13. L'altra Ladybug

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Fisicamente era Marinette, i capelli, il viso, la tuta, ma nei suoi occhi c'era qualcosa di diverso, non erano più blu e puri, ma viola e malefici. C'era malvagità nel suo sguardo e la luce che emanava il cuore dello yo-yo convinse Adrien e suo padre a tenersi alla larga.

«Marinette?» la chiamò di nuovo Adrien, sperando che fosse tutto un malinteso, un nuovo potere forse.

«Marinette non c'è» cantilenò la ragazza dondolando lo yo-yo su e giù, come un comune giocattolo.

Quel ghigno stonava sul suo bel viso e il primo pensiero che attraversò Adrien, lo condusse a puntare il dito su suo padre.


«Cosa le hai fatto?!».

Purtroppo, Gabriel non poté prendersi il merito di aver portato la ragazza dalla sua parte per i suoi scopi, non era stato lui a farle quello ed era certo che sarebbe stato un grandissimo ostacolo alla realizzazione del suo piano. Non aveva idea di cosa fosse successo, all'inizio le emozioni della ragazza erano state chiare: paura, preoccupazione, stupore... Poi era cambiato tutto, l'animo tormentato di Marinette era stato dominato dalla rabbia, poi era stato il caos. Fino ad arrivare a quel momento in cui non percepiva nulla.

«Perché credi che qualcuno mi abbia fatto qualcosa?» sollevò le sopracciglia Ladybug, mentre un inquietante sorriso si apriva sul suo viso. Adrien si spaventò a tal punto da indietreggiare di un passo, suo padre invece, si protese in avanti, pronto ad un eventuale attacco. «Forse perché ti senti colpevole?»

Adrien rimase immobile con gli occhi sgranati. Deglutì per ogni volta in cui la sua mente formò una domanda, ma la sua bocca non emise un suono, decisamente troppo confuso e spaventato da ciò che stava accadendo.

Soddisfatta per l'effetto che gli stava facendo, Ladybug incrociò le braccia dietro alla schiena e cominciò a passeggiare per il sotterraneo, osservando la vegetazione incolta che circondava la teca e una farfalla bianca che ci si posò sopra, proveniente da chissà dove. Con quella smorfia maligna che voleva somigliare a un sorriso, Ladybug si avvicinò e invitò l'insetto a salirle sul dito. Non aveva paura di lei, non temeva gli umani.

«Tutto è cominciato con una farfalla. Avevo paura, non mi sentivo all'altezza del mio ruolo. Mi avete praticamente obbligata a diventare l'idolo di Parigi, a combattere, a trasformare la mia vita in una bugia» raccontò, senza mai distogliere lo sguardo dalla farfalla che le stava camminando sulla mano. «Alla fine, mi sono convinta che fosse una mia scelta e devo dire che interpretare l'eroina per un po' mi è anche piaciuto. Solo che non vi bastava, volevate sempre di più e ora scopro che era per questo...». La farfalla che si era spostata sul suo palmo venne stritolata e quel pugno si scontrò contro il vetro della teca. «Dispute famigliari, capricci, lotte di potere... è per questo che la mia vita è andata in pezzi?!» perse la calma sbattendo ancora e ancora i pugni sulla teca che cominciò a tremare sotto al peso dei suoi colpi.

«Smettila!» le intimò Papillombre.

Ladybug sembrò calmarsi e spostò la sua attenzione sull'uomo alle sue spalle. «Calmarmi? È colpa tua se la mia vita è andata a pezzi! Tu e tua moglie, con il vostro delirio di onnipotenza...» li accusò la ragazza.

«Volevamo solo salvare il mondo dall'avidità e dalla bramosia di potere» si sentì in dovere di giustificarsi Papillombre. «E salvare nostro figlio da un destino che sembrava vincolato».

«Sono passati centinaia di anni da quando il mondo ha visto i miraculous l'ultima volta. Voi li avete riportati alla luce» lo accusò imperterrita.

«Non puoi saperlo» decise di intervenire Adrien. Non giustificava suo padre per ciò che aveva fatto, ma non lo incolpava nemmeno per ciò che lui e sua madre avevano tentato di fare.

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