Capitolo 2

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Cico tornò in fretta a casa e spalancando la porta d'ingresso avvisò la donna del suo ritorno con un rapido saluto, sorprendendola nel vederlo già rincasato. Dopodiché si diresse in camera sua, salendo le scale due gradini alla volta. 

Aprì la porta della sua stanza e, non curandosi di dove sarebbe andato, lanciò subito dopo lo zaino sul pavimento. Iniziò a spogliarsi freneticamente entrando nel bagno che aveva a destra della sua camera e fece scorrere l'acqua, aspettando che raggiunse la temperatura più adatta. Appena sentì con la mano il calore desiderato si infilò nella doccia e iniziò a lavarsi.

Finito l'ultimo sciacquo per togliere il sapone, uscì avvolgendosi velocemente nel suo accappatoio, tremando infreddolito. Le goccioline d'acqua che scorrevano sul suo corpo scolpito gli facevano venire i brividi.

Entrato nella sua camera, si mise a studiare ogni suo capo per scegliere i migliori da mettere. Doveva fare una bella figura con il suo amico conosciuto online, non poteva permettersi di dare un'impressione trasandata di sé.
Dopo tanti capi bocciati, scelse i suoi soliti jeans neri strappati sulle ginocchia e una felpa bianca molto larga, che non lo facevano mai sfigurare.

Scese le scale velocemente, scivolando con il piede su ogni gradino. Con un altro saluto, che risultò un urlo improvviso e breve, lasciò la madre perplessa di così tanta fretta.

Prese la sua bici e iniziò a pedalare sul corso della strada senza sapere esattamente dove andare. Ad ogni metro percorso sentiva aumentare l'emozione destro di sé, l'adrenalina nel  vedere un suo caro amico con cui poteva parlare solo tramite uno stupido dispositivo. Chissà come sarà vederlo dal vivo, avrà qualche lato del suo carattere o qualche preferenza che nasconde dietro allo schermo?

Si fermò ad un angolo dell'incrocio,  rendendosi conto che continuare a pedalare senza meta era una perdita di tempo ed energia. In quello stesso momento il suo telefono emise un suono acuto che indicava l'arrivo di un nuovo messaggio. Lo tirò fuori dalla tasca destra e accendendolo vide il nome del suo amico e sotto di esso un messaggio, troppo lungo da poter leggere dalla schermata di blocco. Aprì così la chat con Giorgio e lesse ciò che conteneva.

"Hey, Cico! Come va? Sono arrivato un'ora fa ma non volevo disturbarti visto che eri a scuola. Ti mando il mio indirizzo così quando puoi mi vieni a trovare. Ci vediamo!".

Cico scorse la chat verso l'alto e notò il messaggio con l'indirizzo della casa.
Sapendo la strada da prendere tornò a pedalare, ma un senso di ansia improvvisa lo avvolse quasi togliendogli il respiro.

Controllò attentamente il suo smartphone, posto nel porta telefono attaccato al manubrio, su cui una freccia blu procedeva nel percorso giusto da percorrere. Guardava di sfuggita tutte le vie indicate sui cartelli stradali, cercando l'unica che gli interessava trovare. Non sapeva esattamente dove si trovasse, era la prima volta che si addentrava in quella parte del paese, ma sicuramente sarebbe riuscito ad arrivare a casa dell'amico anche grazie a qualche indicazione fornita dai passanti.

Dopo altri dieci minuti di corse sulla bicicletta nelle numerose stradine e nei vicoli, trovò quella citata dal messaggio e iniziò a cercare il numero che identificava la dimora di Giorgio.

A destra, vide una casa bianca con un cancelletto di colore nero, aperto sulla stradina, da cui spuntavano scatoloni di ogni dimensione. Pensò subito fosse la casa giusta e a confermarlo ci fu il navigatore che emesse improvvisamente un suono rapido e non troppo alto indicando la sua destinazione finale.
Scese dalla bici e iniziò ad avvicinarsi titubante, stringendo tra le mani il manubrio.

Arrivò fino all'entrata dove si trovavano i numerosi scatoloni, che contenevano sicuramente gli oggetti di Giorgio. Sbirciò all'interno e vide un grande giardino con qualche fiorellino rosa e giallo, sparsi in punti imprecisi in mezzo all'erba. 

Non volle entrare, non mosse un altro passo in avanti e non suonò al citofono.  Era come paralizzato. Moriva dalla voglia di incontrarlo, ma l'ansia aveva preso definitivamente il sopravvento. Perché? Non era mai stato un ragazzo timido e nemmeno insicuro, eppure ora la sua autostima iniziò a vacillare. Aveva paura...ma di cosa? Di essere giudicato forse o magari era solo l'insieme delle emozioni che provava dovendo incontrare per la prima volta un amico che non aveva mai visto dal vivo. L'unica cosa che riusciva a fare era pensare, ma doveva calmarsi, non c'era nulla di male in fondo.

"Calmati Cico...non c'è motivo di avere paura. Ora vai e suona al citofono. "

E così fece.

Si avvicinò lentamente al cancelletto aperto e allungò la mano verso il pulsante che avrebbe provocato un rumore vibrante e leggermente assordante, per avvisare chi era all'interno della casa che c'era qualcuno all'esterno. Prima che potesse premerlo però sentì una voce chiamarlo. Anche se tramite un microfono la voce veniva leggermente modificata, riconobbe all'istante a chi apparteneva quella vocina stridula e sottile.

《Giorgio!》Esclamò felice, riprendendosi dall'esitazione di qualche istante prima.
《Cico! Ce l'hai fatta alla fine a trovare l'indirizzo.》

Gli si presentò davanti un ragazzo che a malapena arrivava ad un metro e settanta, con i capelli castani che gli scendevano dietro alle orecchie e gli occhi scuri, ma con un'insolita luce che lo incuriosirono. Il suo viso era raggiante, grazie al suo enorme sorriso che rifletteva la felicità che aveva nel vederlo, e insolitamente dolce per un ragazzo di diciassette anni.

《 È stato abbastanza semplice dai...》 Si vantò lui ancora con qualche segno di ingiustificabile imbarazzo.
《 Come va?》Gli chiese il più basso gettandosi su di lui per abbracciarlo.
《 Bene. E te? Il viaggio è stato stancante? 》Rispose ricambiando l'affetto ricevuto.
《Abbastanza, ma nulla di troppo devastante. 》
《 Menomale. Scusa se sono arrivato a quest'ora ma...volevo vederti il prima possibile.》 Borbottò sperando di non farsi sentire.

In quel momento si resero conto di essere ancora abbracciati e questo provocò grande disagio tra i due che rapidamente si distaccarono l'uno dall'altro.

《Ma figurati! Anche io avevo voglia di vederti il prima possibile. Abbiamo sempre giocato e parlato dietro ad uno schermo, quindi è fantastico averti qui davanti a me.》
《Per me è lo stesso.》
《Però non rimanere qua fuori. Vieni dentro che ti offro da bere, avrai sete immagino. 》
《Oh, grazie!》

Entrati in casa, videro la zia intenta a sistemare delle cartacce sparse per il pavimento. Era una donna molto giovane, con capelli ricci e castani ed il fisico di una ragazzina. Se Cico non avesse saputo che era la zia di Giorgio l'avrebbe scambiata per sua sorella.

Il castano, con leggeri colpi di tosse, attirò l'attenzione della zia, che rivolse lo sguardo ai due giovani; appena vide l'ospite si alzò in piedi e si sistemò i vestiti stropicciati.

《Vedo che il tuo amico è già qui. Piacere, mi chiamo Marta.》Si presentò la donna cordialmente con un sorriso sincero sul volto.
《Piacere mio signora, io sono Cico.》

La giovane donna offrì da bere all'ospite e a suo nipote, poi tirò fuori dal forno la torta che stava preparando e lasciò i due ragazzi da soli a parlare.
Finito ciò che stavano mangiando, decisero di aiutare la donna a portare gli ultimi scatoloni all'interno e nel mentre continuarono a parlare del più e del meno. Fino a quando Cico...

*Angolo me!*

Ecco il secondo capitolo (mi scuso per non averlo postato ieri).
Spero che anche questo vi possa piacere. Chi ha letto la storia originale avrà notato che sto cambiando molte cose, aggiungendo dettagli che a me piacciono molto :). E credo che questo sia apprezzato (forse).
Comunque meglio non soffermarsi a lungo con parola che quasi nessuno leggerà ahahahah.
Vi auguro buona giornata e ci vediamo con il prossimo capitolo!

È troppo per me...  (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora