Capitolo 28 - Epilogo

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Le pareti dell'ospedale di Stoccolma erano bianche e spoglie. Vuote, come la sensazione che sentiva Wilhelm nel petto mentre sedeva nella sala d'aspetto del pronto soccorso, senza avere nessuna notizia di Simon. Erano passate già due ore da quando l'ambulanza li aveva portati d'urgenza nella struttura, ma nessun medico aveva dato loro informazioni sullo stato del suo ragazzo.

E lì, seduto in quella seggiola senza poter fare nulla per lui, Wilhelm si sentiva morire. Aveva la sensazione che i muri fossero sempre più vicini, pronti ad inghiottirlo da un momento all'altro. E a niente servivano i respiri che il biondo cercava di fare, mentre le gambe tremavano come ramoscelli e le lacrime non smettevano di scorrere lungo le sue guance. Come un rituale, il palmo della mano cercava di asciugarle, di farne scomparire le tracce ma puntualmente una nuova ondata le solcava ancora più violentemente.

Wilhelm non faceva che pensare a cosa avrebbe fatto se l'avesse perso, a cosa significasse vivere in un mondo senza Simon. A come avrebbe fatto a superare anche la perdita del ragazzo che amava. E più ci pensava, più gli era difficile respirare. Stava quasi per correre nel bagno più vicino e rigettare tutto quello che aveva in corpo quando una mano dolce si posò sulla sua schiena, generandogli un immediato sollievo. Il biondo alzò di scatto la testa e incontrò gli occhi che amava terribilmente, grandi e luminosi, ma sul volto della persona sbagliata.

«Wilhelm, tesoro, sei seduto qui da quando siamo arrivati» gli disse Linda dolcemente, senza staccare la mano dalla sua schiena.

«E resterò qui finché non avrò notizie. Perché ci mettono così tanto?»

«Non era cosciente quando siamo arrivati. Non so cosa stia succedendo lì dentro» disse con voce tremante e prendendo posto accanto a lui.

D'istinto, Wilhelm le prese la mano e la strinse fra le sue, avvicinandosi a lei il più possibile.

«È tutta colpa mia» singhiozzò Wilhelm «...se fossi stato più coraggioso. Se avessi detto prima la verità...»

«Wilhelm qui non c'entri tu. Hai visto come lo hanno aggredito? Non è di certo colpa tua»

«Sarebbe dovuto succedere a me, dovevo esserci io lì, non lui» continuò il principe.

«Smettila, tesoro. Credi che lui vorrebbe sentirti dire questo? Avrebbe già sfondato le porte per venire a vedere che sta succedendo» disse ironica Linda.

Wilhelm rise immaginando il suo Simon che impazziva nella sala d'aspetto del pronto soccorso.

«Si ne sarebbe capace»

Rimasero qualche secondo in silenzio e Wilhelm riprese parola: «Linda, ti ho delusa vero?»

«Perché lo pensi?» chiese la donna cercando i suoi occhi.

«Mi hai detto che non posso pretendere che gli altri mi amino se io per primo non sono sincero su me stesso...non sono mai riuscito a farlo e Simon ha sofferto moltissimo per colpa mia» disse il biondo senza alzare la testa nella sua direzione.

«Si, ne ha sofferto. Ma ne soffre così tanto perché non vede l'ora di gridare al mondo quanto ti ama. Perché il sentimento che prova è così forte da non riuscire a contenerlo dentro di sé. Non posso arrabbiarmi per questo, anzi. Dovrei ringraziarti per fargli provare certe emozioni. E non credere che non sappia cosa hai fatto per suo padre. Ti sarò debitrice a vita»

Wilhelm riuscì a trovare il coraggio di alzare lo sguardo e vide pura sincerità negli occhi di Linda.

«Penso sia colpa mia, invece» li interruppe una voce all'improvviso.

Il principe alzò la testa e trovò August in piedi, poggiato nella parete di fronte a loro, con uno sguardo impaurito e colpevole. Doveva averli seguiti dopo l'incidente.

simonxwilhelm - What if?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora