Capitolo otto. Giugiulola

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"Se vuoi ci fermiamo ancora per qualche minuto, tanto non fa niente"
Sam fermò la musica e si sedette per terra e Giulia andò a sedersi sulla panca di fronte a lui.
"Scusami, oggi non ci sto con la testa"
Era trascorsa una settimana da quando lei e Sangio stavano insieme. Una settimana indimenticabile: entrambi si stavano conoscendo sempre di più e, nonostante i rispettivi impegni, trovavano sempre il modo per vedersi anche solo per un paio di ore. Solo che Sangio non sapeva, o almeno lei non glielo aveva detto direttamente, che stava male. Stava male perché da quando vide quel volto di quel ragazzo a Sant'Angelo si ricordò di tutto ciò che le aveva fatto passare alle medie, insieme alla sua combriccola di amici.
"A cosa pensi?"
Scosse la testa, tornando alla realtà. Sorrise a Sam e si alzò. Lui sorrise e, non chiedendole nulla, accese la musica per cominciare di nuovo a provare, provare e provare.
Una volta terminate le prove, caddero entrambi per terra, sfiniti.
"Davvero bravi" entrambi si voltarono e videro sangio, sorridente, applaudire. La scorsa volta Giulia li presentò e, stranamente, si trovarono in sintonia. Stranamente, pensò Giulia, perché Sam non era la classica persona che Sangio frequentava, anzi erano molto diversi.
Giulia scoppiò a ridere e si alzò, andando a prepararsi per andarsene, lasciando Sangio chiacchierare con Sam
"Com'è andata?"
"Eh bene, solo che sono un po' stanca"
"Effettivamente ti stai affaticando molto ultimamente. Lascia che ti porti in un posto"
"Ma puzzo" e scoppiò a ridere
"Ce ne faremo una ragione" le diede un bacio sulla guancia e partì. Giulia aprì il finestrino e si fece una coda alta, accaldata.
"Almeno chiuditi quel coso, altrimenti prendi un accidente"
Lei rise ed eseguì: era bello come lui si prendesse cura di lei, forse neanche rendendosene conto.
"Mentre ti toglievi gli abiti di scena ho parlato con Sam. Ha detto che ti vede strana"
"Non è niente sangio, sono solo stanca"
"Eri stanca anche ieri e l'altro ieri?"
"Sono stanca, niente di più niente di meno"
"C'è qualcosa sotto"
"Lascia stare"
"Perché invece non ti sfoghi e non mi dici che hai? Sono due giorni che non fai altro che dire che sei stanca giu, cazzo riposati allora".
Accostò la macchina e si voltò verso di lei, per guardarla meglio. Notò l'espressione dispiaciuta sul volto di Giulia e subito cercò di aggiustare la situazione.
"Scusa se sono risultato brusco. Ma mi puoi dire che c'hai senza che ti tieni le cose dentro? Se non impariamo a comunicare come può andare avanti questa storia?"
Aveva ragione, pensò Giulia. Solo che non sapeva se fosse pronta o meno a parlarne.
"Ti va di andare al Milvio? Così parliamo lì con calma"
Lui la guardò per un momento, sospirò e riparti con l'auto. Non parlarono per tutto il tragitto e Giulia stava pensando a cosa dirgli una volta arrivati: come avrebbe affrontato il discorso? E se lui l'avesse ritenuta esagerata?
Una volta arrivati si sedettero. Giulia cacciò dal suo borsone un quaderno e una penna e cominciò a scrivere. Sangio la guardava e quando lei lo vide rise e si girò verso il lato opposto. Sangio non disse niente, aspettando impaziente. Cosa stava scrivendo?
Dopo dieci minuti abbondanti, Giulia si voltò verso sangio e lo vide con le cuffie nelle orecchie. Sorrise, gli diede il quaderno e prese lei il telefono con le cuffie, ascoltando la musica al posto suo.
"giugiulola"
Sangio lesse ad alta voce, ma lei si allontanò, ponendosi al lato opposto del milvio. Si sedette e lo guardava, mentre ascoltava la musica.
Sangio riprese a leggere, questa volta in mente.

"Non sono brava con le parole e faccio sempre difficoltà ad esprimere ciò che sento al meglio. Se ci sono errori ortografici scusa, faccio del mio meglio :)
Giugiulola ride sempre. Ride per sdrammatizzare, ride perché imbarazzata. Ride perché è contenta e pensa che ride anche quando è triste.
È strano che io vada costantemente alla ricerca della felicità e delle risate ma le persone non fanno lo stesso. Da piccola mamma diceva sempre che la mia risata era miracolosa, riusciva a sollevare l'umore di tutti. Così sono cresciuta con questa convinzione e abitudine.
Alle elementari tutti i bambini mi adoravano per quello e avevo anche un amico, Giulio, che ogni tanto mi chiedeva apposta di ridere, perché la mia risata lo faceva stare bene.
Arrivata alle medie non trovai nessuno dei miei compagni delle elementari nella mia classe. Gente nuova, nuove amicizie pensai. Cercai di farmi qualche amico, ma ottenni scarsi risultati.
Non gli piacevo. Ero strana, quella che pensava sempre alla danza e con le occhiaie perché ero costretta a studiare fino a notte tarda per portarmi avanti. Mi deridevano. Ogni tanto balbettavo, e quando lo facevo scoppiavo a ridere. Per loro ero folle, pazza. Non uscivo mai dalla classe, solo una volta durante ricreazione. Quando tornai in classe vidi tutto il mio giubbotto tagliato con le forbici e tutto sporco. Tutti mi guardarono e scoppiarono a ridere e io feci finta di nulla. Da quel momento in poi, passai ogni ricreazione sola nel mio banco. Non andavo mai in bagno, avevo paura potessero rompermi qualcosa. Ero affezionata alle mie cose, attaccata. Non perché io sia materialista, ma perché pensavo ai miei genitori e ai sacrifici che facevano per me, per comprarmi le cose.
Nonostante tutto però ridevo, un po' come se fosse un'arma. Arrivato il liceo la situazione non cambiò tanto, ma almeno nessuno toccava le mie cose.
Una volta una ragazza mi urlò in faccia vedendomi ridere. "Prima di sorridere sistemati i denti". Lei rise e io risi, buttandola sullo scherzo.
Da quel momento in poi, ho iniziato a ridere mettendomi la mano davanti ai denti (eccoti spiegato perché ogni tanto lo faccio quando ti sono di fronte). Andai a casa e pregai mamma e papà di mettermi un apparecchio.
Non è vero che sono stanca, hai ragione.
Ti ricordi quella notte a Sant'Angelo, quando mi nascosi dietro di te? Avevo visto uno dei bulletti delle medie. Avevo paura potesse venirmi vicino e dirmi qualcosa di brutto.
Ultimamente sono riaffiorati tutti questi brutti ricordi, ma ho deciso di combatterli. Voglio vincere io, solo che da sola ho paura di non farcela, mi aiuti?"

Sangiovanni aveva le lacrime agli occhi: se solo Giulia sapesse anche del suo di passato...
grazie a questa lettera capì tante cose. Capì perché ogni tanto quando si trovavano l'uno di fronte all'altro lei si nascondeva i denti, e lui era sempre costretto a prenderle la mano e toglierla dal viso. Capì il perché di quello strano gesto di nascondersi dietro di lui e trascinarlo via quasi correndo. Capì perché l'altra volta, quando Deddy le disse che le avrebbe tenuto il giubbotto, lei rimase in silenzio per qualche secondo a fissare il nulla.
Si alzò e andò verso di lei, ponendosi tra le sue gambe.
Si fece prestare la penna e anche lui iniziò a scriverle qualcosa sul quaderno.

"Ci sono due tipi di persone nella vita: quelle che insegnano a volare e quelle che volano. Poi ci sono quelle persone che sono entrambe le cose.
Io ho il coraggio e la pazienza di prendere un'anima così piccola e di poggiarla su un piedistallo, trasformarla in un qualcosa di enorme."

A quelle parole sorrise. Subito lui le prese il telefono da mano e le fece ascoltare un audio che si era salvato tra i preferiti, di quando lei gli stava raccontando che il papà aveva capito si fosse fidanzata. A risentire quell'audio Giulia scoppiò a ridergli in faccia non riuscendo a trattenersi.
Guardandola sorridere, le prese il telefono e lo mise nella sua tasca, togliendole piano le cuffie e disse
"Ridi. Ridi perché è la cosa più bella del mondo"
Lei sorrise e lo abbracciò, restando così per parecchio tempo.

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