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Alessia

Fui schietta e sincera, come quasi sempre. Volevo sapere se ero solamente una perdita di tempo, una conquista diversa dal solito, o se invece quell'interesse era altro. Ciò che sentivo, quella strana sensazione alla bocca dello stomaco, era pericolosa e non volevo illudermi. 

- Chi ti ha detto che saresti solo una conquista? - domandò lui, incredulo. Non aveva neanche un accenno di fiato corto, al contrario mio che praticamente boccheggiavo. 

- Ho sentito che ne parlavano in bagno - cominciai tenendo la mano libera ad altezza stomaco per cercare di tranquillizzare il respiro. 

- Di come ne cambi una a ogni festa e... - parlai, bloccandomi a metà frase. Non sapevo quale delle due espressioni mi aveva fatto più male, se sapere che ero considerata come una barbone per il modo semplice di esser presentato o per il fatto che ero brutta o per il fatto che sembravo solamente una delle tante.

- E cosa? - chiese lui, teso. Forse avevo sbagliato a scappare via, forse avrei dovuto parlargli di ciò che avevo sentito e di quei dubbi che sembravano mangiarmi lo stomaco, ma c'era quel qualcosa a cui ancora non avevo dato un nome che mi preoccupava da morire. Avevo paura di finire nuovamente male.

- Di quanto sia brutta rispetto a te oppure... aspetta le parole esatte mi sembravano... ah sì, che sono una sciattona - parlai in italiano, esprimendomi così al meglio. Era anche in momento come quello che usciva prepotentemente la voglia di tornare a parlare nella lingua madre. Mi ero sentita in soggezione entrando e vedendo quanto effettivamente le persone a quella festa fossero patinate e perfette, ma mai avrei pensato di avere addosso tutta quella cattiveria.

- E tu ci credi? - domandò Jorge, facendomi rabbrividire. Mi stava guardando e mi stava vedendo come nessuno faceva ormai da anni. L'intesità in quello sguardo faceva paura perché ci sarei cascata, prima o poi. Sì, avrei tenuto duro e avrei cercato di resistere a quella chimica pazzesca instaurata solamente dopo una mezza giornata di conoscenza, ma mi conoscevo troppo bene: alla fine avrei ceduto. 

- Non so a cosa credere - ammisi, rilassando finalmente il corpo e sentendomi abbattuta. Le parole di quelle due ragazze avevano fatto breccia dentro le mie insicurezze, minando tutto ciò che avevo costruito con fatica. 

Lo vidi sbuffare e alzare gli occhi verdi al cielo mentre delle parole in portoghese uscirono dalle sue labbra. Non capii nulla se non che lui sembrava frustrato.

- E pensi che sia vero? - domandò lui, gli occhi fissi sulla mia figura, talmente profondi da farmi sprofondare. Sarebbe potuto bastare quello per farmi vacillare, vista l'intensità, ma le mie esperienze passate mi avevano fatto dubitare di tutto. 

- Non ti conosco... - ammisi, spazzando via l'ultima traccia di sorriso labile presente sul suo volto. 

- Posso almeno cercare di farti cambiare idea, o scapperai di nuovo? - chiese lui dopo qualche attimo di silenzio, sbalordendomi. Aveva ancora voglia di tentare di conoscermi? Dopo ciò che avevo detto e dopo ciò che avevo fatto? La fuga l'aveva ferito, glielo leggevo negli occhi e nell'espressione, ma non sembrava voler demordere. Con forza mi morsi il labbro inferiore, sollevando lo sguardo all'ultimo per riuscire a vedere ancora una volta la sua espressione.

- Puoi provarci e sono abituata a scappare... ricordi? Scappata da casa, scappata da tutto e tutti - mormorai, parlando forse troppo. Non era il momento di rivelare ciò che ancora adesso mi faceva male, ma a volte mi chiedevo quanto facesse bene trattenere tutto invece che lasciarsi andare e Jorginho sembrava una persona con cui poter parlare. Lo vidi pensare, quasi potevo vedere i suoi neuroni lavorare, ma alla fine mi tese la mano, invitandomi ad unirmi a lui. Ci pensai su un pò; mi ero già buttata e non era andata ne male ne bene, ma avrei avuto il coraggio di rifarlo ancora? 

About Last Night || Jorginho Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora