Capitolo otto

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Assediato, questa è la parola corretta.
Fotografi, paparazzi, giornalisti, a breve anche i fan.
Il video del bacio di scena tra me e Hande ha scatenato i commenti dei social, dei canali tv, delle riviste di gossip.
Ho tentato di minimizzare l'accaduto, affermando che ciò che stessimo facendo è solo il nostro lavoro, ma so già che ogni parola sia vana.
Mi ritrovo foto ovunque, da Twitter ad Instagram, ed anche diversi fotomontaggi.
Tento di metabolizzare con oggettività l'accaduto, ma la verità è che io stesso non ho la più pallida di cosa sia successo.

In quel momento, sul set, ero Serkan Bolat. Lo sono stato fino all'ultimo secondo, fin quando Hande non ha afferrato il mio volto e mi ha baciato, come Eda avrebbe dovuto fare.
Tutto ciò che è avvenuto dopo, però, ancora non me lo spiego.
Ciò che avrebbe dovuto essere un bacio di scena è diventato altro, perché in passato, io non ho mai avvertito delle scosse di adrenalina attraversarmi le viscere con altre partner di lavoro. Era finzione, e tale restava.
Stavolta, però...
Ho avvertito qualcosa.
Faccio fatica ad esprimerlo.
Mi sono sentito vivo, e contemporaneamente le labbra di Hande erano diventate irresistibili.

Her lips are like the galaxy's edge
And her kiss the color of a constellation falling into place

Questa citazione di una canzone potrebbe riassumere ciò che ho avvertito, seppur in minima parte; le sue labbra erano il bordo di una galassia, e il suo bacio una costellazione.
Perché io sono andato oltre, oltre quel set, oltre la professionalità, oltre gli sguardi affamati di noi.
Io sono volato in quel momento, con lei, oltre lo spazio.

Ma, preso consapevolezza di questo, mi sono imposto di staccarmi un po' da Hande. Di staccarmi emotivamente.
Voglio evitare messaggi su Whatsapp di video o meme divertenti, cercare di passare meno tempo soli.

Non posso permettermi che quella che è palesemente un'attrazione fisica molto forte diventi qualcosa di più profondo, è proibito.
Non posso neanche pensare a lei come una donna libera, perché è impegnata da anni, perciò per me è intoccabile.

Sono in pausa set quando mi accorgo che ho smarrito gli occhiali da sole. Li cerco nelle tasche della mia giacca, nel mio caravan, fino a quando non faccio mente locale e realizzo che li ho dimenticati proprio nell'ultimo posto dove dovrei andare: il caravan di Hande.
Sbuffo, impreco, mi do dello stupido.

Prendo un profondo respiro, e busso alla sua porta.
Ricevo una specie di mugolio come risposta, ed entro con una certa dose di timidezza.

-Ehm... Hande? Perdonami se ti disturbo, ma credo di aver dimenticato i miei occhiali da sole qui- affermo, notando che lei è seduta al divanetto che osserva con aria pensierosa il suo cellulare.

-Oh, ehm... credo che siano lì, vicino al mio specchietto- risponde distrattamente, senza sollevare lo sguardo.

È evidente che qualcosa la stia turbando, una piccola ruga è comparsa tra i suoi occhi, e le labbra sono imbronciate.

Sto per uscire, ma la coscienza non me lo permette. Sollevo gli occhi al cielo, prima di riportarli su di lei.

-Stai... bene?-

-Hmm hmm-

-Sicuro?-

-Sì, sono solo un po'... sopraffatta dagli eventi. Inoltre le cose tra me e Murat vanno male, perciò...-

-Ah-

-... perciò ci siamo lasciati-

-Ah-

-L'ho lasciato io-

-Ahh-

Lei abbozza un mini sorriso, scuotendo la testa davanti alla mia reazione.

-Mi... dispiace?- dico, grattandomi la nuca.

-È una domanda o un'affermazione?-

-Dipende da te-

Lei scuote le spalle.

-Non sto male. Non sto soffrendo. In effetti non provo nulla che sia legato alla tristezza. Sono strana secondo te?-

-Sei originale-

-Come Eda?- ride lei, facendo ridere anche me, ma in un attimo mi ricordo che devo cercare di prendere le distanze da lei.

Già, come se fosse facile.

-Allora... ti lascio sola- affermo, ma poco prima che possa aprire la porta, la sua voce mi blocca.

-Kerem?-

-Si?-

-Ti va di passeggiare un po' con me? Abbiamo un po' di pausa, perciò...-

-Vuoi ripetere delle scene?-

-No. Voglio solo camminare-

-Da... da soli?- chiedo, in visibile difficoltà.

Credo che la mia temperatura corporea stia aumentando in modo piuttosto preoccupante.

-È un problema per te? D'accordo, fà finta che non ti abbia detto nulla...-

-No, no, va bene. È solo una passeggiata, no?-

Lei annuisce, ed usciamo insieme dal caravan. Ci allontaniamo un po' dal set, passeggiando lungo la stradina che conduce verso la casa di Eda nella serie.

Hande è pensierosa, almeno quanto me, ma non ho alcuna intenzione di toccare l'argomento del bacio, e nemmeno tutto il polverone che ne è uscito fuori.

-Ti piacerebbe diventare padre?- domanda improvvisamente, stupendomi.

- Sì, mi piacerebbe. Avrei voluto diventarlo quando avevo ventotto anni, ma non è stato possibile- spiego, per poi rivolgerle un'occhiata fugace -a te piacerebbe diventare madre?-

Lei si irrigidisce, mordendosi il labbro inferiore.

-No- afferma, per poi restare qualche secondo in silenzio -voglio dire, non in questo momento della mia vita. Murat insisteva molto sul formare una famiglia al più presto, ma io... c'è sempre stato qualcosa che mi ha bloccata. Anche quando ero talmente innamorata da perdonargli qualsiasi cosa, non ero pronta. Forse non lo sono mai stata-

Si interrompe, per poi guardarmi. Arrossisce appena, abbassando la testa.

-Perdonami, ti sto annoiando-

- No Handemyy, non mi annoieresti nemmeno se ci provassi- rispondo spontaneamente, pentendomene poco dopo.

-Handemyy?- sorride lei, scostandosi un ciuffo di capelli dagli occhi.

- Ho detto così?-

-Sì, l'hai detto-

-Hmm, Handemyy. Suona bene... Handemyy rarararaa- comincio a fare lo stupido, e lei scoppia in una fragorosa risata, ed appoggia la sua mano sul mio braccio.

Mi piace vederla ridere, perché le sue guance si sollevano e diventano più piene.
E mi piace sopratutto quando la causa della sua risata sono io.

Solleva gli occhi con il sorriso ancora stampato sul volto e li inchioda ai miei, e questo contatto visivo risulta quasi violento, senz'altro inaspettato.

Torniamo improvvisamente seri e distogliamo lo sguardo, entrambi imbarazzati e a disagio.

Complimenti per il tuo autocontrollo, Kerem.

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