9.

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4 dicembre.

I mesi a seguire scorrono a meraviglia. Il mio lavoro e quello di Alessandro va a gonfie vele.
Il quattro ottobre, ci siamo ufficialmente messi insieme e ad oggi che è il quattro dicembre, sono esattamente due mesi che stiamo insieme. Poco lo so, ma sembra tantissimo per noi.
La mia terapia, inizia a dare buoni frutti e inizio piano piano a ricordare qualcosa.
Non ancora tutto... Ma poco a poco inizio a ricordare.
Ricordo dove abitavo prima dell'incidente, e anche di alcune persone che hanno fatto parte di quello che era la mia vecchia vita.
I pensieri sono ancora molto confusi. La mia mente a volte è molto annebbiata.
Più mi sforzo di ricordare, e più non ci riesco.
Ricordo il motivo per il quale mi sono ritrovata qui in Italia.
Andare a vedere la casa di mia nonna materna, dove passavo le vacanze da bambina.
Ricordo che era molto vicina al mare e che era una casa con mobili di legno scuro, una camera da letto grandissima con le pareti celeste chiarissimo e su una mensola, un carillon che suona la musica de 'il lago dei cigni'. Adoravo quel carillon da bambina, e anche la musica che ne usciva fuori.
Il volto della mia mamma, insieme a quello di mia nonna, sono perfettamente incise nella mia donna.
Una donna alta, occhi azzurri e lunghi capelli biondo cenere, legati sempre o in una treccia, o in uno chignon tenuto solo da una matita. Un corpo perfetto e qualche leggera riga sulla faccia, ma la rendevano lo stesso una donna meravigliosa. Mi ha trasmesso la sua passione per la musica, portandomi spesso a diversi concerti, fino al giorno che poi la musica ha smesso di suonare, e tutto è diventato buio quando si parla di lei.
Mia nonna invece, aveva gli stessi suoi occhi, capelli bianchi sempre ben sistemati e perfettamente acconciati ed era più bassa di sua figlia.
Mio padre non faceva altro che bere, e bere, e bere e bere ancora.
Non c'era un singolo momento che non avesse in mano una bottiglia di liquore.
Non c'era un momento che casa mia profumasse. L'odore disgustoso degli alcolici appestava la cuscina come se qualcuno avesse appena dato un festino.
Bottiglie sul tavolo, sul divano, per terra e a volte anche in camera mia.
Quando la mamma si è ammalata e dissero che non le sarebbe rimasto molto, mio padre in tutti i modi cercava di annegare il suo dolore con l'alcol. Agli occhi della mamma, si mostrava sempre forte, in grado di affrontare la cosa e di essere forte.
Lui stava perdendo la moglie, ma io stavo perdendo mia madre, e non c'era nessuno a dirmi che sarebbe passato tutto, o anche solo a consolarmi. Dirmi una parola di conforto per tranquillizzarmi o per non farmi pensare.
Dopo la sua morte, mio padre era come se fosse morto anche lui.
Non preparava da mangiare, non si prendeva cura di me, di se stesso. Non faceva niente di quello che farebbe un qualsiasi padre con la propria figlia.
Ricordo ancora quando in piena notte una volta, venne in camera mia buttandomi giù dal letto perché aveva bisogno di soldi per comprarsi da bere.
Quando mi rifiutai di darglieli, mi lanciò in faccia la bottiglia di whisky, dicendomi che era un suo diritto avere dei soldi.
Quando gli dissi che poteva smettere di bere e trovarsi una lavoro, mi spezzò quasi il braccio. Fui costretta a dargli i cento dollari che stavo mettendo da parte per vivere in qualche modo. Il denaro in banca diminuiva sempre di più... Le bollette quando arrivavano, le riuscivo a pagare facendo la babysitter ogni tanto, o dando ripetizioni già alle medie.
Ho sognato tante volte la sua morte. L'ho desiderata tante volte. Solo cosi sarei stata libera.
Libera di vivere una vita come merita di essere vissuta.
Ricordo di aver conosciuto una persona, poco prima che lui morisse. Non riesco a ricordare il suo nome... Ma so che c'era qualcuno nella mia vita.
Qualcuno che mi voleva bene davvero.
Ho paura di aver iniziato questa relazione senza ricordare chi fosse questa persona.
Se fosse qualcuno di tanto importante e quando mi ricorderò chi è, mi pentirò di aver iniziato una storia nuova?
Ogni volta che ci penso mi metto le mani nei capelli esasperata e arrabbiata.
Ho più facilità a ricordare i ricordi passati che quelli recenti, ma meglio di niente.
La mia amicizia con Riccardo va alla grande. È felice per la mia relazione e io sono contenta che Alessandro non sia così geloso da portarmi a chiudere la mia amicizia con lui.
E anche se volesse, non glielo permetterei di certo.
Come io non decido per lui chi frequentare e chi no, lui non decide per me. Ovvio, c'è gelosia.
Ma per entrambi, c'è la massima libertà, fiducia e rispetto.
«Bea?» la voce di Alessandro mi risveglia dai miei pensieri confusi.
«Si?»
«Stasera viene a cena Andrea. Riccardo e Stephanie a che ora arrivano?» mi chiede mentre lo guardo incantata, vestito solo con boxer bianchi, seduto sul divano a vedere rilassato la tv, mentre io sono in biancheria accanto a lui sdraiata, con i piedi appoggiati sulle sue ginocchia.
«Vengono per le sette e un quarto.» dico mentre guardo l'orologio e vedo che sono le cinque e mezza.
«Quindi siamo liberi per ora.» dice e si mette tra le mie cosce.
«Mh mh.»
Sono felice che oggi sia il mio giorno libero, e che anche quello di Alessandro.
Mentre la sua bocca prende possesso della mia, infilo le mani nei suoi capelli strattonandoli per farlo avvicinare ancora di più.
«Come siamo impazienti signorinella.» esclama lui staccandosi dalla mia bocca.
Lo spingo via e mi metto su di lui.
Il mio lato dominante inizia a farsi sentire, quando gli metto una mano sul collo e dico «non lo sono mai stata» per poi stringere più forte la mano sul suo collo.
Mi guarda negli occhi mentre allento la presa e mi metto a cavalcioni su di lui.
Apre la bocca per parlare ma prima che lo faccia, lo bacio forte cercando disperata la sua lingua.
Geme quando entrambe le nostre lingue si incontrano, muovendosi come se stessero danzando impazzite.
«Cazzo amore...» si stacca da me per riprende fiato ma mi avvento di nuovo su di lui.
Mi alzo da sopra di lui e mi abbassa le mutandine di pizzo.
Gliele sventolo in faccia come se fosse una bandiera rossa davanti a un toro.
I suoi boxer stanno per esplodere. Mentre sono ancora in piedi davanti a lui, appoggio il piete sopra il suo addome e dico «dove vorresti che lo facessimo?»
Lui mi afferra il piede e mi bacia la caviglia dicendo «ovunque tu voglia piccola.»
Quando appoggio il piede sui suoi boxer, lo sento gemere e pulsare.
Mi sfilo il reggiseno lentamente mentre le carezze con il mio piede sui suoi boxer non cessano. Lui getta la testa indietro quando con le dita accarezzo la punta che ormai non sta più dentro i boxer per la durezza della sua erezione.
«Ti prego non farmi venire nei boxer...» mi supplica lui mentre lo sento pulsare di nuovo.
Sorriso e mi avvicino a lui mettendomi a pecorina sul divano.
«Non. Muoviti.» dico e mi tocco davanti a lui, con le cosce larghe e il mio culo praticamente davanti la sua faccia.
Gemo mentre mi infilo dentro un dito per poi aggiungere il secondo.
«Cazzo... Sei così... bella e sexy.
Mi farai diventare matto.
Mi sta per esplodere il cazzo...»
Scoppio a ridere ma non smetto di toccarmi.
«Leccami.» dico e lui si sdraia sotto di me per far si che sia seduta sulla sua faccia.
Mi muovo avanti e indietro sulla sua lingua mentre il calore della sua bocca mi invade.
«Sei così... dolce...» e nel parlare mi lecca ancora più veloce.
Gli tiro i capelli mentre esplodo sulla sua lingua, urlando il suo nome ripetutamente.
Crollo esausta sul divano per riprendere fiato.
«Ora tocca a me.» dice e senza lasciarmi il tempo di rispondere, mi entra tutto dentro duro come una roccia.
Mi prende in braccio e cammina fino ad arrivare al bancone della cucina, facendomi sdraiare sopra.
Mi prende violentemente mentre incrocio i piedi dietro la sua schiena per farll avvicinare di più a me.
«Più forte.» urlo e lui aumenta mentre mi stringe il seno.
Quando mi arriva al fondo dandomi colpi secchi e decisi, esplodo di nuovo attorno a lui.
«Cazzo bimba... Non stringermi così.»
Io apposta contraggo i muscoli e mentre aumenta il ritmo, impreca mentre urla il mio nome e geme forte di piacere.
«Vieni qui.» sussurra.
Mi fa scendere dal bancone e inginocchiare mentre lui esplode nella mia bocca.
Mi pulisco il lato della bocca da cui cola il suo caldo seme e mi succhio il dito, ripulendolo.
«Mi farai morire uno di sti giorni.» esclama mentre mi bacia ancora con l'affanno.
«Guarda che cazzo hai combinato sul divano.» dice lui ridendo indicando il copri divano tutto bagnato.
«Ops.»
«Sei fantastica.» esclama e mi bacia la punta del naso.
Mentre lo oltrepasso per andare in bagno, mi da una leggera pacca sul sedere ridendo.
Faccio la doccia mentre Alessandro fa la lavatrice.
«Mi dispiace per il divano!» urlo per farmi sentire sopra il rumore dell'acqua.
«Ci ho fatto l'abitudine ormai!» mi fa la linguaccia ed esce dal bagno.
Quando esco con l'asciugamano addosso, Andrea e Alessandro sono seduti al divano a chiacchierare.
Cercando di non farmi notare, cammino silenziosamente fino ad arrivare alla mia stanza, ma appena arrivo davanti la porta, scivolo all'indietro cadendo sul pavimento di schiena.
Merda! Merda! Merda!
Quando giro lo sguardo, vedo subito Alessandro venirmi incontro insieme ad Andrea.
Alessandro sgrana gli occhi quando nota che sono nuda sul pavimento e l'asciugamano e volato praticamente dall'altra parte del muro.
«Andrea, resta pure seduto.» dice e vedo Andrea tornare a sedersi.
Alessandro mi prende per mano e mi porta in camera sua, recuperando anche il mio asciugamano.
«Accidenti Bea! Ti sei fatta male?» faccio di no con la testa e dico «Andrea mi ha vista?»
«No, non credo. Spero.»
«Scusa... Sono la solita sbadata.»
«Vado a prenderti la biancheria e i vestiti.» dice lui ed esce dalla stanza.
Quando torna, mi porge delle mutandine bianche abbinate al reggiseno, dei pantaloncini e una felpa lunga , insieme alle mie pantofole, per poi tornare dal suo amico.
Appena ho finito di rivestirmi, vado in cucina e inizio a preparare al cena.
Alle otto meno cinque, siamo tutti a tavola a parlare del più e del meno.
Stephanie mi racconta del suo viaggio a Parigi e di quanto si sia innamorata della città.
«Non vedo l'ora di tornarci a fine mese! Dovreste venire per le vacanze di Natale.»
«Per le vacanze di Natale io non sarò qui a Milano.» dice Riccardo per poi bere un sorso della sua birra.
«Dove andrai?»
«Vado a Verona per qualche giorno. Un mio amico ha una casa lì, è dato che riusciamo a vederci poco, abbiamo colto l'occasione per passare le vacanze lì qualche giorno.» spiega lui.
«Io anche non sarò qui. Però grazie, Stephanie.» le sorride Alessandro.
Mi giro per guardarlo e chiedo a bassa voce «non sarai qui?»
«Torno a Napoli per qualche giorno. La mia vera casa è lì.»
«Pensavo...saremmo stati insieme.»
«Infatti. Pensi ti lascerei qui da sola?»
Mi stringo nelle spalle e dico «forse. Non me ne hai parlato.»
«Non ero sicuro di andarci. Poi alla fine abbiamo deciso di passare il Natale e Capodanno in famiglia. Tornare alle origini. Te ne avrei parlato in questi giorni, appena ero sicuro della partenza.»
Per il resto della cena, sono di poche parole. Ogni tanto scambio qualche parola con Lucrezia o con Stephanie ma nulla di più. Sono contrariata.
Mi aspettavo che Alessandro mi dicesse subito della sua partenza.
Se oggi non fosse venuto fuori il discorso, forse avrebbe aspettato ancora a parlarmente.
Non è costretto ovvio... Insomma, se non vuole portarmi nella sua città di origine, avrà i suoi motivi. O forse non si era ricordato davvero.
Finita la cena, sparecchio e lavo i piatti insieme ad lui.
Lucrezia si siede sul bancone e dice «domani sera esci con noi!»
Alzo lo sguardo su di lei che poi continua dicendo «io, Jennifer e Ludovica andiamo ad Amnesia.
Una discoteca qui a Milano.»
Mentre poso i vari piatti e bicchieri, vedo che Alessandro la guarda male.
«Sarà divertente!»
«Ok ok!» alzo le mani in segno di rese e lei salta giù dal bancone della cucina sulla quale è seduta, per abbracciarmi forte urlando «fantastico!»
Verso le nove e dieci di sera, tutti sono andati via mentre io e Alessandro siamo in sala sdraiati sul divano a guardare una serie tv su Netflix.
«È così bello e affascinante.» dico riferendomi al protagonista del film che stiamo guardando.
«Christian Grey sarà anche carino, ma lei come cavolo fa a sopportarlo? È un grandissimo coglione.» commenta il mio bellissimo ragazzo accanto a me.
Cinquanta sfumature di grigio non è esattamente il genere di film da guarda con il proprio fidanzato, se non si vuole che lui commenti ogni singola cosa in modo negativo.
«A me piace la storia.»
Lui mi guarda e scoppia a ridere dicendomi «sono più bravo io a letto.»
Alzo il sopracciglio e dico «oh davvero?» con aria di sfida.
In un secondo sono sotto di lui che mi tiene fermi i polsi sopra la testa.
«Hai dei dubbi?»
Alzo le spalle e lui si avventa su di me, divorandomi le labbra.
«Il film può anche levarsi dalle palle.» dice spegnendo la tv per poi tornare a baciarmi.
«D-domani devo alzarmi presto...»
«Giusto. Allora dovrò fare del mio meglio.» e in un attimo la sua mano è sotto i miei pantaloncini, e le sue dita dentro di me.
Il pollice disegna piccoli cerchio sul mio clitoride bagnato mentre non smette di baciarmi sul collo e mordermi il lobo dell'orecchio.
Mi sfila i pantaloncini e rapidamente mi toglie la felpa, lasciandomi in biancheria.
Quando le sue dita affondano di nuovo dentro di me, afferro i suoi capelli e lo spingo per farlo andare li sotto.
Getto la testa indietro quando la sua bocca calda prende possesso del mio clitoride, tirandolo dolcemente con i denti, mentre due sue dita pompano senza sosta dentro di me.
«Oddio...» gemo e vengo nella sua bocca gemendo forte.
«Amo il tuo sapore.»
Mi prende in braccio ancora tremante e mi porta in camera.
Ci sdraiamo entrambi nel letto e ci facciamo le coccole, finché non prendo sonno, addormandomi con il suo splendido profumo su di me, sentendo il suono del suo respiro insieme al battito del suo cuore.

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