Capitolo dieci

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-Hande!- esclama, sorpreso di vedermi.

Varca la soglia della porta e mi stringe a sé, mentre io rimango rigida e con le braccia a penzoloni. Socchiudo gli occhi, notando come il suo odore non mi sembri più familiare, come il suo abbraccio mi infastidisca, come la sua stessa voce mi irriti.
Lo respingo senza troppa forza, guardandolo.

-Posso entrare?-

-Certo che puoi entrare! Sapevo che saresti tornata da me!- esclama con un sorriso gioioso e soddisfatto, mentre io entro in casa sua, che per poco tempo è stata anche casa mia.

Osservo le pareti bianche, il pavimento grigio, l'arredamento basico, e mi rendo conto di quanto questa struttura ora mi sembri così fredda.

-Non sono tornata da te- affermo, togliendomi gli occhiali da sole ed appoggiandoli sul capo.

Lui si volta e cambia espressione.

-Come?-

-Sono venuta per mettere le cose in chiaro- avanzo verso di lui, con le mani nelle tasche dei jeans e lo sguardo risoluto -io e te non ci vedremo mai più, se non per amici in comune. Non mi cercherai, non mi telefonerai, non contatterai i miei amici e i miei parenti. Devi stare lontano da me-

Metto enfasi ad ogni parola che pronuncio, e non stacco nemmeno per un secondo i miei occhi dai suoi, che adesso sono piccoli, smarriti.

- Che cosa stai dicendo... noi ci amiamo ancora!-

-Tu non mi hai mai amata, ed io ho smesso da un po' di farlo. Non ne ero consapevole, ma ora sì. Ho aperto gli occhi, e ciò che ho visto...- mi zittisco un attimo, osservandolo dalla testa ai piedi -mi ha disgustata-

-Hande- si avvicina lui, afferrandomi per le braccia, ma io scaccio immediatamente le sue mani, con una tale dose di rabbia che a stento riesco a riconoscere -non mi toccare. Le tue mani non conosceranno più nemmeno un centimetro della mia pelle. Ascolta le mie parole, Murat: stà lontano da me-

-È per colpa di quel tizio, non è vero? Di quel mezzo americano? Ti sei lasciata incantare da un bell'imbusto qualunque?!- ride istericamente, mentre io non posso fare a meno di realizzare, secondo dopo secondo, quanto tempo abbia perso con lui.

-Tu non hai nemmeno un briciolo di Kerem, e il tuo comportamento lo dimostra sempre più. Non ti avvicinare mai più nemmeno a lui, nemmeno lontanamente, o giuro che ti denuncio- lo ammonisco, e sono seria, fin troppo.

-Tu non puoi fare a meno di me. Ti conosco, Hande. Tu non sei forte, non lo sei mai stata. Hai un animo debole, ed è per questo che hai bisogno di me, hai sempre avuto bisogno di me-

-Tu non mi conosci affatto, perché la Hande che stava con te è morta. Ora c'è una nuova Hande, una Hande che cerca di amarsi da sola, perché nessun altro può farlo se non lei stessa- affermo, ed in questo momento mi sembra di udire una voce interiore esultare.

Sorriderei se il carico di rabbia che covo dentro me lo consentisse.

-Tu, quel mezzo turco e la tua stupida serie non andrete lontano!- si altera adesso, offeso nel suo orgoglio ed agitando le braccia, le gote subito rosse.

Un ghigno compare sul mio volto.

-Io invece ti auguro buona fortuna per la tua carriera perchè, beh... ne hai molto bisogno- lo congedo, voltandomi ed uscendo per quella che è l'ultima volta dalla casa del mio ex.

Mi allontano da lui, dal suo quartiere, e ad ogni metro che faccio mi sembra di riconquistare la mia libertà, la mia essenza. Mi sento l'animo più leggero, le spalle meno tese. Contemporaneamente, però, non posso fare a meno di pensare al dolore che in passato ho provato a causa dei suoi tradimenti, del suo mostrarmi agli altri come se fossi un trofeo ed ora, per aver rovinato ciò che di bello stavo costruendo con Kerem. Sono giorni che i rapporti con lui sono freddi, tesi, di pura circostanza. 

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