QUINDICESIMO CAPITOLO.

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*Colton's pov*.

Le ruote dell'auto sfrecciavano sull'asfalto riscaldato dai dolci raggi del sole di prima mattina, Lydia dormiva sui sedili posteriori ed i miei occhi indiscreti la guardavano dallo specchietto retrovisore.
Era meglio del sole che sorgeva su di noi, con i suoi dolci capelli che gli ricadevano sulla fronte.

Mi fermai fuori al campus spegnendo il motore dell'auto dopo aver parcheggiato, scesi dall'auto.
La presi in braccio e la coprì con la mia giacca di jeans, l'aria era pungente ed umida.

Cercavo di non dare nell'occhio, ma portando una ragazza in braccio fino ai dormitori che si trovavano esattamente dietro al campus non era facile.
Arrivati fuori la sua stanza presi le chiavi dalla sua tasca: Louis era sveglio, fissava il soffitto:
"Buongiorno" mormorai con un filo di voce per non far svegliare Lydia.
"Ciao" disse con tono pacato, poggiai Lydia sul letto e mi voltai verso di lui, i suoi occhi erano profondi e vuoti, il suo sguardo era preoccupato, voleva sapere ne ero sicuro.
"Louis, se vuoi sapere qualcosa chiedi pure" dissi avvicinandomi al suo letto, mi fissò e si tirò su con l'aiuto dei gomiti:
"Devo andare a lezione" disse alzandosi completamente dal letto.
Non capivo perché reagiva in quel modo quando si parlava di Harry, dopotutto lo amava gli si leggeva in viso.
"Come vuoi, io me ne sto a letto " dissi mettendo le coperte a Lydia, i suoi occhi si aprirono di poco e dalla sua dolce bocca uscì un sussuro: ''Grazie''.

-
*Louis's pov*.
Colton chiuse la porta alle sue spalle, presi un paio di box-er e mi feci una doccia.
Amavo farmi cullare dal getto d'acqua bollente di prima mattina, mi liberavo di ogni pensiero, mi liberavo di una notte piena di paure, mi liberavo di una notte senza il suo amore.
Mi ero illuso, pensavo di 'essere andato avanti' ma chi volevo prendere in giro? lo amavo più di prima, lo amavo più della mia stessa vita, volevo sapere se avevano notizie, se sapevano qualcosa ma ero troppo orgoglioso.
Chiusi il getto d'acqua dopo essermi liberato dal l'involucro di schiuma e mi asciugai.
Infilai i box-er e scelsi dei vestiti: un pantalone nero strappato sulle ginocchia ed una canotta bianca dell'hard rock.
Diedi un ultima occhiata a Lydia che dormiva beata e mi avviai verso l'aula.

-

Le lezioni furono pesanti, come sempre d'altronde.
Non avevo fame, così saltai il pasto.
Le mie gambe non rispondevano ai miei comandi, mi ritrovai in giardino, vicino a quella panchina.
Mi sedetti e accesi una sigaretta assaporai i primi tiri e poi la lasciai fumare al vento, quel vento che aveva portato via tutto, quel vento che anche se non vogliamo ci spezza, quel vento che è portatore di gioia e di tristezza, quel vento che è il destino.
Non credevo per niente nel destino, ero dell'opinione che ognuno sceglieva cosa scrivere sulle pagine bianche di quel libro che era la vita.
Tirai fuori il telefono dalle tasche e senza volerlo composi il suo numero, quel numero che anni prima componevo almeno tre volte al giorno, quel numero che per me era la felicità.
La chiamata partì, odiavo gli squilli, odiavo quel silenzio.
Qualcuno dall'altra parte del telefono rispose, sentivo dei respiri affannati sul microfono del cellulare, gli uccelli cinguettavano, mentre le mie mani cominciarono a tremare:
"Harry?" dissi con un filo di voce, nessuno rispose a quella domanda.
Ma sapevo che era lui, sentivo i suoi respiri, sentivo il suo cuore.

-

*Harry's pov*

Vagabondavo da mesi, guadagnavo i soldi per l'eroina facendo volantinaggio, ma le persone mi evitavano, ero sporco e trasandato.
Avevo appena guadagnato abbastanza per un buco, ero vicinissimo al campus, dopo quel buco sarei tornato, ero stanco di vagare.
Mi rifugiai nel bosco alle spalle del campus, presi una coperta dallo zaino e la stesi per terra, presi il cucchiaino che ormai aveva perso il suo colore argenteo per lasciare spazio ad un nero intenso.
Misi la polvere bianca sul cucchiaino, versai un paio di gocce di limone e riscaldai il tutto con un accendino per eliminare le sostanze più pericolose.
Tirai con la siringa ed eliminai l'aria sprecando un po della mia dose che schizzò sul terreno.
L'ago non aveva più la punta per quante volte l'avevo usato, era sempre più difficile e più doloroso infilarlo in una vena.
Ingnettai fino all'ultima goccia e tirai fuori la siringa violentemente.
Il mio corpo bruciava, la mia testa esplodeva.
Persi l'equilibrio ed un rumore sordo provení dal suolo, probabilmente ero caduto con la testa su una pietra, non avevo la forza di alzarmi, giacevo sulle foglie secche, i raggi del sole in tramonto mi illuminavano facendosi spazio fra i rami, mille pensieri mi affiorarono, era questo l'ultimo buco? era finita per me? mille pensieri che martellavano la mia testa ferita mentre sprofondavo per l'ennesima volta nell'oblio.

Another way of love. ||Larry Stylinson||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora