
Accelero il passo, mentre sento i suoi occhi mandarmi in fiamme.
"Fletcher!", mi tuffo tra le sue braccia, pronte ad accogliermi. Mi stringe in un abbraccio affettuoso, poggiando il mento sulla mia spalla.
"Ti ho mandato dei messaggi l'altro giorno. Li hai ricevuti?", mi chiede non appena ci separiamo.
"Ehm, sì. Scusa se non ti ho risposto, ho avuto qualche problemino", rimango vaga. Non potevo certo dirgli che ero con Lucas, e che, tra l'altro, era colpa sua se io e Lucas avevamo litigato. Che poi, i realtà, non era proprio colpa sua. Anzi, non era affatto colpa sua se Lucas è uno stupido stronzo. 
"Tutto bene?", mi chiede premuroso, abbassandosi leggermente per essere occhi negli occhi.
"Sì, tutto bene. Non preoccuparti".
"Ragazzi - una voce bassa, molto famigliare, ci interrompe - è già suonata la campanella. In classe!", Lucas è proprio davanti a noi e mi sta trafiggendo con lo sguardo.
"Non abbiamo lei a prima ora", vado sulla difensiva.
"Oh, questo non è corretto. Si da il caso che la professoressa Giselle sia assente. Di fronte a lei, c'è il supplente. Ovvero: io", si indica con gli indici, facendo un sorrisetto furbo e soddisfatto. Non può vincere lui.
"Beh - afferro la mano di Fletcher, che è molto più grande della mia - a questo punto noi entriamo a seconda ora. Così possiamo fare delle ripetizioni", marco la voce sull'ultima parola, cercando di dargli quanto più fastidio possibile. I suoi occhi sono quasi blu, adesso.
Trascino il rosso verso la biblioteca dove avremmo potuto studiare.

"Sì, esatto. Ce l'hai fatta!", esclamo, abbracciando un Fletcher con le guance rosse e un sorrisone tutto fossette. È riuscito a recuperare anche l'ultimo argomento di matematica.
"Tu credi che possiamo continuare?", mi chiede Fletcher, appena sciolto l'abbraccio.
"Certo, se hai bisogno di un aiuto posso aiutarti", lo rassicuro riferendomi alla materia che stiamo studiando insieme.
"Non intendo con la matematica", corrugo la fronte confusa. "Intendo noi. Potremo continuare a vederci. Magari ad uscire insieme. Se ti va", la mia bocca produce un timido oh.
Mi viene in mente Lucas, il mondo in cui mi aveva guardato quando si era riferito alle "ripetizioni"; lo sguardo che mi aveva rivolto quella mattina quando mi aveva visto con Fletcher: aveva uno sguardo ferito. Ferito e deluso. Un po' come mi sono sentita io, quando dove aver passato tutta la notte con lui, mi aveva quasi dato della puttana per uno stupido messaggio innocente.
Mi accorgo in questo preciso istante, che forse dentro di me sta nascendo qualcosa. Qualcosa dedicata a quel ragazzo dai capelli d'oro. È questo è terribilmente sbagliato.
"Va bene. Possiamo uscire insieme, quando vuoi".
Adoro il modo in cui le sue guance sono perennemente rosse e le fossette sempre evidenti. È così adorabile.

LUCAS

Vedere Jacqueline fra le braccia di un altro ragazzo, dopo che ha dormito tutta la notte tra le mie, mi ha distrutto dentro. Non so perché mi sento così quando c'è lei vicino a me. Quando il primo giorno l'ho vista investita di mormorii e risatine, ho capito che il suo viso sempre serio è solo una facciata. Quando non l'ho vista per tutta la settimana a lezione, ho fatto la pazzia di chiedere un contatto al suo migliore amico. Io avevo contattato lei, lei ha chiamato me al momento giusto, quando avevo più bisogno di qualcuno, quando avevo bisogno di lei. Dopo quel bacio, sono letteralmente uscito di testa. Tutto questo è terribilmente sbagliato. 
Al suono della campana, raccolgo le mie cose e mi avvio in aula professori pronto per trascorrere la mia ora buca ad organizzare la lezione con la classe di Jacqueline.
Esco dall'aula e incrocio, per le scale, la mia ragazza e il ragazzo nuovo. Mi si stringe lo stomaco. Un pugno al petto. Devo dimenticarla.
Vedo la mia possibile soluzione proprio davanti l'aula professori. Fingiti sicuro di te. Fingiti sicuro di te.
"Juliette!", sobbalza leggermente per la sorpresa, ma si ricompone immediatamente. Mentre mi avvicino, mi sbottono ancora un bottone della camicia nera che indosso. I suoi occhi, come volevo, si posano sulla parte del torace tonico in vista.
"Professor Roberts!", cinguetta con voce troppo acuta. Che nervi! Che sto combinando?!
"Spero che il tuo invito dell'altro giorno sia ancora valido. Ho trovato un posticino elegante e raffinato come te", bleah, inizio ad odiarmi.
"Uh, davvero?", le sue ciglia lunghe e finte, come il mio interesse per lei, iniziano a sfarfallare gioiose.
"Sta sera, alle 8", le porgo un bigliettino con su scritto il mio numero, che scrivo lì sul momento poggiato al muro bianco del corridoio. "Scrivimi il tuo indirizzo. Passo a prenderti", mi avvicino, reprimendo il ribrezzo, e le lascio un bacio appiccicoso sulla guancia.
Mi volto, entrando nell'aula professori.
Sento degli occhi pugnalarmi la schiena.
Credo che quegli occhi siano verdi.
E che sarà difficile dimenticarli.

Tra i banchi di scuola - Althea PataniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora