𝙲𝚑𝚊𝚙𝚝𝚎𝚛 𝚎𝚕𝚎𝚟𝚎𝚗 - 𝙷𝚊𝚞𝚗𝚝𝚒𝚗𝚐 𝚙𝚊𝚜𝚝

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𝚃𝚑𝚎 𝚊𝚞𝚝𝚑𝚘𝚛'𝚜 𝚜𝚞𝚐𝚐𝚎𝚜𝚝𝚒𝚘𝚗𝚜:
- 𝙼𝚒𝚜𝚜 𝚢𝚘𝚞 (𝙻𝚘𝚞𝚒𝚜 𝚃𝚘𝚖𝚕𝚒𝚗𝚜𝚘𝚗)
- 𝙹𝚎𝚝 𝚋𝚕𝚊𝚌𝚔 𝚑𝚎𝚊𝚛𝚝 (5𝚜𝚘𝚜)
ᴄᴀʟ's ᴄʜᴏɪᴄᴇs:
- ɢʜᴏsᴛ ᴏғ ʏᴏᴜ (5sᴏs)
- ʙʀᴏᴋᴇɴ ʜᴏᴍᴇ (5sᴏs)
- ᴛᴏᴏ ʏᴏᴜɴɢ (ʟᴏᴜɪs ᴛᴏᴍʟɪɴsᴏɴ)

Calum era rimasto a pensare per un bel po', quella sera, mentre lo staff finiva di smontare gli strumenti e l'impianto audio. Si era messo a sedere sul palco, con le gambe a penzoloni dal bordo e il basso ancora tra le mani. Ormai lo stadio era deserto, a parte la gente dello staff.
Forse Ashton aveva ragione. Era stato uno scemo a pensare che qualcuno sarebbe rimasto a sua disposizione per una sera ogni tanto solo perché era un codardo. Ed era stato troppo egoista per accorgersi del male che stava facendo ad Ashton.
Ashton. Ormai la sua vita ruotava intorno a lui. Era tutto ciò a cui riusciva a pensare. Forse anche Michael aveva ragione. Forse teneva ad Ashton più di quanto fosse disposto ad ammettere.
Forse.
Si decise ad alzarsi da lì. Era stufo di tutto. Non solo di quel lavoraccio che gli era toccato, ma anche stufo di avere paura.
Andò dritto verso il camerino di Ash, tanto sapeva che l'avrebbe trovato lì. E infatti, un attimo dopo aver bussato, da dietro la porta spuntarono gli occhi chiari del collega. "Ciao. Che c'è?"
"Mi dispiace" mormorò Calum, per poi mordersi la lingua. Era l'unica cosa che gli era venuta in mente, e faceva pena. Forse avrebbe dovuto pensare a qualcosa da dire prima di presentarsi da lui, ma non gli importava più di tanto. L'importante era lui.
"Per cosa?"
"Per averti usato così. Ti ho fatto del male senza accorgermene, perché pensavo solo a me stesso, e mi dispiace perché tu meriti qualcun altro, qualcuno migliore di me. Ti meriti tutto l'amore del mondo" ammise, con un filo di voce.
Ashton accennò un sorriso e scosse la testa. "Io non voglio qualcun altro. Lo sai che voglio te. E dispiace anche a me" sospirò, abbassando lo sguardo. "Non avrei dovuto urlarti contro. Forse avevi solo bisogno di rassicurazioni e…"
"No" lo interruppe. "Fidati, forse mi è servita di più la tua sgridata. È stata solo colpa mia. Adesso ho capito che hai ragione, non possiamo continuare così. Devo solo… pensarci su, ecco."
Ash annuì. "Va bene, prenditi il tempo che ti serve. Nel frattempo, se ogni tanto vuoi…" esitò. "Se qualche volta vuoi dormire da me, ti aspetto."
Calum gli sorrise e si avvicinò, stampandogli un leggero bacio sulle labbra. Quello che aspettava di dargli dall'inizio del concerto. "Sai benissimo che non dormiremo neanche stanotte."

"Allora, c'è qualcosa di preciso che vuoi sapere?" chiese Michael, sedendosi sul letto a gambe incrociate. Luke, dal suo posto sulla poltrona, scrollò le spalle. "Niente in particolare. Ashton mi ha solo accennato qualcosa sul tuo soprannome e su una certa missione di cui ha letto il rapporto, me niente di più. Ha detto che avrebbe tradito la tua fiducia."
L'altro annuì, concentrandosi sul drink che stringeva tra le dita. "Okay, cominciamo dall'inizio" sospirò, tirando fuori un portafoglio nero dalla tasca dei jeans. Alzò lo sguardo su Luke e lo avvertì: "Quello che c'è qui dentro non l'ha mai visto nessuno oltre a me, e quello che sto per dirti non l'ho raccontato neanche a mia madre. Mi fido di te."
Il biondo deglutì e annuì. Era una bella responsabilità. Ma perché l'aveva chiesto?
Michael aveva estratto dal portafoglio una vecchia foto, con il bordo un po' sgualcito e strappato in un punto, e la osservò per un attimo. Sospirò e la passò a Luke. "Se la strappi sei morto."
Abbassò lo sguardo e si ritrovò davanti una ragazza sorridente, con un cappello più grande di lei a coprire un po' dei suoi capelli rosa. Era appoggiata su una ringhiera, probabilmente sul fianco di una barca. Sullo sfondo c'era New York, con il mare, Liberty Island e la sua statua.
"Okay, hai visto abbastanza, ridammela" protestò Michael, tendendo la mano. Luke obbedì.
L'altro rimise la fotografia al suo posto, in silenzio, dopo averla guardata per un attimo ancora.
"Chi è la ragazza nella foto?"
"Una mia collega" spiegò l'altro, poi scosse la testa. "No, non è vero. Non era solo una collega. Era la mia ragazza. Si chiamava Crystal."
"Oh, capisco" mormorò Luke, anche se in realtà non stava capendo niente. "E cosa le è successo?"
Michael sospirò, riprendendo il bicchiere tra le mani tremanti. "Una volta eravamo in missione insieme, qualche anno fa, e… avevamo appena finito l'addestramento, eravamo ancora piccoli. C'era… c'era un altro assassino che dovevamo prendere, e c'eravamo quasi. Avevamo capito chi fosse e anche dove fosse, e così partì un inseguimento, sai come funziona."
"E poi?"
"Poi…" esitò, come se stesse ricordando qualcosa di troppo doloroso da raccontare. "Poi successe che volli esagerare. Non ricordo neanche cosa stesse succedendo di preciso, ma so che a un certo punto l'avevo quasi preso, e… e pensavo che forse con un colpo di pistola - non per ucciderlo, ovvio, ma per ferirlo - si sarebbe fermato. Lo stavamo inseguendo da troppo a lungo ormai, non ce la facevamo più. E poi ero quasi un principiante, non mi ero mai trovato in missione da solo, senza agenti con più esperienza. Praticamente ero armato di pistola, proiettili e tanta boria. Lei… lei mi aveva detto di aspettare. C'eravamo quasi, non voleva che sprecassi le munizioni, pensava che l'avrei preso comunque, ma non la ascoltai. Sparai lo stesso, e lo presi di striscio. Sai com'è, un bersaglio in movimento è difficile da prendere per un novellino com'ero io all'epoca" spiegò.
"Lui come ha reagito?" chiese Luke. Quella storia lo stava lasciando con il fiato sospeso.
Michael sospirò di nuovo, cercando di farsi coraggio. "Male. Si girò e sparò anche lui. Non mi ero neanche accorto che era armato. Se avessi ascoltato Crystal lei sarebbe ancora viva."
Il biondo rimase a bocca aperta per un istante. "Ha sparato a lei?"
L'altro annuì. "Dritto al cuore. A malapena sono riuscito a… a scusarmi e dirle addio. Quel bastardo non sapeva neanche chi dei due avesse sparato. E poi in realtà stava mirando a me, ma lei si è messa in mezzo e… ed è successo quello che è successo. Il fatto è che… è da qui che viene il mio nome in codice. Danger. Non c'è nessun suono che odio di più al mondo. Dicevano… Nah, ma chi prendo in giro" disse, scuotendo la testa. "Lo dicono ancora. Credono… la gente crede che io abbia fatto apposta a commettere un errore del genere. Dicono che amo il pericolo più di quanto abbia mai amato Crystal. Dicono che sia io a cercare di mettermi in pericolo a tutti i costi, trascinando con me anche gli altri. Non capiscono un cazzo. Non sanno niente di me, niente."
"C'è gente che ci crede davvero?" si stupì Luke. "Pensano che tu l'abbia fatto volontariamente?"
Michael annuì. "Sono passati cinque anni e porto ancora la sua foto ovunque vada, e questo è quello che la gente pensa di me."
Il biondo non riuscì a trovare niente da dire. Stava ancora cercando di riprendersi dal racconto del collega. Non aveva mai sentito niente del genere. Doveva fare malissimo sentirsi dire cose come quelle.
"Quello che c'entra con l'ultimo omicidio…" ricominciò Michael, passandosi una mano sul volto. "... è che il mio secondo nome e quello della vittima sono uguali, il cognome è simile, nei messaggi Jackal accennava al pericolo e… beh, poi c'era quella foto. Una donna bionda di nome Laurel e una bambina di nome Annabeth. Pensavo, forse…"
"Cosa?"
"Beh, Laurel era la moglie di Gordon" spiegò Michael. Le sue guance sembravano leggermente più rosate del solito, ma forse era solo la luce. "Ed era bionda. Tu hai la stessa iniziale e gli stessi capelli di Laurel, e io… seguendo questo ragionamento, io corrispondo a Gordon."
Luke si sentì avvampare. "Crede che io e te…?"
L'altro scrollò le spalle. "Non ne ho idea. Forse, o forse è un avvertimento. Della serie, 'se vi mettete insieme finirete così'. Non lo so."
"È per questo che sei quasi scappato da camera mia, stamattina?" chiese Luke. Michael alzò lo sguardo su di lui, con aria interrogativa. "Hai paura di mettermi in pericolo?"
Danger abbassò lo sguardo e annuì. "Un po', sì. Dopo tutto quello che è successo con Crystal… Non voglio portarmi anche te sulla coscienza. Non posso lasciar morire anche te. Ho già perso troppo."
"Grazie" sussurrò Luke. "Davvero."
Michael accennò un sorriso, poi aprì le braccia. "Guarda cosa mi fai fare, non abbraccio nessuno da almeno cinque anni. Vieni qui."
Esitò un attimo. Michael stava chiedendo un abbraccio? Michael? A lui? Dopo cinque anni, ovvero dalla morte di Crystal. Cazzo, allora era vero che a lui ci teneva.
"Non farmi cambiare idea" ringhiò, come avvertimento, ancora a braccia aperte. Luke scrollò le spalle e lo raggiunse, ricambiando l'abbraccio.
Era strano. Non si aspettava che un abbraccio da Danger potesse essere così… così. Luke non sapeva neanche come descriverlo. Era come la cioccolata calda la notte di Natale, come una coperta e un caminetto dopo essere stato fuori nella neve per tutta la sua vita. Era carico di emozioni, dopo la confessione di Michael, e non gli dispiaceva. L'unico difetto che quell'abbraccio aveva fu la fine. Il biondo avrebbe voluto che durasse per sempre, ma dopo un po' l'altro lo allontanò delicatamente.
Lui si sedette sul letto accanto a lui e scosse la testa per scacciare quei pensieri sdolcinati. Che diavolo gli era preso?
Per fortuna gli venne in mente un'altra domanda, che usò come distrazione. "Come si chiamava l'assassino, quella volta?"
Michael ci pensò su per un po'. "Non ricordo il cognome, ma si chiamava… Non so, aveva un nome strano. Axel? Una roba del genere. Lo chiamavano Claw. Perché?"
Luke scrollò le spalle. "Così. Magari c'entrava con il caso."
"Non so, non credo. Mi sembra strano che dopo tutti questi anni… e poi alla fine l'avevano spedito in prigione. Non penso sia riuscito ad evadere da Rikers Island."
"Come uccideva?"
"Usava un coltello da caccia. Non molto originale" commentò Michael.
"Già, non quanto il nostro Jackal. Gli ho parlato ieri."
Michael sgranò gli occhi. "Come, gli hai parlato? Quindi sai chi è? Come fai ad essere ancora vivo? Sei un'allucinazione?"
"No!" lo frenò il biondo, ridacchiando. "Non di persona. Mi ha…"
Ding.
"... mandato un messaggio. Come ha fatto adesso" sospirò, tirando fuori il cellulare dalla tasca. Aprì il messaggio, mentre il collega si sporgeva in avanti per leggere.
«Come mai non sei in camera tua? Vuoi accelerare la tua fine, lasciandomi la strada libera? Stai tranquillo. Manca poco, White Wolf, pochissimo.»
Michael scosse la testa. "Tu stasera in camera non ci torni."
"Come, no? E dove dormo?" protestò Luke, ma poi ci ripensò. "Hai ragione, tanto ormai sono le quattro di mattina, e poi non dormo mai. Andrò al bar qui sotto, magari."
"No. O almeno non da solo. Non voglio perderti di vista" spiegò Danger, notando l'occhiata interrogativa del biondo. "Se ha visto che non sei in camera tua significa che sa dove sei e che è qui anche lui. Domattina ti accompagno alla reception e fino all'autobus. Non ti lascio da solo, o stai con me o con Ashton e Calum."
"E tu? Magari volevi riposarti un po' stasera, prima di partire."
"No, non riesco a dormire neanch'io ultimamente" confessò. "Continuo a pensare… insomma," sospirò, "da quando è scattata la mezzanotte, sono esattamente cinque anni da quello di cui ti ho parlato."

Parlarono tutta la notte, e Luke scoprì Michael non era come si vedeva da fuori. Non era duro, freddo e senza cuore. Aveva notato tante piccole cose che non aveva visto prima, come il luccichio negli occhi verdi quando rideva e il modo in cui arrossiva appena ogni volta che sfiorava la mano dell'altro per passargli il bicchiere dopo averlo riempito di nuovo.
La mattina dopo, però, Michael sembrava un'altra persona. Ma almeno mantenne la sua promessa: non lo lasciò un attimo, letteralmente. Stringeva la manica della sua camicia come se ne andasse della sua vita e continuava a guardarsi intorno sospettoso. Aveva appoggiato l'altra mano sulla cintura, vicino a dove di solito teneva la pistola.
"Michael, stai tranquillo, sto bene" gli ripeté Luke per l'ennesima volta.
"Sì, stai bene, per ora" ribatté. "Perché non ti ho lasciato tornare in camera ieri sera."
Ashton, che si era trovato lì vicino per caso, inarcò un sopracciglio e trattenne una risata. "Non l'hai lasciato tornare in camera? Caspita, buon per voi. Però ricordatevi che siamo davanti a tutti, mh?"
"Ash, non in quel senso" protestò Luke, sentendosi avvampare. "È che Jackal…"
"Sì, come no, colpa di Jackal. Non colpa dell'amico di Clifford, vero?" scherzò Calum, affrettando il passo per essere il primo a salire sull'autobus. Si voltò per un istante verso Michael, con un sorriso. "Certo, però, che non ti facevo così possessivo."
"Sta' zitto, coglione, sono serio. Luke ha rischiato grosso. Jackal potrebbe essere entrato in camera sua."
Ashton sgranò gli occhi, rallentando il passo. Stava per dire qualcosa, ma la voce di Arzaylea lo fermò. "Ciao, ragazzi. Tutto pronto?"
Indossava degli occhiali scuri enormi, nonostante fossero in un parcheggio coperto. Luke non aveva idea di come facesse a vederci abbastanza da non inciampare.
"Sì, tutto okay" la liquidò Michael, guardandosi attorno di nuovo e spingendo Luke sul bus con delicatezza. Salì subito dopo di lui e non lo lasciò finché le porte non si chiusero.
Anche quando il bus partì si sedette accanto a lui, lasciando alle valigie il suo solito posto in fondo.
Quando Arzaylea ebbe preso il suo posto in cabina Ashton si rivolse a Luke, sporgendosi oltre Calum per vederlo meglio. "Cos'è successo ieri sera?"
"È successo che Jackal gli ha scritto, chiedendogli perché non era in camera sua" spiegò Michael al posto suo. "Ha detto che gli stava facilitando l'omicidio. Io non me la sentivo di lasciarlo tornare in camera da solo."
"Hai fatto bene" commentò Midnight, senza un alone di sarcasmo nella sua voce per una volta. "Forse dovremmo fare come ai vecchi tempi. Una camera per tutti e quattro, o magari a coppie, non lo so. Ma a questo punto di certo niente camere singole."
"Concordo" mormorò Luke. "Sinceramente inizio ad avere paura."
Danger inarcò un sopracciglio. "Inizi adesso?"
Luke lo guardò negli occhi per un attimo e poi se ne uscì con: "Al prossimo messaggio svengo."
Il collega annuì. "Grazie per l'avvertimento."
"Io continuo a sperare che non ci sia un prossimo messaggio" confessò Ash. La situazione sembrava preoccuparlo. Calum gli sfiorò la spalla con la sua, come per dargli un po' di conforto. "Ci siamo sempre noi con Hemmings. Andrà tutto bene, vedrai."
Luke non gli credette più di tanto.

𝙸𝚗 𝚝𝚑𝚎 𝚗𝚎𝚡𝚝 𝚌𝚑𝚊𝚙𝚝𝚎𝚛...
"No" mormorò. "Stavolta no."
[...]
"Ti amo ancora. Oggi e per sempre."
[...]
"Per il tuo bene, e per il mio."

𝙰𝚞𝚝𝚑𝚘𝚛'𝚜 𝚗𝚘𝚝𝚎
il prossimo capitolo sarà ancora più muke help
-kira

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