15.

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26 dicembre.

La serata è andata a buon fine, per fortuna. La cena è stata perfetta e Mark non ha fatto altro che riempirmi di complimenti per tutta la durata della cena.
Al nostro ritorno in hotel, ci precipitiamo in camera nostra.
«Grazie per la splendida serata.» dico, spogliandomi da questo costoso ed elegante abito nero.
Lui si slaccia le scarpe e dopo averle tolte, viene verso di me.
Mi avvicino a lui e gli tolgo la giacca, gli slaccio la cravatta e gli sbottono velocemente la camicia.
«Ho voglia di fare l'amore con te.» ammetto finalmente.
Le sue pupille si dilatano mentre mi osserva sotto le scure ciglia.
Mi slaccio il reggiseno e glielo lancio in faccia scoppiando a ridere.
«Vieni qui.» esclama afferrandomi le mani. Mi fa girare bruscamente sul letto e mi strappa le mutandine di dosso e in un attimo, sento la sua lingua calda dentro di me.
Stringo le lenzuola e gemo forte.
«Entrambi dentro ti prego...»
«Ho ancora i pantaloni addosso.» sghignazza lui.
«Oh.» mi giro e gli sbottono il pantalone per poi abbassarlo insieme ai suoi boxer.
Lo spingo sul letto e mi metto a cavalcioni su di lui, strusciandomi avanti e indietro su di lui.
«Cazzo... Rischio già di venire se continui così piccola...» ansima e mi mette le mani sul seno.
Lentamente, scendo fino a prenderlo tutto dentro.
«Sei così stretta...» getta la testa indietro e lo sento pulsare dentro di me, ripetutamente.
«Non ti fermare...» lo supplico con la voce che trema.
Mi mette le mani sulle natiche e inizia a muoversi lui su e giù velocemente, affondando sempre di più dentro di me.
«Cazzo si...» geme quando i muscoli della mia intimità di contraggono dal piacere attorno alla sua erezione.
Mi tiene in braccio mentre attraversiamo tutta la stanza finchè la mia schiena, non tocca il vetro gelido della finestra.
«Ci possono vedere.» gemo quando riprende ad affondare dentro di me.
«Lo abbiamo fatto in ogni posto, e ora ti preoccupi che ci vedano dalla finestra?» sorride lui.
Mi aggrappo alle sue spalle per non cadere, mentre lui mi sorregge le gambe e affonda ripetutamente dentro di me, con colpi veloci e secchi di bacino.
Urlo il suo nome esplodendo attorno a lui. Lo spingo sul letto e continuo a cavalcarlo forte, finché anche lui non viene dentro di me.
Restiamo in silenzio l'uno accanto all'altra distesi sul letto, coperti solo dal piumone caldo, e dai brividi di freddo tatuati sulla nostra pelle.
«Come sogni il nostro matrimonio?» esclama ad un tratto Mark.
Non mi sarei mai aspettata questa domanda. Presa alla sprovvista dico «in bianco.»
«Beh, se era nero facevamo un funerale invece di un matrimonio.» scoppiamo a ridere entrambi.
Mi metto a sedere e quando mi giro a guardarlo, vedo che mi osserva.
«Tu vuoi ancora sposarmi?»
Mark si mette a sedere a sua volta e dice «perchè, tu non vuoi?»
«Non ho detto questo. Solo che... dopo tutto quello che è successo, io ho avuto anche un'altro... Non credevo mi volessi ancora sposare.» mi stringo nelle spalle e abbasso lo sguardo.
«Vieni qui.» dice lui aprendo le braccia. Io mi avvicino a lui e mi appoggio con la testa sul suo petto «non è stata colpa tua Ella.»
Ci mettiamo sotto le coperte e restando sempre con la testa sul suo petto, ci addormentiamo.

Un trillo insistente mi risveglia dal mio sonno tranquillo.
Guardo sul comò di Mark e vedo il display si è acceso.
Senza far rumore, mi alzo dal letto e prendo il telefono.

"Quando torni a casa? Manchi tanto alla tua piccola."

"Non vedo l'ora che arrivi per stare insieme."

"Non sai quanto mi manchi, torna presto."

Che cazzo è questa storia??? Credevo fosse tornato per me, perché amava me! Da dove cazzo spunta fuori questa? Perché è venuto qui allora?
La testa mi sta scoppiando e ho bisogno di stare da sola. Guardo l'ora e vedo che sono le tre di notte.
Lascio il telefono sul comò e vado verso l'armadio per prendere tutti i vestiti.
Mentre li piego dentro la valigia, la voce assonnata di Mark mi fa trasalire.
«Che stai facendo?»
«Me ne vado.» dico senza guardarlo in faccia e continuo a ripiegare tutti i miei indumenti.
«Che stai dicendo?»
«Mi hai sentita.»
«Ella, calmati. Che ti prende?» dice lui, prendendomi le mani tra le sue per farmi smettere di fare la valigia.
«Non fare finta di non saperlo.»
«Davvero non lo so. Mi dici che succede?»
«Basta che guardi il telefono se vuoi saperlo.» dico liberandomi dalla sua presa.
Dopo un secondo, torna con il telefono e si siede a terra con le gambe incrociate davanti a me.
«Parli di questi?» dice, aprendo la chat di una ragazza. Annuisco e distolgo lo sguardo dal suo telefono.
«Cassidy è mia sorella.»
Mi giro a guardarlo. Mi fa vedere una foto insieme a lei.
«Tua sorella?»
Annuisce e mi sorride.
«Non sarai gelosa di mia sorella vero?» scoppia a ridere piegandosi in avanti per baciarmi sulla bocca.
Mi prende il viso tra le mani e guardandomi negli occhi dice «io amo solo te.»
Il mio cuore fa una capriola.
«Tra due giorni torno a casa. Se non sei troppo gelosa di mia sorella può venire anche tu.» sghignazza lui.
«Scemo.»
«Ti amo anch'io.» dice facendomi la linguaccia.
Torniamo a letto e ci rimettiamo a dormire, abbracciati l'uno all'altra.
«Buongiorno piccola.» esclama lui, posando sul letto un vassoio con sopra una rosa rossa, un cappuggino con la schiuma che forma un cuore e un croissant ripieno di crema al pistacchio.
«Wow! Grazie.» dico mettendomi a sedere.
«Stasera, preparati. Ti porto a cena fuori, poi una serata di baldoria.» mi fa l'occhiolino e si toglie la maglietta, scoprendo i suoi perfetti e lucenti addominali e pettorali bagnati di sudore.
«Sono andato a correre stamattina presto. Non volevo svegliarti. Mi faccio una doccia, vieni con me?» chiede, mentre si abbassa i pantaloni insieme ai boxer davanti l'ingresso del bagno. Sposto il vassoio della colazione e lo seguo.
Mi spoglia e mi fa sedere sul mobile del lavandino di marmo bianco.
«Dovremmo tornare quindi l'estate prossima. Ovviamente con nostra figlia.» esclama a voce alta per farsi sentire sopra il rumore dell'acqua della doccia che Mark ha appena aperto.
Ancora non riesco a crederci.
Io mamma?
Mi tocco l'addome mentre lui sente se l'acqua è duventata calda.
«Ancora non mi sembra vero.»
«Che cosa?»
«Che sono mamma. Fino a qualche giorno fa ero solo una ragazza confusa, disorientata e completamente smemorata, e ora mi ritrovo in procinto di sposarmi e di essere mamma. Non mi sembra vero.» dico, mentre Mark si avvicina a me.
«Mi odierà?»
«Chi?»
«Mia figlia. Mi odierà per non averle fatto da madre in questi mesi...?» gli occhi mi si riempiono di lacrime.
«No. Non ti odierà affatto. Ti prego non ci pensare nemmeno.» dice e mi bacia sulla fronte.
Quando entriamo in doccia, l'acqua è calda e piacevole.
Mentre lavo i suoi addominali e lui lava il mio seno, tra l'odore inebriante di cocco e vaniglia del bagnoschiuma che invade la spaziosa doccia, ci invade i sensi.
In un secondo, mi trovo in braccio a lui che mi tiene con le gambe divaricate facendomi appoggiare con la schiena al vetro della doccia e mi bacia affondando in me.
Facciamo l'amore in quel modo per un tempo che mi sembra infinito.
«Ti amo.» gemo, gettando la testa all'indietro.
Mi inginocchio davanti a lui mentre ansima il mio nome e dice «sto per venire».
Lo tocco con entrambe le mani a tratti velocemente e a tratti lentamente, sentendolo pulsare sempre di più in mano, stimolando ripetutamente la sua punta piena di schiuma finché non esplode sul mio viso, sul mio seno e nella mia bocca.
«O mio dio...» geme e mi fa alzare mentre mi dice «sei unica».
Dopo aver finito la doccia, usciamo entrambi in accappatoio zuppi d'acqua.
Mi asciugo e mi metto le biancheria, un paio di pantaloni grigi di tuta insieme a una felpa bianca. Mi siedo sul letto e faccio colazione mentre Mark inizia a sistemare le sue cose nella sua valigia.
«Va tutto bene?» mi chiede e io annuisco mentre lo aiuto a fare la valigia.
«Non sembri molto convinta.»
«Stavo pensando a delle cose...»
«Ovvero?»
«A come saranno le cose d'ora in poi. Tornare a casa, lasciare le persone alla quale voglio bene...» la voce mi muore in gola.
«Non dobbiamo partire per forza. Possiamo restare qui.»
Mi giro di scatto e dico «vivere qui? In Italia? No!» cammino avanti e indietro per la stanza, mentre lui si siede sul letto.
«Tu hai...il tuo lavoro lì. La tua vita in America.»
«Ella, era anche la tua vita, prima dell'incidente. Avevi anche tu un lavoro e persone che tenevano a te. Dakota mi chiede ancora quando torneremo.»
«Dakota?» chiedo e lui annuisce dicendo «è una tua amica... Fa così male vedere quante cose non riesci a ricordare. Cosa ricordi, di preciso?»
«Che non ho più i genitori, questo è l'unico ricordo che avevo, fino a poco tempo fa.» Mark non replica e io decido di tagliare corto dicendo «forse...è meglio se parti solo tu.»
Abbasso gli occhi sulle mie mani e prima ancora che continui a parlare, dice in un sussurro «sei ancora innamorata di lui, vero?»
«No.» mento «solo che...sono così confusa. Disorientata. Persa.»
«Ella» Mark mi prende le mani, mi guarda negli e si avvicina a me «non mentire a te stessa. Se vuoi restare, basta dirlo. Non è un problema.
Se invece vuoi restare perché ami ancora lui, beh...dobbiamo parlarne.»
«Mark, io so che tra noi c'è qualcosa. Qualcosa di importante. Quando mi hai detto che abbiamo avuto una bambina, non mi sembrava vero, ero felicissima. Io mamma?» mi esce un sorriso a trentadue denti.
«Piccola, non è colpa tua. Non ti do la colpa esserti innamorata di un'altra persona. Davvero, ti capisco. Se hai bisogno di andare da lui, va. Io mi fido di te.»
Lo guardo a bocca aperta. Sono sorpresa della fiducia che lui abbia riposto in me.
Lo bacio sulla guancia e dico «grazie» per poi infilarmi la giacca, prendere la borsa e uscire dalla stanza, richiudendomi la porta alle spalle.
Arrivo fino a l'ascendente e quando vi entro, in pochi secondi arrivo nell'altrio.
Fuori dall'hotel, cammino lungo il marciapiede e finalmente riesco a fermare un taxi.
Dopo aver detto l'indirizzo dell'ospedale al tassista, chiamo Lucrezia e gli chiedo se è lì con lui, ma lei mi dice che con lui c'è Bianca.
«Va bene, ti ringrazio.» dico e chiudo la chiamata.
Quando arrivo davanti l'ospedale, pago il tassista ed entro nell'edificio tutto pitturato di bianco e alcune pareti di un celeste sbiadito.
Salgo le scale e appena arrivo fuori dalla sua stanza, faccio lunghi e profondi respiri, prima di bussare alla sua porta.
«Avanti.» dice.
Apro la porta e quando i miei occhi incriciano i suoi, il suo sorriso si allarga sulle sue labbra.
«Be... Ella.» dice mentre entro mi siedo accanto a lui su una poltrona blu.
«Ciao Alessandro.»
«Non mi aspettavo di vederti. Come stai?» dice.
«Bene. Tra due giorni torno a casa mia. Volevo salutarti.» dico, anche se non riesco a guardarlo negli occhi.
«Torni a casa? Perché?» sospira.
«Lì ho mia figlia. Ho una vita in sospeso. Il tempo che ho visto qui, lì si è fermato. È ora di riprendere.» esclamo mentre gioco continuamente con il gancetto della mia giacca.
«Capisco. Beh... Mi mancherai. Ma questo non serve nemmeno che lo dica, lo sai vero?» dice e io annuisco.
«Ci rivedremo?» chiede.
«Non credo. Ma poi, nella vita non si sa mai. Quindi mai dire mai.» dico e gli sorrido.
«Mi dispiace davvero tanto per quello che ti ho fatto... Spero tu possa perdonarmi un giorno.» mi alzo dalla poltrona senza rispondere e dico «è tutto ok. Devo andare ora, sono passata solo a salutarti. Rimettiti presto.» mi chino su di lui e lo bacio sulla fronte in modo gentile.
«Grazie di essere passata. Mi ha fatto davvero piacere.» mi abbraccia per qualche secondo poi mi avvio alla porta.
«Fa buon viaggio.» dice e io gli sorrido ringraziandolo, per poi uscire dalla sua stanza.
Una volta tornata in hotel, vedo che si sono fatte le otto di sera.
«Abbiamo un tavolo prenotato al
Magnifique. Un ristorante francese sul lungomare, vicino la spiaggia Marechiaro.» dice Mark mentre lo trovo a farsi la barba in bagno quando entro in camera.
«Oh.» dico e poso sul letto la borsa.
Mi spoglio velocemente e mi infilo in doccia. Appena esco, mi asciugo e mi infilo un abito rosso fuoco scollato con uno spacco laterale, con una cinta piena di diamanti in vita. Mark nel mentre si sta sciacquando via la schiuma dalla faccia per poi mettersi il dopobarba.
Metto del fard, un po' di mascara e una matita nera, ombretto brillantinato e il rossetto. Infilo le scarpe con il tacco e sono pronta dopo essermi spruzzata il mio profumo preferito.
Quando Mark esce dal bagno, resta a bocca aperta guardandomi.
«Sei meravigliosa.»
«Tu lo sei.» dico andandogli in contro per sistemargli la cravatta nera.
Lo guardo negli occhi e lo bacio mentre lui mi tiene i fianchi.
Nel petto sento i fuochi d'artificio, e nello stomaco le farfalle. Mi sento mancare la terra sotto i piedi e i brividi si fanno strada sempre di più sulla mia pelle.
Mi bastano quelle sensazioni per capire.
«Sono tua. Solo tua.» gli prendo il viso tra le mani e lo bacio di nuovo.
«Ti amo. Non ho mai smesso di farlo.» dice sulle mie labbra.
«Togli il fiato signor Harper.» sussurro al suo orecchio per poi mordergli il lobo.
«Anche tu, non sai quanto. Sarà meglio che usciamo di qui, sennò ti prendo sul pavimento in questo istante.» sussurra.
Scoppio a ridere e vado a recuperare la mia pochette e il cappotto e usciamo da quella stanza.
Quando arriviamo all'ascensore e vi entriamo, in pochi secondi ci ritroviamo nell'atrio.
Appena fuori dall'hotel, Mark mi apre la portiera della sua macchina dal posto del passeggero per poi sedersi al mio fianco al posto di guida e partire a razzo sulla strada.
Appena arriviamo al ristorante e aver preso posto al nostro tavolo, un ragazzo biondo ci consegna due menù.
«Io prendo le vongole alla napoletana» dice Mark «poi delle scaloppine al vino rosso con patate e verdure grigliate per contorno.» il cameriere annuisce e scrive il suo ordine e si gira verso di me, in attesa:
«paccheri al sugo e calamari, per secondo invece carne di maiale alla pizzaiola e insalata di polpo e patate per contorno.»
«Da bere una dottiglia di sauvignon, grazie.» dice Mark porgendogli il menù insieme al mio. Il cameriere sparisce in cucina.
«Com'è andato l'incontro con...»
«Bene. Mi ha fatto bene vederlo, perché mi ha schiarito le idee una volta per tutte. Ora so cosa voglio. E io voglio te.» dico prendendogli la mano e sporgendomi in avanti.
Con la coda dell'occhio vedo il cameriere venire verso di noi.
«Non porto le mutandine.» sussurro e in quel momento il cameriere sbuca accanto a noi per poi aprire la bottiglia, ma prima che inizi a versare il vino nei nostri calici, Mark lo ferma e dice «facciamo noi, grazie» il cameriere annuisce e torna in cucina.
«Sono duro da prima che uscissimo dall'hotel. Ora mi sta esplodendo, giusto perché tu lo sappia.» dice versando il vino prima nel mio bicchiere e poi nel suo.
«Dov'è finito il suo autocontrollo signor Harper?» sorrido e bevo un sorso di vino.
«Mmmm è molto buono.» mi lecco l'angolo della bocca bagnato dal vino.
«Si, anche tu sei buona nella mia bocca.» dice facendomi l'occhiolino.
Scoppio a ridere e dico «mai quando te.»
Il cameriere ci porta la prima portata e iniziamo a mangiare.
«È ottimo.» dico attentando la prima forchettata di pasta.
Dopo aver finito il primo, ci vieni portato il secondo, con un'altra bottiglia di vino bianco di nome Chardonnay.
Finita la cena, Mark paga e usciamo dal ristorante.
«Grazie per la cena.» dico mentre camminiamo.
Mi bacia sulla fronte e mi prende per mano.
Mentre camminiamo sul lungo mare, mi viene in mente una cosa.
«Chissá se la rivedrò.»
«Chi?»
«Stella.»
«Chi è Stella?»
«È una bambina che ho conosciuto quando sono stata in ospedale. Era molto malata.» spiego, guardando il mare.
«Perchè ci hai pensato ora?» mi chiede Mark.
«Le piaceva la mia voce, mi ha sentita cantare la canzone della Sirenetta. Guardando il mare, mi è venuto in mente.» dico sorridendo.
«Spero davvero tanto che guarisca.»
«Lo spero anch'io.» dice Mark.
«Sai, anche lei non ha più la mamma.»
«Povera piccola.»
«A volte mi manca.»
«Stella?»
Scuoto la testa per dire no «mia madre» dico girandomi per guardarlo.
«Ci ho pensato spesso. L'ho sognata spesso. È lei che mi da la forza. È lei che non mi fa mai crollare. Che mi sostiene sempre.
È lei a credere in me, più di quanto ci creda io. Spero sia fiera della persona che sono. Spero sia felice per me. Spero che ovunque sia...» agito in aria le mani «lei stia bene.»
«Lei ti ama ed è con te sempre. Non avere paura di questa vita. Vivila come avrebbe fatto lei.
Vivi ogni giorno come se fosse l'ultimo, al massimo.
Vivi questa vita Ella. Vivila per te, per lei. Perché lei...» mi tocca il petto «è sempre qui dentro.»
Mi stringe a se e io lo bacio.
«Sono così fortunata signor Harper ad essere tua.»
«Sono fortunato da quel giorno in quel bar con i tuoi compagni di scuola, quando ti ho vista seduta a bere il tuo caffè. È stato il giorno che mi è cambiata la vita. Che mi è stata migliorata.
E non ho alcuna intenzione di sprecare questa vita.» dice.
Io gli sorrido e mi sfilo i tacchi e inizio a correre sulla sabbia fredda urlando «l'ultimo che arriva lì è un rammollito!»
«Preparati a perdere!» urla a sua volta e inizia a correre insieme a me.
«Non mi raggiungerai mai!» dico ridendo e corro più veloce tenendomi il vestito in mano.
«Presa!» mi afferra per i fianchi e crolliamo sulla sabbia.
Mi afferra le mani e le tiene sopra la mia testa con le sue.
Mi bacia con foga la bocca e poi scende fra le mie gambe.
Le spalanca e inizia a baciarmi l'inguine mentre mi penetra con due dita.
«Sei così pronta piccola.» dice e io mi metto sdraiata di schiena sul cappotto lungo.
Si abbassa la zip dei suoi pantaloni eleganti neri e tira fuori il suo pene in completa erezione per poi affondare dentro di me.
«Cazzo.» sussurra sul mio collo.
«Ancora.» lo supplico e lui affonda ripetutamente dentro di me senza sosta.
«Non ti fermare.» sussurro e lo tiro per la cravatta per avvicinarlo di più a me per baciarlo.
«Ti amo.» dico con un gemito.
Lui aumenta il ritorno e a me sembra di impazzire.
«Mark!» urlo il suo nome esplodendo attorno a lui gettando la testa indietro.
Lui continua e affonda dentro di me ancora e ancora, portandomi per la seconda volta all'orgasmo in pochissimi minuti.
«Dimmi che ne vuoi ancora.»
«Si...» sussurro sfinita, ma mai di lui.
Lui scende a leccarmi per un tempo che mi sembra infinito, facendomi venire nella sua bocca di nuovo.
Mentre lentamente entra di nuovo dentro di me, io gli prendo la testa tra le mani e lo stringo al mio petto.
«Ella...» sussurra mentre si spinge dentro e fuori da me mentre esplode, riempiendomi.
«Sono così felice.» dico guardandolo negli occhi.
«Anch'io. Sei la felicità che mi ha donato la vita. Tu insieme alla nostra piccola.» mi bacia e si sdraia accanto a me sulla sabbia.
Nonostante faccia molto freddo, non cambierei niente di questo momento.
Quando mi alzo, le gambe mi tremano tantissimo.
«Tutto ok?» chiede Mark e io annuisco dicendo con il sorriso guardandolo negli occhi «si, ho solo tutto il corpo drogato di te.»

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