Capitolo 3 (Revisionato)

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Di nuovo quell'incubo.

Di nuovo quel buio e quella paura addosso.

Quando avrebbe spesso di perseguitarmi? Di rendermi le notti così dolorose e inquietanti?

Era da quasi mezz'ora che mi trovavo immersa nella vasca, ormai l'acqua si era intiepidita e la schiuma non avvolgeva più il mio corpo. Mi ero preparata un bagno caldo, così rigenerante per le mie ossa, che era subito riuscito a sciogliere i miei muscoli indolenziti dalla corsa e dallo stress.

Continuavo a chiedermi i motivi per cui faticavo ad andare avanti con la mia vita. A lasciare che il passato non mi perseguitasse più, che non mi causasse tutti questi incubi minacciosi come una tempesta ricca di ricordi dal sapore della sofferenza.

Mi accarezzai il viso provando a calmarmi dallo smarrimento che la notte passata mi aveva provocato. Ero ancora frastornata, confusa e incapace di dare un senso a quello che vedevo in quel sogno. E poi non aiutava l'ansia che stavo provando per l'imminente colloquio che avrei avuto in mattinata.

Per sfuggire da quel panico appena mi ero svegliata avevo deciso di uscire presto, verso le sette per fare la mia corsa mattutina e come sempre mi risultava miracolosa. Alleviò quasi del tutto quel panico che stava serpeggiando in me.

Correre aveva sempre per me rappresentato sia una valvola di sfogo, sia un perfetto scaccia pensieri. Mi ero aggrappata con tutte le mie forze a quella passione, per poter farcela ad andare avanti. Era forse anche per quello che non potevo farne a meno. Sapevo che se avesse rinunciato a quell'attività mi sarei sentita persa.

Allungai la mano verso il cellulare appoggiato sul pavimento e appena vidi che ora erano cacciai un urlo. «Dannazione, sono già le undici, fra mezz'ora ho il colloquio», dissi con tono agitato, prima di togliere il tappo per svuotare l'acqua. Uscii con malavoglia dalla vasca e poi avvolsi il mio corpo con un telo. Mi sciacquai la faccia con dell'acqua fredda per svegliarmi e rimasi inorridita dalle occhiaie bluastre che contornavano i miei occhi verdi.

Rimasi a fissarli nella loro tristezza e in quel vuoto che per poco finivo per essere inglobata dentro.

Come avevo potuto perdere la luce che avevano sempre trasmesso?

Faticavo a riconoscermi, non riuscivo più a scorgere nel mio viso nessuna traccia di quella felicità che avevo sempre indossato con orgoglio. Non ero più quella ragazza.

Oramai, ero e continuavo essere vuota con quel dolore lancinante al petto, che faceva un male atroce. Un male che non sapevo descrivere.

Un male che non mi lasciava respirare, vivere ed essere esausta.

Sarei riuscita finalmente a sentirmi di nuovo così leggera? Ci sarei riuscita? O sarebbe stato solo un sogno che non si sarebbe irrealizzabile?

Me lo chiedevo sempre, in ogni momento della giornata quella riflessione diventata pesante e martellante. Non se ne andava via, ma continuava a persistere, fino a trovare un posto fisso nella mia mente.

E in quegli attimi dal profumo di malinconia e nostalgia, lo sentivo forte e chiaro quel dolore crudele. Aveva solo un intento farmi sconvolgere l'equilibrio. E stavo imparando quanto fosse difficile spegnerlo. Perché purtroppo mi stavo rendendo conto quanto fosse difficile sfuggirgli.

Scacciai con forza quei pensieri e recuperai la pochette, tirando fuori un mascara e un correttore. Scelsi un trucco non troppo appariscente, non avevo voglia di perdere ancora del tempo.

Poi mi diressi con un passo rapido in camera da letto, aprii l'armadio e con uno sguardo critico iniziai a setacciare tutto il mio armadio.

Alla fine adocchiai un maglioncino rosa che mi arrivava sotto all'ombelico e un Jeans stretto a vita alta. Dopo essermi finta di preparare mi misi davanti allo specchio e guardai il risultato finale con occhio critico, con quello sguardo stanco sembravo una che avesse fatto baldoria tutta la notte, invece se sapessero come veramente l'avessi passata, ma non mi importava, speravo in cuor mio che giudicassero altro, oltre all'aspetto fisico.

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