Nineteen

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Dear patience
Niall Horan
(Leggere a fine capitolo.)

Il sole brillava sulle guance pallide di Abigail, mentre affondava le dita fra le ciocche morbide dei suoi capelli.
Le sue labbra le accarezzavano il collo e un sospiro si frantumò nell'aria, avvicinandosi in modo tale da avvolgergli il bacino con le gambe.
Gli tolse gli occhiali da sole e guardò i suoi occhi chiudersi, pochi istanti per abituarsi alla luce naturale.
Erano blu, solo pochi frammenti di celeste sfumavano l'iride, li trovava dannatamente belli che solo l'idea che non fosse l'unica a guardarli, la faceva impazzire.
Strofinò i loro nasi e unì le loro labbra, mentre Niall le infilava una mano alla base dei capelli, stringendola al proprio corpo.
Abigail quasi tremò a sentire quando il tocco delicato del morò l'abbandonò per dare spazio una brillante risata.
Affondò il viso fra la spalla e la clavicola e inebriandosi del suo profumo, cadde in un'amore tanto profondo da fermare anche il battito del suo cuore.

Niall

Se c'era una cosa che Niall non sopportava era quella di sentire la sveglia scattare prima delle undici della mattina.
Odiava svegliarsi presto, in principio era motivato dall'idea che tutto sarebbe servito a pubblicizzare la sua musica e alle prove per i concerti che avrebbe avuto.
Ma nell'ultimo anno era rimasto molto fermo e l'unico motivo per cui non trovava sonno era il pensiero di Abigail accanto al suo corpo.
Ora non c'era però e la voce di Tara martellava nella sua testa; voleva solo girarsi dall'altra parte e sparire per quanto possibile.
Negli anni era stato bravo a nascondere quando qualcosa non andasse nella sua vita, era riservato al punto da non manifestare nemmeno una piccola lacrime.
A non giustificare i suoi sorrisi e ad assecondare ogni situazione, in poche parole la pazienza era stato il fulcro degli ultimi undici anni della sua vita.
La paura che salendo nuovamente su un palco e che tutta la sua sofferenza si sarebbe manifestata come una nuvola in cielo, cresceva al punto da fargli mancare quasi il respiro.
Una mano calda, gli strofinò la cute e strinse gli occhi sentendoli bruciare per il mancato sonno della scorsa notte.
«Niall, tesoro lo so che sei stanco. Ma devi alzarti, faremo tardi.»
Non mosse un muscolo fino a quando non sentì la porta della sua stanza d'hotel chiudersi nuovamente.
Spostò le lenzuola bianche e fissò la poca luce che entrava dalle persiane, allungando il busto per afferrare il cellulare.
Il messaggio di Abigail che gli augurava un buongiorno era la prima notifica che i suoi occhi vedevano quella mattina, e ad essere sinceri non aspettava altro.
Il sorriso che esordiva nella foto profilo lo riassicurò per pochi minuti, scosse la testa e rispose pensando che a quest'ora avesse appena finito di pranzare.
Si alzò dal letto e camminò nel bagno, aprì il rubinetto della doccia e ci si infilò sperando che l'acqua potesse spazzare via quella malinconia che da cinque giorni lo stava asfaltando.

Utilizzava i social nel modo in cui chiunque li avrebbe utilizzati, per vedere quanto i suoi fan apprezzassero i suoi contenuti musicali soprattutto.
In quella giornata avrebbe recuperato un concerto che aveva annullato per stare a Londra con Abigail e seguirla nelle cure.
Ma nei giorni precedenti aveva già avuto occasione di stringere la propria chitarra fra le mani e fu una delusione scoprire, che il suo umore frantumato non era passato inosservato.
Credeva di essere stato brillante sul palco, ma forse non basta più essere intonati e interagire con la band.
L'unica che si era davvero accorta del problema, alla fine era Abigail, che la sera prima lo aveva tenuto al telefono quasi tre ore pur di sistemare questo malessere.
Nonostante il fuso orario, era rimasta sveglia pur di aiutarlo e Niall, sentiva ogni parte di se innamorarsi di quella ragazza, tutti i giorni sempre di più.
Motivo per cui ora muoveva i pollici velocemente sulla tastiera mentre Ab gli raccontava della sua giornata, di cosa aveva mangiato e se aveva preso le medicine.
Tara scosse la testa mordendo un biscotto e spostò un piatto di croissant accanto alle mani del moro:«Niall devi mangiare.»
Fece spallucce e si alzò dalla sedia afferrando i suoi occhiali da sole e sistemando la sedia sotto il tavolo.
«Mi rimarrebbe sullo stomaco e più tardi ho un concerto, mangerò dopo. Possiamo andare prima alle prove? Ho tempo di telefonare ad Abigail.»
La mora non se lo fece ripetere due volte e annuì seguendolo verso l'auto che li avrebbe accompagnati al teatro dove si sarebbe esibito.
Sarebbe stato un piccolo concerto e Niall ringraziava, perché nonostante anni di carriera alle spalle, non sarebbe stato in grado in quelle condizioni di gestire un palazzetto.

New Year, second part// N.HDove le storie prendono vita. Scoprilo ora