Capitolo diciannove

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Mi mordo violentemente l'interno della guancia pur di trattenere una bonaria risata canzonatoria. Non ho mai visto Kerem così tanto in difficoltà, ogni tentativo di afferrare un pezzo di sushi scivola miseramente tra le bacchette, suscitando un sonoro sbuffo di disapprovazione.

-Hande, gentilmente, potresti darmi una forchetta?- domanda dopo una manciata di minuti, rivolgendomi un'occhiata esasperata.

-Un ragazzo dell'America che non sa usare delle bacchette, mi deludi Kerem bey- lo prendo in giro, mentre io continuo a mangiare e masticare lentamente, dispettosa come una bambina.

-Questo ragazzo dell'America è cresciuto a suon di Coca Cola e hot dog, non sushi. L'ho comprato solo perchè ti piace, e tu mi ripaghi in questo modo. Sei crudele, signorina Erçel- si finge offeso, incrociando le braccia al petto.

Io rido con la bocca ancora piena, prima di deglutire ed alzarmi per avvicinarmi a lui. Lego i capelli con l'elastico nero che porto al polso, sposto la chioma da un lato e mi piego, afferrandogli la mano.

-Ora seguimi- gli dico, e posso avvertire nettamente i suoi muscoli irrigidirsi sotto il mio tocco, ma nonostante questo non si stacca, anzi, si abbandona alla mia stretta.

-Devi stringere le bacchette tra il pollice e l'indice e farti supporto con il medio- spiego, muovendo le sue dita -bene, ora ti lascio la mano-

Con il mio aiuto, Kerem riesce finalmente a mangiare il suo primo boccone.

-Hmm... va bene, riproviamo- dice dopo qualche secondo, porgendomi la sua mano.

Io sorrido e pongo sopra la mia, ripetendo gli stessi gesti.

-Capito ora?- chiedo, sollevando il capo per guardarlo, ma rimango spiazzata quando trovo il suo sguardo già su di me, il volto fin troppo vicino.

Trattengo per un attimo il fiato, restando immobile per qualche frazione di secondo, per poi tossicchiare e tornare al mio posto. Durante la cena parliamo delle riprese, del successo inaspettato che stiamo avendo, del buon rapporto che si è creato tra tutti noi. Sparecchiamo assieme, e Kerem si ostina per aiutarmi a lavare le stoviglie, schizzandomi delle volte delle gocce d'acqua sul viso. Prontamente ricambio con la stessa moneta, e rido di gusto, perchè per troppo tempo mi sono privata di questa leggerezza che in fondo, mi ha sempre caratterizzata.

Ci accomodiamo sul divano bianco, non prima di osservare la finestra.

-Dovrei andare- afferma Kerem, sottovoce, come se non fosse nemmeno lui pienamente convinto della sua affermazione.

-Aspetta ancora un po', piove a dirotto- rispondo senza guardarlo, e non so se questa sia solo una scusa, un tentativo per trattenerlo.

Ci sediamo leggermente distanti, entrambi all'estremità opposte del sofà. Io ho le gambe sotto il sedere, come sempre, lui invece ha la schiena dritta, rigida.

-Sei stata da Murat, vero?- chiede all'improvviso, osservando un punto indistinto della stanza, davanti a sè.

-Sì- rispondo sincera, decidendo di non mentirgli.

-Perchè, Hande? Voglio dire, avevi deciso di troncare con quell'uomo, di non vederlo più. Ti avevo espressamente detto che non dovevi andare da lui, cedere alle sue provocazioni. È una cosa che non mi perdonerei-

-Non ho ceduto ad alcuna provocazione, Kerem, non l'avrei mai fatto con lui, non più. Ma era una questione che dovevo risolvere-

-Perchè? Perchè così tanta ostinazione?- finalmente si volta verso la mia direzione, affrontandomi apertamente.

-Perchè ci tengo a te, è davvero così difficile capirlo?- ribatto, stavolta con una tonalità di voce più alta. 

Mi sento quasi offesa dal suo non capire, dalla sua ostinazione. Quale altro motivo avrei potuto avere per rivedere Murat, per affrontarlo affinchè ritirasse tutte le affermazioni diffamatorie su di lui?

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