Capitolo 4

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[Wilhelm]

Quando il display del cellulare del principe si illuminò annunciando una chiamata, Wilhelm stava seguendo con suo padre una noiosissima partita di golf alla televisione. Da qualche giorno, infatti, il Re aveva organizzato molti momenti da passare insieme, momenti "padre-figlio" come li chiamava lui. Peccato che a Wille non piaceva niente di ciò che il padre aveva preparato. Odiava il golf, non gli piaceva andare a caccia, non gli interessavano le auto sportive e tantomeno ascoltava la musica classica. Quello era Erik, quelle erano tutte cose che suo padre faceva con lui. Ma lui non era Erik. Non lo sarebbe mai stato.

La consapevolezza di quanto il fratello maggiore mancasse alla sua famiglia, di quanto lui fosse il figlio perfetto a cui lasciare il trono e di quanto invece Wilhelm non fosse neanche lontanamente preparato per questo ruolo spingeva il Principe ad accettare ogni invito che il padre gli faceva, sperando di colmare, almeno in parte, il vuoto che Erik aveva lasciato.

Paura di deludere suo padre. Sua madre. Erik stesso. Era questo quello che Wilhelm sentiva, un peso che gli opprimeva il petto da giorni. Anzi, da settimane.

Eppure bastò un nome in uno schermo per far sparire quel peso in un secondo, lasciando il posto a milioni di farfalle che iniziarono a svolazzargli nello stomaco.

"Simon"

Con uno scatto Wille si dileguò dal soggiorno, balbettando la prima scusa che gli passò per la mente e di corsa raggiunse la sua camera chiudendo a chiave la porta.

Avrebbe voluto prendersi un attimo, pensare a cosa dirgli, prepararsi il discorso perfetto, ma non c'era tempo. Era l'unica occasione che aveva per riavvicinarsi a lui e non aveva intenzione di perdere nemmeno un altro secondo.

Con un respiro profondo, cercando di nascondere l'emozione nella voce, rispose alla chiamata:

«Simon?»

«Ciao Wille»

Milioni di farfalle iniziarono a volargli nello stomaco. Era lui, era veramente lui. Erano passati poco più di dieci giorni da quando aveva sentito quella voce, ma sembrava il tempo più lungo del mondo.

«Come stai?» chiesero all'unisono. Una risata si levò da entrambi i lati del telefono.

«Io sto bene, mi godo le vacanze. E tu Wille?» si affrettò a rispondere Simon, probabilmente per sbloccare la situazione.

Come sto? Era la domanda più stupida dell'universo eppure non sapeva rispondere. In un nanosecondo, milioni di dubbi attraversarono la sua mente.

"Gli dico che sto bene? Se dico di sì sembra che non mi interessi la situazione. Ma se dicessi di no potrei sembrare pesante". Ok Wilhelm calmati, è solo Simon e ti ha solo chiesto come stai.

«Sto bene, ci provo almeno. Qui è tutto un po' complicato»

«Come va a Palazzo? Insomma, con i tuoi e tutto...avete passato un buon Natale?»

Wilhelm sorrise appena, notando nel tono di Simon una leggera preoccupazione per lui, nonostante tutto.

«Si è stato..strano. Ma va tutto bene, davvero»

Forse ancora perso nei pensieri di prima, all'idea di dover essere all'altezza delle aspettative di tutti, Wilhelm decise di mostrarsi forte, sicuro di sé. Di dimostrare che andava tutto bene, nonostante tutto. Va tutto bene. Ma appena pronunciò quelle parole si rese conto che di nuovo stava mentendo all'unica persona con cui non doveva nascondere le sue fragilità, che lo capiva e che lo aveva sostenuto dal primo momento in cui si sono conosciuti. Così senza aspettare una risposta, decise di parlargli a cuore aperto:

simonxwilhelm - What if?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora