Talvolta capita, in determinati seppur rari giorni, che Hande si assenti completamente dalla realtà. La sua mente, i suoi occhi, vagano in posti irraggiungibili, e forse per me non accessibili. Sono momenti in cui il silenzio prevale, ed io mi sento impotente.
Mi sento costantemente sull'orlo del precipizio, non vorrei invadere i suoi spazi, la sua intimità, ma al contempo vorrei scuoterla per le spalle, indurla a reagire, a parlarmi.
Osservo, per l'ennesima volta, il cellulare, trovando molti messaggi arretrati, ma nessuno inviato da lei. Ho provato a chiamarla più volte, sono andato in palestra per distrarmi, e a fine allenamento non avevo ancora nessuna notizia. Il terrore che sia stanca di me, o che questa situazione le sembri talvolta troppo assurda per andare avanti, mi assale sempre più frequentemente. Non metto in dubbio il sentimento presente tra noi, non quando stiamo insieme, ma in questo istante di assoluto silenzio che dura ormai ore, non riesco a riflettere con lucidità. Ho provato a contattare Dilara, per assicurarmi che Hande stia bene, e mi ha semplicemente risposto che talvolta ha bisogno di staccare la spina, di stare lontano da tutti.
Però mi manca. Non la vedo da ieri, è vero, è un tempo estremamente limitato, eppure il vuoto lo percepisco, al centro del petto, come una voragine.
Riprendo il cellulare, vorrei richiamarla, però mi blocco. Se ha bisogno di staccare, probabilmente desidera farlo anche con me. Mi domando se sia all'altezza di stare al suo fianco, se si fidi di me come io di lei. Probabilmente non vede in me un supporto, una spalla su cui appoggiarsi. Probabilmente sto facendo troppe congetture. Probabilmente, chissà, il problema sono proprio io.
Getto il telefono sul divano, distante da me. Mi passo nervosamente una mano tra i capelli, inspiro, tento di calmarmi. Decido di coricarmi senza cenare, stanco di una giornata piatta ed apparentemente infinita.
Sto per spegnere le luci del soggiorno quando avverto il campanello squillare.
Il cuore non riesce a trattenere un tonfo di spavento e speranza, mentre la mia mente mi induce a non illudermi.
Mi dirigo, pregustando la delusione, verso la porta.
Hande appare davanti a me, visibilmente pallida e provata. Non ha i capelli perfetti, non è truccata, il suo corpo è nascosto dentro un cappotto nero troppo ingombrante per la sua figura snella.
Eppure, è come se avessi una meravigliosa apparizione.
-Posso entrare?-
Annuisco senza dirle una parola, mi scosto e lei entra a testa bassa, quasi imbarazzata.
Hector corre immediatamente da lei scodinzolando, e Hande gli rivolge un sorriso, accarezzandolo con dolcezza. Quando finalmente è soddisfatto ritorna nella sua cuccetta, mentre io appendo il suo cappotto, senza dire una parola.
-Mi dispiace se...-
Non le concedo il tempo per terminare la frase. Mi fiondo su di lei, la stringo come se avessi paura di perderla, la circondo tra le mie braccia. Lei è sorpresa, si irrigidisce, per poi rilassarsi dopo pochi secondi e ricambiare il mio abbraccio, strofinando le mani contro la mia schiena.
-Possiamo parlare?- mi guarda negli occhi, ed io annuisco, conducendola verso il divano.
Le concedo tutto il tempo per raccogliere le parole e le idee, osservando il suo volto leggermente più colorito ma comunque ancora molto pallido. Non ne ho la certezza, ma credo che abbia pianto oggi.
Sta per aprire bocca, per poi chiuderla nuovamente. Sbuffa, solleva gli occhi verso il cielo, ed io mi azzardo a stringerle una mano, illudendomi che possa aiutarla a calmarsi.
Hande osserva le nostre mani unite, e si libera in un sospiro.
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Bizim kaderimiz
FanficHo deciso di scrivere, attraverso questi capitoli, la storia di Hande Erçel e Kerem Bürsin dal principio. I loro timori, i primi sentimenti, il percorso che li ha condotti dove sono ora. Tutto ciò che scrivo è frutto della mia fantasia, nulla è re...