Capitolo 8

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- Oh, emmh, il mio accompagnatore è miracolosamente comparso. Devi scusarmi. - sorrisi a Michele, il quale annuì lanciando uno sguardo simpatico a Marco.

Io presi il pallone gonfiato che in quel momento sembrava sul punto di scoppiare, e lo portai in un angolo appartato, così per dargli un po' di spazio nel caso avesse voluto fare una scenata di gelosia.

- Ce l'hai fatta. - gli sorrisi, cercando di non vedere quel spaventoso cipiglio sul suo viso che non prometteva nulla di buono.

- Già, ma mi sembra che te la stessi cavando benissimo. - mi disse sarcastico, ed io scossi la testa contrariata.

- Michele il siciliano? Sul serio, Emma?! - sussurrò lui per non farsi sentire, ma riuscì comunque ad esprimere la sua rabbia.

- Che hai contro i siciliani? - gli chiesi facendo spallucce, poi mi ricordai che lui fosse di Milano e che credesse che la sua città e la sua gente fossero le migliori di tutto il mondo.

- Ti stava mangiando con lo sguardo. - disse con una smorfia, ed io cercai di non ridergli in faccia. Alla fine non era così furioso come mi aspettavo, ed era quasi tenero in quel momento.

- Ti sbagli, sei tu che vedi ogni ragazzo intorno a me come un possibile nemico. Stavamo solo parlando del più e del meno. E ti stavo aspettando. Queste feste sono così strane senza di te. - gli dissi sincera, ed il suo sguardo si addolcì.

Mi avvicinai di più a lui, e gli presi le mani nelle mie. Rimasi in silenzio, ma quello era un modo per dirgli quanto mi mancasse in quel periodo. Mi mancavano le sue battute e i nostri battibecchi, rimanere nel suo letto fino a mezzogiorno con le cupole di Roma a farci da sfondo. E soprattutto mi mancavano i suoi occhi limpidi e senza preoccupazioni, ora invece sembrava invecchiato di vent'anni tutto d'un tratto, sempre irritabile e concentrato sul lavoro.

Ma anche se solo per una sera, avrei potuto risvegliare quel Marco Riva che mi aveva aperto la porta del bagno mentre ero mezza nuda e che non si era nemmeno scusato di averlo fatto.

- Dimmi che almeno non hai mangiato le tartine al salmone senza di me. - mormorò lui, piuttosto seriamente.

- Non lo farei mai! - esclamai ovvia, e poi scoppiammo a ridere. Mi prese sotto braccio come al solito e ci dirigemmo verso il buffet.








Stavo bevendo il mio amato tè freddo alla pesca, di nascosto a Marta perché secondo lei aveva troppi zuccheri, mentre accarezzavo Spettro che si era accucciato sotto i miei piedi. Quando poi sentii dei rumori provenire dal bagno di Marta, mi sbrigai a bere l'ultimo sorso, e a nascondere la bottiglia del tè nel frigo. Quando la mia amica entrò in cucina, mi trovò tutta tranquilla a fare colazione con i miei soliti biscotti.

- Buongiorno! Come è andata ieri sera? - mi chiese squillante, schioccandomi un bacio sulla guancia. Io le sorrisi nervosamente, sperando dentro di me che non avesse sentito l'odore del tè.

- Bene, alla fine Marco non è venuto nemmeno così tanto in ritardo. - risposi contenta, e lei iniziò a prepararsi il suo strano infuso verde e bollente che beveva in qualsiasi stagione dell'anno, anche quando fuori c'erano quaranta gradi all'ombra.

- Oh, menomale! E come mai sei già in piedi? A che ora sei tornata stanotte? - mi chiese curiosa, ed alzai gli occhi al cielo.

- Sono tornata presto, infatti. Marco stamattina doveva andare in azienda, come tutti i giorni. - dissi con un sospiro, e lei mi guardò dispiaciuta.

- Oh, e quindi niente notte di fuoco? - mi guardò con due occhioni, senza malizia. Era solo sinceramente dispiaciuta del fatto che io e Marco non sembravamo nemmeno più in una relazione amorosa.

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