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Vladimir rabbrividì, lanciando un'ultima occhiata all'abitazione dietro di lui.
Odiava quella dimensione. Odiava quella specie di fuliggine che infestava quel orribile luogo, fluttuando come polline nell'aria primaverile, odiava quelle radici viscide e pulsanti che coprivano ogni cosa, odiava quell'inquietante sfumatura di grigio che regnava indiscussa sugli altri colori di quel luogo, odiava la lugubre e bassa luce che lo illuminava, odiava quella casa, odiava esser stato mandato lì per fare da maledetto interprete.
Insomma, avrebbe preferito stare da qualunque altra parte.

Era sempre stato d'accordo con le idee della Madre Russia, - senza contare la Guerra Fredda. Gli Americani, a suo parere, erano generalmente antipatici e pieni di sé, questo sì, ma indegni di tante storie e dispute - ma gli esperimenti su quel posto e l'ordine della cattura lo disgustavano davvero.
Non sapeva con precisione cos'aveva di tanto importante quella povera quattordicenne, ma aveva sentito delle voci secondo le quali possedeva dei certi poteri mentali, e che le informazioni del governo erano state prese da un prigioniero del Aeroporto militare di Krutogorovskiy (una prigione spacciata per un aeroporto andato in rovina).
In ogni caso non avrebbe aiutato a catturarla. Anzi, ogni tanto, quando sdraiato sul suo letto, di notte, non riusciva a prendere sonno, pensava addirittura che era un suo obbligo aiutarla a salvarsi, anche se sarebbe stato contro agli ordini, e preferiva non finire assassinato. 

Vladimir strinse più forte a sé il fucile, ancora scosso dalla visione di poco prima. Lui e le altre nove persone che componevano la squadra con cui era andato in missione stavano attraversando un bosco, diretti verso la Base, un accampamento che affacciava su un piccolo fiume, dove avrebbero riferito al generale Zhukov quello che avevano visto in quel giro di ricognizione particolarmente prolifico.

Continuarono a camminare, fin quando, superando una zona particolarmente fitta di alberi, arrivarono alla Base.
C'era decisamente qualcosa che non andava.

Il campo era completamente distrutto. Molte tende fumavano, altre erano state rase al suolo. Per terra c'erano decine di cadaveri umani, ma la maggior parte dei soldati era scomparsa. Le gabbie dei Fiori erano state massacrate: le sbarre centrali erano state allontanate l'una dall'altra, come se l'Incredibile Hulk le avesse prese e poi tirate verso i due lati opposti, e dei Fiori, come per gli uomini, non c'era traccia.

Gli altri membri della squadra di ricerca fissavano le macerie e si grattavano la testa, palesemente confusi. Le loro armi erano posate a terra. Saranno pur stati forti, ma l'intelligenze non era proprio il loro forte.

Vladimir, reso coraggioso - o folle - dalla sorpresa e dalla disperazione, fece una cosa che non si sarebbe mai immaginato: prese il fucile e sparò a tutti i nove uomini disarmati che aveva davanti.

Guardò i corpi che si erano aggiunti a quelli già presenti per terra. Era per salvare la ragazza si disse. Non c'era bisogno di sentirsi in colpa. Probabilmente lo avrebbero pure mangiato per sopravvivere, dato che, anche se era quello che offriva meno carne, era anche il più facile da soggiogare.

Vladimir sentì un urlo in lontananza e rabbrividì. Doveva muoversi in fretta. Prese una mappa di Hawkins - la cittadina  in cui si trovava la ragazza - dalla tasca di un uomo a terra e si guardò rapidamente intorno, disperato. Non aveva idea di come uscire da lì. In Russia era stato fatto un nuovo portale, ma ora non c'era nessuna macchina iper potente in vista.
Provò a spostarsi verso il bosco, sperando di trovare qualcosa.
Trovò qualcosa.

In un albero c'era un di mini portale. Assomigliava incredibilmente a una vescica rossa e pulsante, ma era un portale.

Vladimir strinse i denti e si buttò dentro alla vescica.

Quando uscì si ritrovò in un bosco, al tramonto.
Accecato dalla debole luce socchiuse gli occhi. Il suo primo pensiero fu che non si era sporcato. Poi si ricordo che aveva una tuta protettiva per l'aria tossica del luogo da cui era appena scappato.
Se la tolse, e si sentì straordinariamente libero. Felice di poter finalmente respirare dell'aria buona, aprì la mappa. C'erano diversi luoghi cerchiati in rosso, che Vladimir interpretò come possibili luoghi in cui poteva essere la ragazza.

Dopo un po' riuscì a uscire dal bosco, per poi arrivare, dopo un po' di tempo, alla biblioteca.
Da là, dato che aveva capito dove si trovava, scelse dove andare.
Si girò e tornò in direzione del bosco, esasperato. Dopo un altra mezz'ora di cammino  in cui si perse due volte e cadde tre trovò quello che voleva: una grande casa con una porta di vetro era davanti a lui.
Suonò il campanello. Sopra c'era scritto "Henderson".

Dopo pochissimo tempo spuntò una donna sui cinquant'anni, bionda e tozza. Aveva un gatto siamese in mano, e lo coccolava come se fosse un figlio.

Quando vide Vladimir spalancò la bocca.

«oh santo cielo! Cosa le è successo? Sembra che abbia appena scalato una montagna!»

Quando disse queste parole Vladimir si sentì come se avesse effettivamente scalato una montagna. E pure bella alta.

Aprì la bocca per dire che stava benissimo quando svenne.


SPAZIO AUTORE

Ciao! Sono tornato! 

Vi avviso: non potrò più scrivere per un bel po', dato che sarò in vacanza e mia madre non mi lascia portare il computer, quindi ci rivediamo tra... forse addirittura più di un mese.

Passate delle belle vacanze e siate felici!

Per citare il mitico (ah-ah. Che bella battuta che ho fatto )Rick Riordan,
DON'T WORRY AND BE HAPI!

Stranger Things 4Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora