Capitolo 20

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Presi il vestito dall'armadio e rimasi qualche secondo a contemplarlo.
Era probabilmente la cosa più incredibile che avessi mai indossato.
Era di colore oro-rosa, e brillava in modo impressionante, rimanendo comunque elegante e di classe. In quel momento mi chiamò Marta, che aveva appena visualizzato la foto del vestito che le avevo inviato.
- Oh mio dio!!! È stupendo, Em, sarai la più bella di tutti! - urlò lei euforica. Io ridacchiai alla sua reazione, ma stavo sognando proprio come lei.
- Lo sai che non mi piace essere così al centro dell'attenzione. - dissi, non sapendo neanche cosa dire. Mi sembrava tutto surreale, e mi sembrava impossibile che la mia vita fosse cambiata così tanto in meno di un anno.
- Sì certo, come no. Poi con quel cavaliere che ti ritrovi scommetto che sia davvero umiliante apparire in pubblico. - disse sarcastica, ed io alzai gli occhi al cielo anche se non mi poteva vedere. Rimasi in silenzio, dandole così spazio per una domanda che avrei voluto evitare ma che mi aspettavo.
- A proposito del tuo cavaliere, come va? Come si sta comportando? - mi chiese, facendo finta che le fosse venuto in mente solo in quel momento di chiedermelo.
- Ti direi che va bene, se non fosse che sta andando troppo stranamente bene. - sussurrai, per paura che Marco spuntasse dietro la porta della mia camera da un momento all'altro.
- Che cavolo vuol dire? - mi chiese confusa. In effetti non ero stata molto chiara.
- Okay, lui è bravo in questi giorni. Quando non lo dovrebbe essere, giusto? Non siamo in pausa? Non siamo in un momento orribile della nostra relazione? Perché lui invece si comporta da uno che non mi ha chiesto di lasciarlo in pace? - continuai a sussurrare, dando voce finalmente ai pensieri che mi stavano tormentando.
- Oh, capisco. Quindi tu in realtà preferiresti che lui si comportasse da stronzo scorbutico perché così rimarrebbe coerente con l'ultima conversazione con cui vi eravate lasciati? Beh non sei normale. Siete a Milano in un hotel da sogno, state facendo letteralmente le star per lavoro, quindi lascialo essere fantastico. Sogna, Em. Divertiti, e fai la principessa tu che puoi. Non farti problemi e goditi questi momenti con lui. Non porti domande esistenziali sulla vostra relazione e accogli quello che verrà con serenità. - Marta aveva una voce dolce e che allo stesso tempo sembrava volermi scuotere.
Aveva ragione, da una parte, ma sapeva che io non ne fossi completamente capace. Non era nella mia indole, non riflettere sulle cose.
- Lo so, ma non voglio fare la fine di Cenerentola, che allo scoccare della mezzanotte svanisce l'incantesimo. Non voglio sognare qui se poi quando torneremo a Roma dovrò soffrire di nuovo. - le dissi, cercando di usare la sua stessa metafora per farle capire.
Lei mormorò qualcosa, ma io dovetti salutarla perché, come mi aspettavo, Marco aveva bussato alla porta. Pregai che non avesse ascoltato tutto.
Aprii la porta e me lo ritrovai vestito solo con i pantaloni del completo, e il mio viso era fin troppo vicino al suo petto nudo. Aprii la bocca come se avessi bisogno d'aria e mi feci più indietro. Lui fece finta di non accorgersi del mio gesto e mi fece un mezzo sorriso.
- Mi vesto e scendo nella hall, ti aspetto lì. Non credo che stavolta possiamo evitare i paparazzi, quindi preparati. - mi disse in modo strano. Sembrava quasi trattenuto, troppo impostato e controllato. Come se i suoi muscoli e la sua voce fossero legati da delle corde invisibili. Io aggrottai le sopracciglia senza neanche accorgermene, stranita dal suo modo di fare. Che cavolo aveva?
- Grazie. - dissi solamente, e poi chiusi la porta perché mi dovevo assolutamente sbrigare.
Non volevo ammetterlo, ma ero nella merda più totale, perché tutti gli altri ragazzi come noi avevano parrucchieri e truccatori a loro disposizione, ma il nostro staff non era potuto venire con noi, e anche se Davide avesse cercato di convincermi in tutti i modi, non avevo voluto nessuno che mi preparasse. Sarà forse stata la mia inguaribile diffidenza verso il genere umano, ma non volevo nessuno oltre Aurora o la mia truccatrice, che mi toccasse. Sapevo di essere brava a fare queste cose, pensavo che non mi sarebbe risultato poi così difficile, peccato che non mi ero mai dovuta preparare per un Gala del genere.

Mi guardai allo specchio, per circa cinque minuti. Con quel vestito non sembravo nemmeno io, e il trucco e i capelli mi erano riusciti abbastanza bene. Solo che ero decisamente in ritardo.
Mi feci una foto al volo da mandare a Marta, mia madre e a Leonardo che me l'aveva espressamente chiesto, e poi scesi di corsa al piano terra.
Quando uscii dall'ascensore vidi che c'erano altri ragazzi vestiti eleganti proprio come noi, che sicuramente avrebbero partecipato allo stesso evento. Per fortuna quindi non mi sentii a disagio, e nemmeno troppo osservata.
Ma i suoi occhi li sentii dal primo momento in cui avevo messo piede nella hall. Lo vidi subito tra le decine di persone, e si alzò dalla poltrona sulla quale era seduto non appena i nostri occhi si incontrarono.
Mentre gli andavo incontro pensavo a sorridere, a mantenere la testa alta e la schiena dritta, e soprattutto a non cadere con quei trampoli che avevo ai piedi.
In quel momento volevo piacergli, volevo fare bella figura, e gli unici occhi che mi interessavano lì in mezzo erano suoi. Realizzai che lo volevo impressionare, conquistare. Per la prima volta lo feci di proposito, volevo che avesse occhi solo per me. Per la prima volta scelsi di piacergli, scelsi di sognare. Sarà stato il vestito, l'atmosfera di quella serata che stava per iniziare, o il completo verde smeraldo che indossava Marco, perfettamente abbinato ai suoi occhi. Per la prima volta da quando era finito il liceo, sentii di voler buttarmi a capofitto nel caso, nell'amore, in quello che la vita aveva in riserbo per me. Sentii di non voler essere razionale, giusta o prudente. Non quella sera.
Il suo sorriso, che quando fui davanti a lui si era formato sulle sue labbra, mi svegliò dai miei pensieri. Rimanemmo qualche secondo in silenzio, finalmente prendendoci del tempo per guardarci l'un l'altro senza nasconderci, senza lanciarci occhiate furtive, senza guardare mentre l'altro non se ne sarebbe accorto.
Io lo guardai intensamente negli occhi, e lui invece non sapeva dove guardare. Spostava gli occhi dal mio vestito, ai miei capelli, alle mie labbra. Credevo stesse controllando il mio lavoro da parrucchiera e make-up artist fai da te.
- Cavolo Guerra, sei testarda come un mulo. Ci hai messo il doppio delle altre ragazze perché hai voluto fare tutto da sola, e tutto di testa tua! - esclamò quasi contrariato, stringendo i pugni lungo i fianchi e facendo una smorfia.
Il mio sorriso si spense per un attimo e alzai le sopracciglia. Cosa avrei dovuto rispondere?
- Ma sei la più bella di tutte. - disse ancora con quel tono, come se mi stesse rimproverando. Il mio sguardo si a addolcì all'istante, ed abbassai leggermente la testa come per nascondermi. Per la prima volta, di nuovo, mi sentii in imbarazzo. Come se fossi timida, e probabilmente ero arrossita come una bambina, cosa che non mi capitava mai.
- Non vorrei dirti che sei bello anche tu perché altrimenti diventi ancora di più un pallone gonfiato,  ma lo sei. Stasera non posso non dirtelo. - dissi, quando finalmente trovai un po' di coraggio e fiato per parlare. Ma che diavolo mi stava succedendo? Non mi ero mai sentita così prima d'ora ed era come se non mi sentissi più me stessa.
Pensavo di aver superato quella fase, visto che con Marco c'ero stata sul serio, ma mi sbagliavo. Forse non sarebbe mai importato quanto tempo io e lui fossimo stati insieme, forse sarebbe stato come iniziare tutto daccapo ogni volta.
Lui in risposta mi fece un sorrisino furbo, e si avvicinò ancora di più al mio viso. Io riuscii ad inspirare il suo stesso respiro prima che ci staccassimo di nuovo.
- Sei pronta? - mi chiese, quasi in modo apprensivo, guardando i paparazzi tutti accalcati l'un l'altro al di là della porta dell'hotel. Io annuii, e lui mi prese a braccetto.

- È stato... - iniziai a dire, mentre cercavo di ignorare il dolore che provavo ai piedi, concentrandomi sulle stelle sopra di noi.
- L'evento più magico. Non avrei mai pensato di dirlo, ma è vero. Forse ha influito molto anche la compagnia. - disse lui serio, per poi ridacchiare mentre pronunciava quelle ultime parole. Io gli sorrisi e continuai a guardarmi attorno con fare sognante.
Eravamo usciti dal palazzo dove si era svolto il Gala ed eravamo voluti tornare a piedi. Era ormai notte fonda, e Milano era a dir poco strabiliante. A parte per qualche gruppetto di ragazzi che si godevano le ultime settimane dell'estate, era completamente vuota. Sembrava di avere la città solo per noi.
Entrammo nell'hotel una volta arrivati, stanchi morti.
- No. - mormorai piagnucolando, quando mi accorsi che l'ascensore era occupato. Mi guardavo i piedi doloranti, e sentivo che non avrei potuto resistere un minuto di più. Mi stavo per chinare per togliermi quelle scarpe stupende quanto dolorose, quando mi sentii afferrare e sollevare da terra in un batter d'occhio.
Lanciai un gridolino per lo spavento, e poi mi aggrappai al collo di Marco che mi aveva presa in braccio a mo' di sposa.
- Ma sei impazzito? - gli chiesi cercando di non urlare, quando mi resi conto che aveva iniziato a fare la rampa di scale con me in braccio.
- Ce la fai a stare zitta una volta nella vita? - mi chiese lui a denti stretti, facendo finta di essere infastidito. In realtà si stava trattenendo dalle risate perché sapeva quanto quella scena fosse esilarante. Soprattutto perché c'era gente che ci guardava come se fossimo stati ubriachi.
- Che fai? - chiesi preoccupata, iniziando a sentirmi a disagio di nuovo quando mi accorsi che eravamo entrati nella sua camera invece che nella mia. Lui non mi rispose, e chiuse con il piede la porta dietro di sé.
Poi finalmente mi mise giù e mi adagiò sul suo letto, per poi andare ad aprire la finestra proprio come faceva a casa sua a Roma.
Si tolse la giacca e si appoggiò con i gomiti al davanzale, ed io seguivo ogni suo movimento con lo sguardo, rimanendo seduta sul quel letto non sapendo cosa fare, o dire. Marco sembrava di nuovo come prima, come se fosse legato da delle corde immaginarie.
Aspettai qualche secondo in silenzio, poi parlai.
- Cosa stiamo facendo? - chiesi io con tono calmo, solo per capire perché non sembrava volermi congedare. Glielo avevo chiesto con interesse, e anche con tono arzillo, nonostante fossi distrutta. Volevo sapere se avesse voglia di parlare tutta la notte, o di mangiare le cose che ci avevano lasciato le signore dello staff, o di dormire. Mi sarebbe andata bene qualsiasi cosa, ma volevo che parlasse.
- Io non posso più continuare così, Emma. - disse lui con voce profonda, senza girarsi per guardarmi. Osservai i muscoli della sua schiena tendersi sotto la camicia bianca, e rimasi con la bocca aperta non sapendo esattamente cosa intendesse con quelle parole.
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Forse sta per arrivare il momento che aspettavamo da tanto, o forse no🤷🏼‍♀️😂
Vi aspetto nel prossimo capitolo!
- treatyourselfbetter

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