Capitolo 18

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- Non credo sia una buona idea. - dissi per l'ennesima volta, scuotendo la testa e guardando la mia amica che sbuffava.
- Esci da questa cavolo di porta e smettila di frignare. - mi disse lei con tono duro. Guardai Spettro che era seduto e ben impettito accanto a lei.
- Ti prego, almeno tu convincimi a restare. - gli feci la faccia da cucciolo, usando la sua stessa tecnica. Lui in risposta mi abbaiò, il che piuttosto sembrava un incoraggiamento a partire.
- Sei sicura di non aver bisogno di me? Con tutta la storia di Manuel... - provai di nuovo a dire, e Marta alzò gli occhi al cielo dall'esasperazione come faceva alla madre.
- Senti, Manuel sarà anche un bugiardo ma non è un pazzo maniaco come Tommaso. Non mi farà le poste sotto casa, starò benone. Io e Spettro ce la caveremo, vero tesoro? Si tratta solo di qualche giorno Em, e mi sembra che tu ti voglia aggrappare a qualsiasi scusa pur di rimanere qui e non dover partire con Marco. Ma si tratta di lavoro, te l'ha chiesto il tuo capo, e quindi non puoi sottrarti. Cavolo, se me l'avessero chiesto a me ci sarei andata di corsa. Indosserai abiti stupendi, chissà in che hotel stellato starete, e lo champagne che berrete. Goditi questa favola, finché puoi. Con o senza il principe Marco accanto a te. - mi disse lei, facendosi più dolce dicendomi le ultime parole. Infondo non aveva tutti i torti, lavorare per Bianchi significava fare delle esperienze che tutto sembravano tranne che lavoro. Saremmo dovuti andare a Milano per qualche giorno, per partecipare a degli eventi di moda molto importanti.
- Va bene, mi arrendo. Promettimi che farai la brava, e che non ucciderai Manuel se un giorno ti venisse voglia. - le dissi mentre la stavo stritolando.
- Prometto. - rise lei, anche se non mi sembrava così in vena di scherzi.
La salutai un'ultima volta e mi chinai per dare un bacio a Spettro, per poi uscire di casa con il mio trolley un po' spaventata.
Come sarebbe stato fare un viaggio di lavoro che sembrava più una vacanza, con il tuo fidanzato/collega che ti aveva chiesto un periodo di pausa? Purtroppo sarei dovuta essere probabilmente la prima al mondo a scoprirlo.
- Ciao. - mi disse lui, quando aprii la portiera del van che ci aveva messo a disposizione Davide per andare all'aeroporto.
- Ciao. - dissi quasi impacciata, un po' perché quella situazione era piuttosto strana, un po' perché Marco mi faceva sempre un certo effetto.
L'autista partì una volta sistemata la mia valigia ed io ringraziai mentalmente il fatto che avessimo un van in modo da non essere costretta a sedermi troppo vicino a Marco.
Dopo qualche minuto di silenzio così pesante che cercavo anche di respirare nel modo più discreto possibile, Marco parlò.
- Grazie, di essere qui. - disse solamente, alzando gli occhi su di me. Io mi persi un attimo nel suo verde, che nell'ombra del van sembra più scuro.
Poi aggrottai la fronte, non capendo cosa stesse dicendo.
- Me l'ha chiesto Davide, è una cosa di lavoro. Abbiamo sempre detto che le nostre cose personali non avrebbero dovuto condizionare il nostro lavoro. - dissi ovvia, mantenendo un tono distaccato. Lui fece un mezzo sorriso e scosse la testa.
- Presumo quindi che il nostro capo ti abbia detto solo una parte della verità. - ridacchiò e nascose il viso nelle mani.
Io lo guardai sempre più confusa.
- È vero, dobbiamo partecipare a degli eventi importanti, ma io sarei comunque dovuto andare a Milano. Per l'azienda sai, e mi avrebbe fatto piacere averti al mio fianco. Forse se Davide ti avesse detto che si trattava anche di questo non saresti venuta. - si morse il labbro come per trattenere una risatina, e anche per nascondere l'imbarazzo.
Io sbiancai alle sue parole. Davide mi aveva decisamente incastrato. E Marco perché mi voleva al suo fianco? Cosa aveva deciso?
- Così ora mi vuoi al tuo fianco. Peccato che tutte le volte che ci ho provato mi hai respinto come se ti facesse schifo il mio supporto. Ti ricordo che io non sono un pacco che mi porti da una parte all'altra a tuo piacimento. E tantomeno un soprammobile, che lo metti in mostra e lo nascondi a seconda delle situazioni. È un viaggio di lavoro, questo. Poi se tu avrai da fare in azienda sarai libero di fare il tuo, di lavoro. - chiarii le cose con tono deciso.
La "pausa di riflessione" l'aveva chiesta Marco, ma questo non voleva dire che era lui a decidere di tornare insieme come se niente fosse. Chi lo diceva che io volessi stare con lui di nuovo, dopo il modo in cui mi aveva trattata? E se avesse fatto questo giochetto ogni volta che gli sarebbe successo qualcosa a lavoro? Sarei impazzita, e non sarebbe stata una relazione sana.
- Non ho detto questo, Emma. - si passò una mano fra i capelli dal nervoso.
- Lo so, ma ho preferito chiarire. - lo interruppi, mantenendo un tono neutro e distaccato.

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