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Jorge

Passare l'intera giornata coi ragazzi fu strano, non succedeva da tanto tempo. Mi divertii con loro e finalmente feci il padre, cosa che ultimamente avevo trascurato. Ma facevo quello anche per loro, per potergli dare tutte le opportunità possibili. Opportunità che io inizialmente non avevo avuto e che mi erano state donate successivamente da quella grande donna che era mia madre.

Li portai ovunque, feci qualsiasi cosa mi chiesero e cercai di non pensare a nient'altro oltre a loro, ma non sempre ci riuscivo. Alessia era infatti un chiodo fisso che mi portava ad aprire il telefono ogni due per tre per controllare se avesse scritto o pubblicato qualcosa.

Cercai di non far vedere niente ai due ragazzi, che si aggiravano nel centro commerciale col naso all'insù e incuriositi. Anche Alicia mi aveva chiesto dove fosse la gentile ragazza che aveva tenuto loro compagnia il giorno prima e mi aveva raccontato per filo e per segno i fantastici giochi che avevano fatto insieme.

E tutto ciò non poteva che aumentare il mio senso di colpa.

Non sapevo se fosse stato il destino, o la fortuna, a mettere davanti a me la sua migliore amica. Jenny stava infatti passeggiando per il centro con delle buste stracolme di roba. Era facile notarla visto il fisico appariscente e i lunghi capelli perfettamente pettinati.

- Jenny - la chiamai, alzando un poco il cappello che usavo per risultare meno appariscente. Amavo esser fermato per strada, ma odiavo doverlo fare quando di mezzo c'erano i miei figli.

La vidi alzare la testa dal telefono e notarmi, caricando come un toro alla vista di un drappo rosso.

- Tu... tu devi stare lontano da lei- disse a denti stretti, puntando il dito indice contro il petto e guardandomi con odio. No, non avevo sbagliato, Jenny avrebbe protetto la sua amica a qualsiasi costo.

- Non so neanche cosa ho fatto! - mi difesi, parlando a bassa voce. Non volevo che i miei figli sentissero quelle cose.

- Hai fatto l'unica cosa che non dovevi fare e non hai idea di quanto ora Ale stia male - infierì la bionda. No, erano completamente diverse e si vedeva anche in queste piccole cose. Ancora una volta scossi la testa: avevo una vaga idea di quale potesse essere il mio errore, ma era solo una supposizione.

- Mi farò perdonare... - continuai, vedendo il suo volto aprirsi in un sorriso strizzato e poco rassicurante.

- Io posso farlo, deve solo ascoltarmi... - continuai, non sapendo se stavo parlando per autoconvincermi o altro.  Avevo fatto ciò che mi era stato chiesto di non fare... e in poco tempo.

- Non so se riuscirai... e non dovrei neanche dirtelo... - mormorò lei, facendomi avvicinare ulteriormente a lei, mettendole pressione. Non poteva dire così e poi non parlare.

- Mi ha chiamata disperata questa notte, non penso che abbia neanche dormito... hai riaperto una ferita che aveva a malapena cicatrizzato - disse a bassa voce lei, quasi impaurita che Alessia potesse sentirla.

Il mio stomaco si contorse e chiuse ulteriormente mentre immaginavo gli occhi di Alessia rossi e il suo viso contratto dalle lacrime. Ed era colpa mia.

- Mi dispiace - riuscii a dire, capendo che non fosse abbastanza. Forse la storia era peggio di come l'avevo immaginata. Jenny annuì e riprese a camminare, allontanandosi da me e facendolo alla svelta. Avrebbe scritto ad Alessia ? Oppure avrebbe ignorato quella conversazione?

- Papà perché sei triste? - domandò Alicia, innocente come sempre. Victor probabilmente aveva già capito tutto, sveglio com'era. Lui aveva intuito prima di me cosa era successo e ora riuscivo a unire tutti i puntini: il suo sguardo vuoto e perso alla vista dei miei figli, quella domanda strozzata e poi quell'allontanamento dopo la domanda di Victor.

- Non è niente piccola - risposi, prendendola in braccio per darle un bacio tra i capelli biondi. Lei mi avrebbe perdonato tutto, per ora, ma fino a quanto potevo tirare la corda anche con loro?

Feci arrivare la migliore pizza di Londra, mangiando insieme ai due bimbi e giocando nuovamente con loro prima di metterli a nanna nei loro rispettivi letti. Alicia aveva la camera rosa e piena di bambole e principesse mentre quella di Victor era più sobria, ma solo perché il bimbo si era rifiutato di metterci dentro le sue cose. Non la considerava casa questa e ciò mi intristiva sempre. Speravo in una sua apertura, ma sapevo che non potevo aspettarmi più di tanto visto i miei comportamenti.

Aspettai che si addormentassero e poi chiamai la signora che li avrebbe controllati per quella sera, visto che ero deciso a sistemare le cose con Alessia. Se solo lei fosse stata un'altra l'avrei dimenticata in breve tempo e non avrei fatto nessun sforzo, consolandomi con altre.

Ma lei era diversa e lo aveva dimostrato anche ieri, quando se ne era andata via. Perché alcune avrebbero chiuso occhi sui miei errori pur di avere popolarità o una vita più agiata, ma lei se ne era fregata. E mi aveva trattato a pesci in faccia come avrebbe fatto con qualsiasi altra persona.

Guidai lentamente, guardando l'orologio che segnava le undici e mezza. Non sapevo neanche se era a casa e dubitavo che mi rispondesse ai messaggi, per questo avevo deciso di andare lì. Speravo solo che avesse voglia di sentirmi, che mi desse quell'occasione.

Parcheggiai e suonai il campanello più volte, non ricevendo nessuna risposta. Allora mi allontanai di qualche passo, notando le luci completamente spente del suo appartamento. Probabilmente stava ancora lavorando.

Mi sedetti sui gradini all'entrata, notando qualcuno che camminava un poco ubriaco per le vie. Come faceva Alessia a camminare tranquilla per quelle vie ancora non lo sapevo. Rischiava ogni volta.

Sbloccai il telefono e guardai per l'ennesima volta il suo profilo, notando quel sorriso che raramente ora spuntava fuori. Era cambiata, ma era rimasta identica. Era maturata, quello sicuramente, ma aveva ancora quell'aura da ragazzina che la rendeva frizzante ed esuberante.

Era un profilo sobrio il suo, con qualche scatto panoramico e qualche scatto personale, ma niente era troppo.

Dei passi in lontananza mi fecero scattare e subito notai la sua figura che camminava lentamente verso di me, il passo stanco e il volto basso, tra le mani delle chiavi che tintinnavano.
Mi alzai immediatamente, notando la sua figura che si avvicinava e andava a rallentare.

- Alessia... - soffiai, vedendola incrociare le braccia sotto il seno.

- Cosa ci fai qui? - domandò secca, non chiamandomi neanche per nome. E quello fece male. Era ancora arrabbiata e delusa.

- Volevo... solo chiederti di darmi l'opportunità di scusarmi - sussurrai, vedendola mordersi il labbro inferiore, indecisa.

Me: ritardo di un giorni, ma non a causa mia giuro! Wattpad non voleva farmi aggiornare xD comunque eccomi col nuovo capitolo fresco fresco, con Jorge che chiede consigli e che cerca perdono... ma ci sarà?
E vi avviso che sto scrivendo un'altra storia, inerente a... Chicago PD! Spero che mi seguirete anche lì ❤

About Last Night || Jorginho Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora