DICIASSETTESIMO CAPITOLO.

348 36 11
                                    

*Harry's pov*

Spalancai di colpo gli occhi riprendendo fiato, l'infermiere di colore mi sorrise e mise via due piastre di metallo, poi si avvicinò e mi sussurrò: "Non è arrivato ancora il tuo momento, devi lottare giovanotto".

[...]

Mi risvegliai in una camera d'ospedale, l'aria era sterile e pesante, ero intubato dalla testa ai piedi, i medici entravano di continuo in stanza, leggevano la mia cartella clinica mi lanciavano un occhiata ed andavano via.
Odiavo quel bip, bip, bip, era un continuo frastuono, era una macchina ad avvertire se ero vivo o meno, ma cosa ne sapeva una macchina di me? Io ero già morto da tempo.

Lo strisciare della porta interruppe i miei pensieri e la sagoma di mia madre si fece spazio tra l'oscurità della camera.
I suoi occhi erano pieni di lacrime, il suo respiro era irregolare, mi afferrò la mano e cominciò a piangere.
"M-m-mam-ma" dissi con un filo di voce.
In risposta ricevetti singhiozzi sordi, con quella poca forza rimasta gli accarezzai la folta chioma scura.
"Perché l'hai fatto?" domando tra un singhiozzo e l'altro.
Perché l'avevo fatto? perché sono innamorato di un ragazzo, perché sono omofobo e non mi accetto, perché non voglio essere me stesso, perché odio tutto di questa vita infame.
Mi limitai a fare spallucce, e mi diede un bacio.

L'astinenza cominciò a farsi sentire ero a 'rota', tutto era fastidioso, odiavo tutti e tutto.

*Louis's pov*
'Accelera Col, accelera' dissi dando un pugno sul cruscotto.
'Calmati Lou, vedrai starà bene' disse Lydia dal sedile posteriore.
Lo sguardo di Colton era fisso sulla strada, le sue guance erano ancora umide, i suoi occhi ancora pieni di lacrime.

[...]

'Chi cercate?' disse la ragazza bionda e formosa con un sorriso radioso.
'Harry Styles' sbottai.
Il suo sguardo si concentrò su un monitor.
'Camera 213, terzo piano' disse sorridendo.
Mi voltai verso Colton e Lydia e ci incamminiamo verso la camera.

A mio malincuore scoprì che il terzo piano era reparto intensivo, l'ansia cresceva sempre di più in me, la tensione nell'aria era palpabile.
Percorrevo quei corridoi, ad ogni angolo c'erano persone che piangevano per i propri familiari o amici, la tristezza mi invase, non volevo raggiungere quella camera, avevo paura, ma le mie gambe non rispondevano ai comandi, continuavano a camminare mentre leggevo i vari numeri delle camere: 209, 210,211, mi fermai davanti a quel numero: 213.

'Mi dispiace non potete entrare, per ora solo i familiari' disse un medico allontanandosi.
La rabbia sostituì l'ansia, sferrai un calcio ad una sedia facendola ribaltare, accostai le spalle contro il muro fino a sedermi per terra, le lacrime cominciarono a rigarmi il viso per l'ennesima volta.
'Lou, non fare così sta bene, dai alzai' disse Lydia porgendomi la mano, esitai prima di afferrarla, notai come Col gli stringeva la mano, stava trattenendo tutte le sue emozioni, rabbia, paura, tristezza tutte in una semplice stretta, un semplice nodo.

[...]

Dopo un paio d'ore la porta della camera si aprì, una donna con camice verde, cuffietta e mascherina si avvicinò.
'Salve signora Style' disse Col abbracciandola, la donna cominciò a piangere stringendo forte il ragazzo.
'Come sta?' dissi con un filo di voce.
'Si è appena svegliato, non è stabile e per di più ora è in astinenza, così dicono i medici, non sanno ancora con esattezza cosa abbia' disse fermandosi molte volte a causa dei singhiozzi.
'Possiamo vederlo?'
'Vuole vedere Colton' disse con tono di scuse.

*Colton's pov*.
Infilai il camice verde e mascherina.
'Niente shock, potrebbe non reggerli' mi raccomandò un dottore prima di entrare nella camera.
Il suo corpo giaceva immobile, il bip della macchina mi rassicurò facendomi notare il suo battito.
Il suo viso era di un giallastro chiaro, le sue labbra erano secche e screpolate, aveva ancora del sangue raffermo al lato della bocca, i suoi occhi scrutavano un punto della stanza.
'Hei, sei ridotto davvero uno straccio' dissi con tono di compassione;
Il suo sguardo si posò su di me ed accennò ad un sorriso:
'Non ti dona il verde brò' disse tossendo.
Una puzza insopportabile proveniva dal suo corpo, dal suo sudore.
Le sue gambe erano in preda agli spasmi.
'Com'è la disintossicazione?' dissi sedendomi sulla sedia al lato del letto.
'Penso che a breve mi diano un sonnifero, è insopportabile' disse cercando di controllare gli spasmi.
'Lou vuole vederti' dissi cambiando discorso.
Il suo sorriso si spense trasformandosi in una linea retta e rigida.
'Non voglio vedere quel frocietto.' sbraitò.
Il battito del suo cuore si fece irregolare, quelle line che formavano delle montagne divennero una pianura, erano una linea retta.
Gli infermieri fecero irruzione:
'Esca di qui' mi urlarono facendomi allontanare.

[...]

'Allora?' disse Louis stringendomi il polso.
Il mio sguardo era immobile, fissava un punto fermo sulla parete bianca.
Un dottore chiamò la nostra attenzione:
'Lei è la madre?' disse rivolgendosi alla donna.
I due si allontanarono, il dottore muoveva le labbra con molta velocità.
Riuscì a capire solo un ' mi dispiace' poi il buio calò su di me.

Another way of love. ||Larry Stylinson||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora