Capitolo 21

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- Che vuoi dire? - gli chiesi, alzandomi dal letto e avvicinandomi a lui con cautela.
- Tu non puoi nemmeno immaginare cosa ti farei adesso, Emma. Ti toglierei questo vestito che ho invidiato tutta la sera perché avvolge la tua pelle nel modo in cui vorrei fare io con le mie mani. E non sai quanto avrei voluto baciarti davanti a tutti, mi sentivo come Brad Pitt e Angelina Jolie. - disse con fare tormentato, ed io schiusi la bocca per la sorpresa. Sentii il cuore battermi all'impazzata e rimbombarmi nelle orecchie. Non sembrava nemmeno Marco, sembrava debole, sconfitto. Più di quanto lo avessi visto distrutto per l'azienda o i litigi con il padre.
Al paragone con i due attori fece un mezzo sorriso, io invece ero rimasta pietrificata da quelle parole. Era stata come una doccia fredda. Non pensavo che lui provasse sul serio quelle cose.
- E invece non posso fare niente di tutto ciò. - si avvicinò ancora di più a me, fece per accarezzarmi ma chiuse la mani in due pugni vicino al mio viso per poi allontanarsi di nuovo. Era come se fossi fatta di cristallo, come se mi avesse potuto rompere con il suo tocco. Non sapeva però che era proprio di quello che avevo bisogno. Di sentirlo di nuovo con me.
- Sono stato un coglione, di nuovo. Ti ho ferita, di nuovo. E lo sto facendo anche adesso. Io non posso prometterti un futuro roseo, e allo stesso tempo non posso giurarti che riuscirò a stare lontano da te. Ti ho chiesto una cazzo di pausa di riflessione, come se avessi bisogno di tempo per lasciarti sul serio. Ma lo sappiamo tutte e due che non puoi aspettarmi a casa a braccia aperte una volta che i problemi in azienda saranno finiti. Perché se anche questo casino verrà sistemato, ce ne saranno altri mille in futuro. Ed io non posso trattarti come ho fatto ogni volta che accadrà. Non te lo meriti, Emma. - continuò a dire, la sua voce si spezzava di tanto in tanto, e vedevo il muro che aveva alzato nelle ultime settimane, crollare parola dopo parola.
Si mise a fare il giro della stanza, stando attendo a non avvicinarsi troppo a me.
- È vero, hai ragione. Sei uno stronzo, non sei in grado di gestire queste situazioni senza ferire le persone che più ti sono vicine, non sei in grado di accettare l'amore e il supporto incondizionato che la gente è disposta a darti. Ed è probabilmente perché hai paura di rimanere deluso e ferito dalle persone come lo sei stato in passato. Credi che si aspettino chissà cosa da te, credi di dover mantenere sempre questa facciata come se fossi sotto i riflettori anche con le persone che ti conoscono davvero, e ti accettano così come sei. Il problema sei tu, che non sei in grado di accettare il fatto che la gente possa voler far parte della tua vita senza avere alcun tipo di interessi o doppi fini. Riesci a sabotare la tua stessa vita, con questo tuo modo di fare. È così che ferisci le persone, è così che ferisci me. - alzai la voce senza nemmeno accorgermene, talmente mi ero fatta prendere dall'emozione di essere lì con lui e dalla rabbia che mi faceva venire. Lui smise di fare su e giù per la stanza e si girò a guardarmi. Era diventato rosso in viso, e il suo petto si abbassava e alzava velocemente sotto la camicia. Non gli piaceva quando gli veniva sbattuta in faccia la verità, e soprattutto non gli piaceva quando scoprivo tutte le sue debolezze.
Credeva che in questo modo lo avessi un pugno, credeva che fossero delle armi contro di lui. In realtà era proprio il contrario, perché potevano essere la cura ai suoi tormenti.
- Credi che io non sappia in che casino mi sono cacciata, stando con te? Credi che per me sia divertente vedere le nostre cose spiattellate sui giornali? Sai però che sono una che non si accontenta della via facile da percorrere. Altrimenti non sarei qui, ma in America con uno che avrebbe potuto agevolare i miei studi e la mia carriera in futuro. - gli puntai il dito contro, ancora piuttosto arrabbiata. Forse non capiva dove volessi arrivare con quel discorso, e ad essere sincera, nemmeno io.
- Perché non sei andata con il chirurgo, allora? - mi chiese facendo spallucce, con fare provocatorio.
Ma perché faceva finta di non sapere? Non aveva ancora capito che ormai avevo scelto lui?
- Perché sarei stata infelice. - dissi ovvia, e lui quasi si mise a ridere.
- Perché con me non lo sei? - mi chiese, sapendo di avere ragione. Non capiva che in realtà soffrire per lui era comunque meglio rispetto a stare con la persona sbagliata.
- Il punto è che, se permetti, sono grande abbastanza da decidere per me stessa, e quindi non sarai tu a dirmi cosa fare. Forse quello che sto per chiederti è sbagliato, forse ci lasceremo, forse no. Ma ti chiedo, solo per stanotte, di stare in pace. - gli dissi, rimanendo lì dov'ero. Lui, che nel frattempo si appoggiato al muro, si staccò e fece un passo verso di me.
- E come? - mi chiese, guardandomi ancora con quegli occhi afflitti, tormentati, e quasi vergognosi. Si vergognava di provare quelle cose per me, sempre perché credeva fossero dei sentimenti invalidanti. Pensava forse che stare con me lo avrebbe reso più vulnerabile? Meno attento a lavoro? Ma che diavolo di idea aveva dell'amore?
- Fallo. Fai quello che vorresti tanto fare. Perché lo voglio anche io. Lo voglio esattamente quanto lo vuoi tu. - dissi, sempre rimanendo ferma. Era come se avessi messo talmente tanta forza nel dire quelle parole che il mio corpo era come pietrificato, quasi non me lo sentivo. Lui alzò le sopracciglia dalla sorpresa, ma si morse il labbro e fece un altro passo verso di me.
- Ma è sbagliato. - disse, scuotendo la testa e aggrottando le sopracciglia. Il resto del suo corpo però sembrò tradirlo, tanto che si avvicinò ancora a me.
- Forse lo sarà domani, ma ora no. Il sogno che abbiamo vissuto stasera non può finire con me in camera da sola che non riesco a dormire perché penso che in quella accanto ci sei tu. Da solo e mezzo nudo in questo letto che sembra quello di un vero principe. - diedi libero sfogo ai pensieri che avevo trattenuto per due giorni, e feci finta di non esserne imbarazzata. A quel punto però avevo cercato davvero di fregarmene, perché io e lui avevamo bisogno di dirci le cose come stavano. Niente più orgoglio, imbarazzo o vergogna. Avevo odiato ammettere di aver voglia di fare l'amore con lui, ma sarebbe stato peggio se non glielo avessi detto, perché forse poi non avrebbe fatto quello che fece subito dopo.
Annullò la distanza che c'era fra noi con due falcate, e mi baciò di slancio con talmente trasporto che cademmo sul letto.
Io nella mia mente cercai di registrare ogni sensazione, il suo profumo, il suo sapore, le sue mani sul mio corpo, in caso fosse stata l'ultima volta. Sembrava non avere fretta, e continuò a baciarmi per un pò come se mi avesse voluto consumare le labbra. Era come se volesse recuperare tutti i baci che non ci eravamo dati in quegli ultimi tempi.
Poi mi sfilò il vestito con delicatezza, e si prese del tempo per guardarmi. Mi chiesi se anche lui stesse cercando di memorizzare il più possibile, mi chiesi se anche lui avesse paura che non ci sarebbe mai più ricapitato.
Dopo avermi tolto completamente il vestito, mi fece sdraiare meglio sul letto, e lui si tolse la camicia. Allungai le mani verso di lui per accarezzargli il petto, ma lui me le prese e le mise sopra la mia testa, tenendole ferme con una mano. Iniziò a baciarmi ovunque, fino a scendere verso il basso ventre.
- Non voglio svegliarmi da questo sogno, Emma. - si fermò appena sopra l'elastico delle mie mutande e disse quelle parole contro la mia pelle con respiro affannato. Io gemetti in risposta, per i brividi che mi aveva causato.


Mentre il sole entrava dalla finestra con gentilezza, e Marco mi accarezzava i capelli mentre ero appoggiata al suo petto, mi sembrava quasi che il sogno potesse continuare. Forse sarebbe potuto diventare realtà, stavolta sul serio. O forse sarebbe finito una volta per tutte quando saremmo tornati a Roma.
- Ti va di venire con me in azienda? - mi chiese d'un tratto. Io aggrottai le sopracciglia senza farmi vedere. Stava forse provando a sistemare le cose?
- Basta che stavolta non te ne penti. - dissi ridacchiando, ma sapeva che infondo ero seria. Marco doveva imparare a rimediare ai suoi errori. Sicuramente nel lavoro era già abituato a farlo, ma con le persone un po' meno.
Lui mi sorrise, nascondendo un grazie nella fossetta gli si formò al lato della bocca. Mi posò un bacio leggero prima di alzarsi dal letto.

- Oh, eccovi! - Elena ci venne incontro a braccia aperte. Marco diede un bacio alla madre e lei poi mi prese a braccetto, visibilmente entusiasta della mia presenza.
- Cara, devo farti assolutamente i complimenti per ieri. Ho visto le foto ovunque su internet, eravate proprio belli. Marco è mio figlio quindi... vabbè hai capito... ma tu, tu eri davvero uno splendore. - mi disse lei, ridacchiando guardando il figlio. Io in quel momento mi volevo sotterrare e allo stesso tempo avrei esultato tipo mio padre dopo un goal di Totti. Elena Riva mi aveva detto che ero uno splendore! Okay, forse avrei dovuto smettere di avere una cotta per quella donna.
Mentre madre e figlio ridevano e chiacchieravano, io avevo intravisto Lorenzo Riva nell'enorme sala in cui eravamo.
Lo seguii per un po' con lo sguardo, senza dire niente a Marco. Forse non volevo disturbare quell'amorevole momento madre-figlio annunciandogli la presenza di un essere che non si poteva considerare amorevole.
Lo vidi mentre rispondeva al telefono, e il suo solito ghigno, simile a quello del figlio, trasformarsi in una smorfia che mi sembrò quasi di terrore. Lorenzo era rivolto verso la grande vetrata della sala, attorniato da un sacco di persone che badavano al proprio lavoro. Perciò nessuno tranne me, si accorse di quello che successe dopo.
Lorenzo si voltò verso di noi per appoggiarsi alla vetrata, e si allargò il colletto della camicia che sembrava non lo facesse respirare. Dopo qualche secondo lo vidi boccheggiare, ed io senza neanche rendermene conto avevo stretto il braccio di Marco. Proprio in quel momento suo padre di accasciò contro la vetrata, come se le sue gambe non avessero retto più.
- Chiamate un'ambulanza! - urlò Marco che corse insieme a me verso il padre. Io mi precipitai su di lui, e gli sbottonai subito la camicia.
- Credo stia avendo un infarto. - dissi a Marco, non riuscendo a nascondere lo shock. Lui mi guardò ansimante, e lessi nei suoi occhi una paura che non pensavo potesse mai provare.
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Finalmente Marco ed Emma si sono lasciati andare! Ovviamente Riva Senior deve sempre rovinare ogni minimo spiraglio di quiete😂 Cosa gli succederà?
- treatyourselfbetter

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