10.

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5 dicembre.

Appena mi sveglio, Alessandro non è nel letto.
Guardo l'ora e vedo che sono le cinque del mattino.
Mi alzo e vado alla ricerca del mio bellissimo ragazzo.
«Ale?» lo chiamo ma lui non risponde.
Quando esco in balcone, mi viene quasi un colpo trovandolo in piedi vicino alla ringhia con solo i pantaloni del pigiama addosso.
«Cazzo, si gela! Ma vuoi ammalarti? Torna dentro!» esclamo a voce alta trascinandolo in casa.
«Che ci facevi in balcone?»
Quando mi guarda, i suoi occhi sono molto rossi.
«C-cercavo...»
«Cosa? Che cosa cercavi?»
«...m-mia madre.» solo quando mi avvicino di più a lui riesco a sentire l'odore dell'alcool.
«L-lei era q-qui... In casa nostra.»
Mi si spezza il cuore a vederlo così. Un bambino fragile, spaventato, orfano che rivuole solo i suoi genitori. Sentirsi figlio.
«Hai fatto un brutto sogno?»
Lui scuote la testa e alza il braccio destro indicando il balcone e con un singhiozzo disperato urla «lei era proprio lì!»
Faccio per sfiorargli la mano, ma con un gesto velocissimo la sua mano arriva dritta alle mie labbra e alla guancia.
Lui si gira di colpo non appena si rende conto di quello che ha fatto e mi abbraccia forte.
«Ti prego scusami...»
Non ho il coraggio di allontanarlo da me in quelle condizioni. Lo sento tremare quando lo stringo a me, mentre un pianto disperato e singhiozzi incessanti rimbombano nell'appartamento.
Quando si stacca da me, gli accarezzo i capelli e poi la guancia mentre il labbro gli trema.
«Ti prego perdonami... N-non l'ho fatto apposta.»
«Lo so. È tutto ok, tranquillo.»
Non è ok lo so bene dentro di me,  ma non voglio ora come ora mettermi a litigare con lui in queste condizioni.
So che non l'ha fatto di proposito a tirarmi uno schiaffo... Non può certo passarla liscia.
«Mi perdoni?»
«Ne riparliamo quando sarai sobrio Alessandro.»
Mi tocco il labbro e delle gocce di sangue mi macchiano l'indice della mano.
«Cazzo...» esclama, notando il mio labbro.
«Tranquillo...» faccio per accarezzargli la guancia ma si tira indietro.
Vado in bagno per sciacquarmi il labbro e quando torno, è seduto sul divano con la testa tra le mani.
«Sono un mostro.» la sua voce roca e strozzata dal dolore che prova mi mette i brividi.
«No che non lo sei. Non lo hai fatto apposta.»
Mi metto a cavalcioni su di lui e lo bacio.
Il suo corpo è rigido sotto di me e freddo come il ghiaccio.
«Io non ti merito...»
Il muro che ha messo tra di noi è quasi indistruttibile. Fa male sentirlo così, ma ancora di più sapere che soffre in questo modo, e che io non posso fare tanto per aiutarlo se non standogli vicino.
Abbracciandomi infila la testa nei miei capelli e inspira il mio odore mentre con le braccia mi stringe a se.
«Spesso mi sono addormentato in balcone. A volte sulla sdraio con il piumone addosso, altre volte ho portato fuori il materasso e ho dormito per terra. La claustrofobia che sento di notte è insopportabile.
Non riesco a dormire per troppe ore se non mi sveglio almeno una volta ed esco in balcone.
A volte sto benissimo per mesi, altre volte passano mesi prima che riesca a dormire bene.
È sempre lo stesso sogno... Lo stesso maledetto incubo...» gli tremano le mani mentre mi tiene per i fianchi seduta su di lui.
«Che incubo?»

«M-amma! M-amma!»
La casa è piena di fumo, un odore insopportabile appesta la casa e un forte bagliore rosso illumina il soggiorno mentre cammino verso la mamma.
Lei è per terra insieme a papà.
La mamma tossisce e mi dice «t-trova... aiuto... Aiuto Alessandro.» lei cerca di alzarsi ma non riesce.
Non so esattamente cosa devo fare o dove devo andare. Ho solo sei anni...
La prima cosa che mi viene in mente è andare fuori.
Spingo il mio sgabello colorato verso la finestra e quando la apro, l'odore inizia a uscire.
Smuovo la mamma, ma lei non risponde.
Il cattivo odore mi brucia la gola e gli occhi. Il fuoco sta bruciando la cucina.
Cerco di chiamare la mamma ma lei non risponde. Non riesco a svegliarla. È stesa sul pavimento accanto a papà e non si muove.
Ad un tratto qualcuno apre la porta. Delle persone vestite di giallo.
Mi prendono in braccio e mi portano subito fuori da casa.

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